Salute mentale
Colibrì nella savana che brucia
Ci troviamo tutti insieme immersi in una situazione nuova e inaspettata, per la quale non siamo del tutto preparati. Oggi mi piacerebbe condividere una lettura dei tempi che viviamo, una delle infinite possibili.
Sono convinto che ogni malattia porti con sé un messaggio per chi la vive e diventa importante comprendere quale sia il significato che la malattia ha per la persona, la stessa importanza che attribuiamo alla ricerca della miglior cura.
Allora mi sono interrogato sul significato che può avere la pandemia, immaginando la società come un organismo che in questo momento viene attaccato da un virus e deve rispondere con il proprio sistema immunitario. Il sistema immunitario, a sua volta, come possiamo concepirlo? Non possiamo immaginarlo forse come un sistema che regola il rapporto tra me e l’esterno e le sue influenze? Non è quindi una funzione che regola il rapporto con l’”altro”’?
Se vi piace l’immagine, allora penso si possa essere d’accordo che questo organismo che adesso si sta ammalando, con la sua malattia sta dicendo che ha qualche problema riferito al problema con l’”Altro” e che dunque è arrivato il momento di occuparsi di questo aspetto della sua esistenza.
Una lettura evidentemente simbolica, ma la sento convincente perché risponde a sensazioni che provo da molto tempo in relazione al nostro vivere insieme, alla nostra comunità, sensazioni che sono sicuro avere in comune con molti di voi. L’individualismo esasperato, con incursioni nel narcisismo e nel cinismo dovuto alla mancanza di prospettive e obiettivi, ha creato un circolo vizioso autoperpetuantesi che alla fine ci ha portato ad avere un sistema immunitario che fatica moltissimo nel trovare una risposta difensiva efficace all’attacco dell’”Altro”, del virus. Ma troviamo difficile anche gestire quelli che non sono attacchi, piuttosto richieste di aiuto.
Infinita gratitudine per chi ora si occupa dei malati e di trovare una cura per questa malattia. Loro sono i medici, noi siamo i pazienti. Il ritorno alla salute viene condizionato moltissimo dal rapporto tra il medico e il paziente per cui anche noi dobbiamo fare la nostra parte che oggi comincia dallo stare in casa e limitare i contatti sociali, ma anche dal riflettere su quanto abbiamo fatto per trovarci con il sistema immunitario così debole. Questa malattia ci chiede, anzi ci impone una trasformazione, ci chiede di migliorare le nostre abitudini di vita per avere una salute migliore, per avere un sistema immunitario che ci difende. Ci chiede di tornare ad essere una comunità, lo ha fatto in modo violento, come un bambino che esasperato dalla indifferenza dei genitori non ha altra via che piangere disperatamente e distruggere i propri giocattoli. Ci chiede di diventare una volta per tutte consapevoli dell’interdipendenza nella quale viviamo; il contagio è un esempio emblematico della interdipendenza, negativo, ma che dovrebbe togliere ogni dubbio.
Dobbiamo rivedere i nostri rapporti con l’altro, a partire da chi ci è accanto fino ad arrivare a chi è dall’altra parte del mondo le cui azioni, adesso forse ci è chiaro, hanno influenza anche su di noi che siamo a migliaia di chilometri.
Il senso di comunità che in questi giorni è tornato a farsi vedere con tutte le sue manifestazioni migliori, mi piacerebbe non scomparisse alla fine; sarebbe bello che rimanesse e diventasse il nostro stile di vita e non la risposta obbligata ad una situazione di emergenza.
Tanti piccoli colibrì che vanno a spegnere il fuoco nella savana.
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