Relazioni

Delitto di Gorlago: ecco come nasce (e si moltiplica) l’odio

29 Gennaio 2019

“Queste non sono relazioni di amore ma di odio”. È lapidaria Emanuela Mazzoni, psicologa specializzata in counseling relazionale e coautrice del libro “La scienza relazionale e le malattie mentali”, quando parla del delitto di Gorlago, in cui Chiara Alessandri è accusata di aver ucciso Stefania Crotti, “colpevole” di essere la moglie del suo ex amante, Stefano Del Bello. E spiega: “Una volta, forse può essere stato amore, anche se è più facile che sia stata infatuazione, poi comunque la relazione si è pervertita, congelata ed è diventata l‘odio di coltivare la vendetta contro un altro essere umano.

“Il dramma umano più grande ancora di questo odio – prosegue la psicologa – è come potranno gestire dentro se stessi un dolore così grande il marito e la figlia della vittima, così come i tre figli di Alessandri. L’odio si replica e, se è emerso dalla vendetta, potenzialmente può riprendere la stessa forma: si dice infatti che vendetta chiama vendetta”.

Ma una via d’uscita c’è, spiega Mazzoni: “La strada opposta, che è anche quella delle professioni di aiuto, va nella direzione della speranza. La speranza che, nonostante l’odio, sia possibile generare un amore che lo superi”.

Ma come è nato questo omicidio? Secondo la dottoressa è importante capirlo proprio per “comprenderne le radici ed intervenire al meglio. Infatti, come una pianta, la perversione della vendetta in questa storia è cresciuta ed ha prodotto il suo peggior frutto: l’omicidio. Andare a cercare le radici di questa pianta, ovvero rintracciare la storia dell’odio anche all’interno di colei che lo ha esercitato, mettere a nudo le motivazioni, i vissuti rendendoli visibili e chiari, consente di poter bruciare le radici, ma anche attivare una riflessione sociale che ci porti ad apprendere come riconvertire l’odio o almeno contenerlo”.

D’altra parte: “Si comprende quanto i sentimenti di Alessandri siano congelati e quanto lavoro ci sia da fare in questo senso dal fatto che il giudice avrebbe dichiarato che lei nei colloqui con il magistrato non ha «mai mostrato segni di pentimento o di dispiacere».

Certamente di questa vicenda colpiscono anche alcuni comportamenti inspiegabili da parte della vittima e del marito di lei. Come evidenzia la psicologa, stupisce che Stefania Crotti abbia messo da parte i suoi doveri genitoriali e abbia seguito bendata uno sconosciuto il quale, credendo fosse un gioco, l’ha condotta dalla sua assassina, senza preoccuparsi di dover prendere la bambina da scuola. E quanto a Stefano Del Bello mi chiedo se avesse tagliato con la dovuta determinazione la storia con la ex amante. Questo è spesso l’errore di molti uomini che per paura di ritorsioni (o della solitudine) non chiudono mai definitivamente le storie che hanno avuto, con il rischio che il sentimento si deteriori e generi odio.

“Le vittime più invisibili e delicate di questa storia sono i figli, quella di Crotti e quelli di Alessandri – conclude Mazzoni – le nuove generazioni che hanno subito e che subiranno le ritorsioni dei semi (continuando l’analogia con la pianta), diffusi dall’odio. Ora i bimbi, colpiti al cuore, si debbono confrontare con una verità atroce, quella di una madre che uccide un’altra madre, ed è lì che bisogna agire, per evitare che il dolore misto a rabbia crei un humus in cui potrebbero spuntare radici di altre piante d’odio”.

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