Salute mentale
coronavirus: il diffondersi del pensiero critico
Chiedendo scusa a Voltaire e soci che hanno fatto del pensiero critico il fondamento della nuova società libera e ugualitaria, ci possiamo chiedere se davanti all’invasione da film di fantascienza dell’abominevole simil-creatura, senza limite e ritegno, incominci ad estendersi nelle persone un pensiero totalitariamente critico, che da’ addio alla fiducia e alla speranza. Anche se,nel nostro caso nazionale possiamo sentire simpatia per il modo esplicito e sincero di quel bravo ragazzo di Conte, il crollo delle illusioni riguarda pure lui e tutto lo staff politico e scientifico che lo circonda (che è poi il fallimento della scienza come passeggiata trionfante mentre invece è una lotta continua e dura).
Il fatto che in questo momento l’unica arma contro il virus sia rappresentato dalla distanza tra le persone, rappresenta, sia pure fondamentale, uno strumento primitivo e semplificato. Almeno nel Medio Evo, in queste circostanze si dicevano più Messe e magari,ahimè, si bruciava anche qualche strega. Oggi se già c’era una crisi della politica e una delusione per i vari interventi,per lo meno ci si attaccava a qualche leader o a qualche corteo per farsi un’iniezione di illusione. Ma qui,oggi, siamo al livello psicologico del bambino (noi) che si accorge che i genitori(loro) così idealizzati ,non sono che due poveretti. Non c’è neppure la consolazione(si fa per dire) delle guerre dove l’esatta identificazione del nemico e la nostra,anche se remota,potenzialità militare ,ci permette di sperare. Infatti i vari leaders politici sono diventati insignificanti e così pure i movimenti con i loro cortei multicolore. Ora come avviene davanti alle forti traumatizzazioni, disgrazie personali,morti di persone care, diagnosi improvvise di una malattia incurabile e le varie disgrazie naturali, i nostri meccanismi di adattamento e quelli di negazione e di oblio, permettono ad alcuni di sopravvivere, più o meno. Qui, al presente, c’è solo un senso di impotenza individuale che si confonde in quello collettivo. Allora un pensiero critico su tutto e tutti si diffonde, con i suoi aspetti aggressivo-paranoidali o con quelli fatalistici-depressivi. L’interrogativo è, passata come auspicabile (anche se non si sa il quando) questa furiosa tempesta,tutto tornerà come prima non solo nei suoi aspetti reali e oggettivi ma anche in quelli psicologici ? O una cicatrice vistosa, come quella,per esempio, lasciata dalle due guerre mondiali (anche se esplicitamente negata), modificherà i nostri caratteri?
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