Salute mentale
Coronanavirus: scivolamento della realtà nella fantasia surreale
La distinzione tra la percezione della realtà, quella sensoriale, e il piano della fantasia è ben radicato negli esseri animati. È probabilmente un risultato evolutivo che ci ha permesso di sopravvivere e di adattarci alle situazioni e agli ambienti che ci circondano. Probabilmente una specie di esseri solo fantastici, sempre che sia esistita, è stata inesorabilmente cancellata. Ma non è proprio così: infatti dentro di noi esiste uno “scomparto” delle fantasie che è ben tenuto sotto controllo. Ci possiamo immaginare quello che vogliamo ma poi sappiamo anche tornare immediatamente alla percezione di ciò che, almeno in modo socialmente condiviso chiamiamo realtà.
Ma tutto questo ha delle eccezioni. Basti pensare ai deliri di chi è psichicamente disturbato o addirittura a quelle follie che sono i nostri sogni. Ma non solo questo. Infatti dei cambiamenti radicali delle condizioni che ci circondano possono straripare su di un registro che ci costringe a vivere in un modo che in altri tempi avremmo giudicato assurdo. Vi sono anche esempi piuttosto vivaci, si fa per dire, come la situazione delle guerre, le fughe da condizioni insostenibili, le catastrofi naturali o non naturali ecc… Allora ci sentiamo scivolare verso quel tipo di scenari dai quali non riusciamo a sottrarci quali i nostri sogni e i deliri di povere persone infelici, come chi soffre di gravi disagi mentali.
Nella situazione attuale del coronavirus, oltre alla tragica preminenza della pericolosità sulla propria salute, anzi addirittura sulla propria vita, i cambiamenti di vita imposti, giustamente, hanno una tale portata da non poter immaginare quali scenari dell’esistenza quotidiana si presentano e/o si presenteranno.
Consideriamo solo eventi di per sé banali come cosa accadrà la prossima estate, periodo nel quale enormi moltitudini di persone, di famiglie, si spostano in migrazioni temporanee. Questo habitus mentale, così radicato e che trova le proprie origini nel boom di benessere delle società occidentali, sarà sconvolto. E così via, per altre situazioni, forse addirittura peggiori (basta pensare alla situazione economica, al lavoro, per esempio).
Per questo i provvedimenti istituzionali di controllo ed anche abolizione dei comportamenti usuali, si accontentano di definire date terminali di poche settimane. A prescindere dal deficit delle informazioni previsionali, è chiaro che non si può proiettare il periodo dell’emergenze oltre un limite digeribile, volta per volta, per la gente.
In ogni caso si cerca di tirare su il morale con discorsi rassicuranti sulle delizie del vivere la propria casa, ritrovare intimità domestiche, i piaceri della lettura e della musica, e di una specie di ritrovata solidarietà che dai balconi, alle chiacchierate telefoniche, arriva alla partecipazione virtuale ad una calda relazionalità televisiva.
Sappiamo però, come ipotesi dai contorni indefiniti, che entreranno in funzione meccanismi di adattamento e di sopravvivenza sia reale che psichica, che eravamo abituati ad ammirare, con qualche stimolazione morbosa, nelle rappresentazioni filmiche o letterarie a carattere apocalittico. Un problema ulteriore sarà rappresentato dalla modificazione strutturale sia delle ideologie condivise ed anche della propria impalcatura caratteriale. Se qualcuno va a ritrovare i pochi materiali esistenti sull’aspettative ignote nella prossimità dei due grandi conflitti mondiali, avrà uno strumento in più per capire cosa può succedere quando la propria socialità e la propria psichicità stanno per essere stravolti da eventi imponderabili e subitanei.
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