Cibo
Evviva il conformismo (se riduce l’alcolismo)
La chiamano peer pressure e non è altro che la pressione sociale esercitata, più o meno consciamente, dal gruppo di persone affini per età, studi, interessi, ceto sociale o altro. E negli studi comportamentali è uno dei fattori chiave per elaborare campagne che promuovono buone pratiche e combattono quelle cattive. Tra queste il consumo eccessivo di alcol tra i più giovani, che in Inghilterra, da cui proviene il piccolo studio di cui parleremo, è un problema non da poco. Secondo quanto riporta The conversation, gli under 30 inglesi affetti da problemi di fegato sono più che raddoppiati negli ultimi 20 anni, mentre l’associazione Alcohol Concern stima oltre un milione di ricoveri l’anno per problemi legati all’alcol. Così un gruppo di ricerca dell’Università di Warwick, capitanata dal professore di behavioral science Ivo Vlaev, ha condotto un esperimento comportamentale.
Un gruppo di studenti universitari – 101 ragazzi con in comune un alto consumo di alcol – ha ricevuto quattro diversi sms nel giro di 4 settimane. Tutti e quattro sottolineavano la quantità di assunzione di alcolici, ma ciascuno facendo leva su un particolare tipo di “framing”, il modo in cui il problema viene inquadrato e presentato, nonché ciò con cui è messo in relazione.
Il primo sms faceva una vera classifica del consumo medio di alcol nella settimana appena trascorsa, illustrando al destinatario la sua posizione nella chart, con testi come «Sei nel 10% dei bevitori più accaniti» (“rank comparison”). Il secondo lo paragonava con le direttive ufficiali del consumo consigliato (“absolute comparison”). Il terzo faceva il paragone con la media del gruppo di partecipanti (“mean comparison”). Il quarto messaggio, infine, spiegava nel dettaglio le alcohol consumption guidelines ufficiali (“absolute framed”).
Dei quattro messaggi, quello più efficace si è rivelato di gran lunga il primo, che ha portato la metà degli studenti che l’hanno ricevuto a informarsi e chiedere consiglio, dimostrando ancora una volta un classico assunto degli studi comportamentali e della politica dei nudges: fare appello sulla norma sociale, e mettere in rilievo alterazioni – vere o presunte – del comportamento del singolo rispetto a quello della media, è quasi sempre più efficace che spiegare con dati e dettagli scientifici perché un certo comportamento è sbagliato, dannoso o pericoloso. Il caso dell’acolismo è ovviamente particolare, e lo stesso autore del test spiega che non è bastato un sms a far cambiare comportamento agli studenti in questione, visto oltretutto che si parla di un’abitudine la cui modifica richiede un sistema più complesso di interventi. Tuttavia, conclude Vlaev, «Un piccolo ritocco al “framing” del messaggio ha avuto grande efficacia nel persuadere persone a chiedere aiuto».
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