Relazioni
Essere single: quando è una scelta positiva e quando una prigione?
Ma tu sei single per scelta tua o degli altri? La battuta è vecchia è poco simpatica, ma sempre più diffusa. L’Istat infatti certifica che aumenta il numero degli Italiani senza un partner.
Oggi l’assenza di legami è sinonimo di libertà, ma una donna forte e star di peso come Angelina Jolie ha dichiarato schiettamente: «Non mi piace essere single. Non è una cosa che volevo e non c’è niente di bello nell’essere single: è difficile». Probabilmente era presa da un comprensibile momento di sconforto: non è una passeggiata essere genitrice sola con sei figli, nemmeno se si è lei e si ha la sua disponibilità economica.
Ma allora stare soli è un bene? Un male? Lo abbiamo domandato a Emanuela Mazzoni, psicologa specializzata in counseling relazionale e coautrice del libro “La Scienza Relazionale e le malattie mentali”. Mazzoni è anche una dei relatori del convegno “Affrontare l’ipocrisia e vivere l’autenticità” che si svolgerà a Roma il 10 e 11 febbraio (www.prepos.com).
Aumentano i single felici di esserlo? Oppure è diventato più difficile trovare un partner?
«Più che una scelta, quella di essere single è una condizione di esistenza in un periodo della vita. Nella società attuale, in cui non è più ovvio fare famiglia in età post-adolescenziale, il tempo della singletudine è un tempo prezioso che può essere messo a frutto per la scoperta di sé e per la costruzione piena della personale identità. Può accadere però di vivere il rifiuto da parte degli altri, l’incapacità di stare in una coppia, la solitudine esistenziale, il senso di amarezza per le storie perdute.
Il tempo della singletudine, se accettato per ciò che è, può divenire l’occasione della vita in cui si impara a stare nella relazione più importante di tutte: quella con se stessi».
Ma anche vivere con se stessi è molto difficile.
«La relazione con se stessi è quella che non ci lascerà mai: tanto vale farla funzionare al meglio, senza idolatrarla (penso alla moda delle donne che si sposano con se stesse), ma sviluppando la coscienza di sé e l’autoriflessività, che permette di scoprire la personale forma di esistenza, e l’affettività (si veda Edith Stein l’insegnamento della centralità dell’empatizzazione e l’ascolto dei sentimenti), attraverso le quali scoprire la direzione da seguire per l’autorealizzazione.
Rendersi conto di essere single e accettarlo consente di utilizzare questo tempo come occasione per se stessi, senza lasciar andare la speranza di incontrare una persona con cui sia possibile costruire la coppia».
È solo un’impressione che oggi trovare un partner sia più difficile di un tempo?
«I principali scivolamenti interiori che si oppongono a incontri realmente significativi di coppia sono quattro: l’affanno, ovvero il bisogno di avere un altro vicino a sé, chiunque esso sia purché sazi la fame di non stare soli; l’ansia, ad esempio quella data dall’accorgersi che l’orologio biologico corre e quindi se non faccio coppia adesso poi non farò famiglia, figli, poi morirò solo e senza senso; l’illusione, quella situazione in cui un incontro brevissimo con una persona, attiva una iperproduzione di film mentali in cui siamo già sposati con figli, cani e gatti; l’irrigidimento, in cui ho prestabilito dei canoni precisi in cui il mio compagno debba rientrare e le persone che non hanno quelle caratteristiche soglia neppure le degno (per esempio più alto-basso di me, bello-brutto, più anziano-giovane, con un titolo di studi-senza e via elencando).
Questi ostacoli impediscono la nascita di una sana relazione di coppia e, secondo Vincenzo Masini, riattivano il residuo primitivo, imprigionando la persona nel suo solito copione personologico».
Sono impedimenti non irrilevanti.
«E’ vero, ma possono essere affrontati e superati all’interno di percorsi di miglioramento relazionale o di analisi del proprio passato. Anche l’incontro con l’anima, anzi le anime gemelle è sempre possibile, ma non è casuale o fortuito, passa da una evoluzione della consapevolezza, dalla capacità di riconoscimento degli incontri coincidenziali, dal superamento dell’irrigidimento, dal non dare per scontato ciò che si sta vivendo con quella persona e infine dal poter descrivere il sapore relazionale presente e trovare i modi migliori per consolidare la relazione.
Anche il mantenimento della relazione di coppia non è scontato; la relazione è viva, poiché è generata da esseri viventi e o migliora o peggiora: i momenti di stasi sono piuttosto brevi. Non si può dare per scontato che una volta trovata “l’anima gemella”, ormai sia “Andata!”, esso è il primo passo nella direzione di una strada tutta da costruire».
E quindi perché oggi le relazioni durano di meno?
«Dipende dal lavoro interiore che si è fatto prima di incontrare l’altro, ovvero da quanta consapevolezza di me ho sviluppato, dal livello di conflittualità o dal tipo di problematica emergente nella coppia (equivoco, logoramento, insofferenza, fastidio, evitamento, incomprensione e delusione) e dalla propria condizione economica (riesco a sostentarmi anche senza l’altro).
Ciò a cui non si pensa mai è che l’innamoramento, quel sentimento potente che produce una grande irradiazione affettiva, ha una durata e delle fasi, è ciclico. Nella relazione di coppia esso va protetto, alimentato e diretto intenzionalmente altrimenti può corrompersi o scemare».
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