Clima
C’ho l’ecoansia! Pigliate ‘na pastiglia, siente a me
L’ecoansia è l’ultima moda. Fa chic essere ecoansiosi. C’è naturalmente un perché, che secondo me va riportato soprattutto alla noia dell’oggi, al non trovare più uno scopo nel futuro, visto che i contorni del medesimo sembrano assai foschi e, a dire il vero, non molto promettenti. Ma pochi sono capaci anche solo di crearselo, un futuro, anzi, proprio di immaginarselo. Probabilmente si aspetta che venga sempre dall’alto, come se fosse un atto dovuto, come se ci fosse un ente preposto a creare il futuro personalizzato per ognuno, un’app telefonica dove si riempiono dei questionari, come ormai a scuola e all’università, e si trova subito il futuro a propria immagine e somiglianza. Certo, è anche vero che il nostro paese fa poco per i propri talenti, non sapendo nemmeno riconoscerli, almeno da parte della politica. C’è anche, a volte, una mancanza da parte delle persone, soprattutto giovani che hanno studiato, ad aspettarsi cose anche troppo ambiziose per il proprio talento. Il talento non è distribuito uniformemente. È una cosa, al contrario, abbastanza rara. L’esigere un futuro adeguato per tutti è una cosa che nella Storia non c’è mai stata. Mica tutti nascevano Leonardo da Vinci o Cartesio. E, spesso, la maggior parte dei geni non erano neanche figli d’arte, ma contadini, manovali, pastori, raramente maestri di scuola elementare. Franz Schubert, per esempio, o l’umile abate Sugerio, che inventò l’architettura gotica sacra. O Katherine Johnson, la matematica afroamericana che, in un paese razzista e classista, si era fatta un culo studiando di più e meglio dei bianchi maschi e che coi suoi calcoli permise alla NASA l’allunaggio. Una su un milione, lei il suo futuro se lo costruì lottando contro tutto e tutti.
Molti giovani, oggi, dopo i diplomi spesso si vedono disorientati. E molti di quei giovani, va detto perché non si dice quasi mai, spesso non sono neanche padroni della propria lingua e commettono errori grossolani di sintassi e di logica. Poi ci si stupisce se all’esame per magistrati non ci sono vincitori.
Forse una delle cause dell’ecoansia moderna è proprio la scarsezza nella logica e l’affidarsi ciecamente agli oracoli delle catastrofi, amplificati dagli strumenti mediatici che inseguono (e generano) l’Apocalisse per vendere notizie. Anche perché, fateci caso, nei siti dove le catastrofi vengono annunciate, descritte, magnificate fioccano le finestre di annunci pubblicitari, sicuri che quelle pagine saranno assai frequentate. E chi le compila lo sa bene. Ma torniamo all’ecoansia.
Ai miei tempi, in pieni anni Ottanta, era di moda The day after, che faceva parte del filone dei film catastrofici molto gettonati. Anche allora l’ansia era parecchia perché Ronald Reagan era abbastanza guerrafondaio e la tensione nel mondo si spalmava sul pane della colazione del mattino ascoltando i notiziari. L’ecoansia di oggi appare ridicola al confronto. La fine nucleare sembrava assai vicina, anche perché né URSS né USA sembravano intenzionati a fare il primo passo di distensione e i film come il summentovato facevano molta presa su tutti, giovani e meno giovani. Questi ultimi ricordavano le distruzioni di quarant’anni prima di Nagasaki e Hiroshima e la paura era reale. Gli USA poi, come sempre, erano in guerra contro il mondo intero e questo non faceva ben sperare. La Cina era presente ma non come oggi, sembrava un gigante addormentato. Oggi è ben più pericolosa della Russia e degli USA messi insieme, anche perché, diventata paese leader del consumismo e sua fabbricatrice, inquina il mondo in una maniera vergognosa.
Di ecologia se ne discuteva parecchio, e si discuteva anche del futuro del pianeta non solo su cosa sarebbe potuto accadere se ci fosse stata la fine atomica, ma sembrava che, oltre al temuto inverno nucleare, conseguenza della follia umana, i ghiacci avrebbero invaso il pianeta per i fatti loro a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. I ghiacci, sì. Almeno così prevedevano gli scienziati che si occupavano del clima. Oggi è il contrario, il fuoco e il caldo devasteranno il pianeta e i mari seppelliranno le coste e le città rivierasche, invaderanno le pianure costiere e Venezia realizzerà fino in fondo la sua vocazione subacquea.
Naturalmente questo crea ansia, è normale. È fatto apposta per creare ansia. Bisogna riempire la vacuità della modernità coll’ansia. Se non c’è più la paura dell’inferno, almeno per gli stati moderni laici e cinici, si deve inventare un inferno terrestre, l’esatto contraltare del paradiso terrestre. E, per essere un inferno che si rispetti, ci vogliono le fiamme e il caldo opprimente. Si crea quindi una scenografia infernale dove il Sole da amico diventa nemico, bruciando tutto ciò che sta a una certa latitudine e sciogliendo i ghiacci dei poli, salvo poi riabilitarlo come fonte energetica che dovrebbe salvarci dai combustibili fossili attraverso i pannelli magici che riconvertirebbero i suoi terribili raggi in elettricità buona, in grado di far girare il pianeta secondo i desideri umani. Il sole che ride, insomma. Ma c’è anche la minaccia di una supertempesta solare che azzererebbe la tecnologia in un battito di ciglia. Ansiogena, naturalmente. Però questa non sarebbe causata dall’uomo, almeno stavolta non sentiamoci in colpa.
I giovani di oggi, soprattutto, che per ragioni anagrafiche non possono avere memoria del Novecento e delle sue ansie, e della loro misura, nemmeno se le studiano o qualcuno gliele racconta, sono bombardati da una visione del futuro assai più tetra di quella che potevamo avere noi quand’eravamo giovani negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Semplicemente perché i mezzi di comunicazione oggi sono diversi e assai più pervasivi nella nostra vita privata. Forse, chissà, anche a noi sarebbe successo se avessimo avuto social network martellanti ansie su ansie su fini del mondo in aggiunta a quelle propinate dai giornali, dal cinema e dalla tv.
Naturalmente manca un approccio critico, sempre, a tutto questo e la fine del mondo viene spacciata per vera entro il 2070, poi il 2050, poi il 2035, poi il 2025, mentre quell’altra angosciante e martellante del 2011 annunciata dal calendario maya l’abbiamo miracolosamente scampata. Mai una vera analisi, mai un rapporto serio su cause ed effetti, solo ansie, perché sono più facili da inculcare e da utilizzare. Anche perché creando ansia si neutralizza l’azione.
Negli anni Ottanta del Novecento, oltre ai Testimoni di Geova che annunciavano gli ultimi giorni, andavano di moda anche i raeliani, ricordo. I raeliani, sì. Allora seguivo un corso di francese serale del Comune di Milano (quando ancora Milano era una città per tutti) e una corsista, chiamiamola Patrizia per darle un’identità, era una convinta discepola di Raël, ossia Claude Vorilhon, che diceva di essere venuto in contatto con gli extraterrestri, che lui chiamava Elohim, gli stessi della Bibbia, che gli avrebbero annunciato l’Apocalisse. Furono gli Elohim a fare pasticci genetici e a creare gli uomini, almeno così disse direttamente a Raël Yahweh, uno di loro, scendendo dalla sua nave spaziale, nel cratere di un vulcano spento in Alvernia, il Puy de Lassolas. Chissà in che lingua glielo disse. Siccome il movimento religioso era nato in Francia, Patrizia voleva saperne di più della lingua francese. Poi, nella realtà, Patrizia era assai simpatica e giocherellona, andava in giro coi capelli arancione e sembra si dipingesse della stessa tinta anche lì sotto, raccontava chi l’aveva vista fare il bagno sul Ticino. Però l’ansia da fine del mondo esisteva anche allora.
L’ecoansia di oggi, riportata in auge da Greta Thunberg, poraccia, viene anche fin troppo considerata e, addirittura, riesce a commuovere perfino il ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto, davanti alla disperazione della studentessa (universitaria!) che proclama piangendo che non vorrà avere figli perché che li mette al mondo a fare col futuro che ci aspetta. Anziché dirle, senti bedda, prendi una valeriana e vai a parlare con un analista. Paolo Crepet, interrogato a InOnda su questa esternazione studentesca, ha detto la cosa più saggia: se la studentessa è una consumatrice (non importa di cosa, perché ormai tutto è consumo) è complice e non ha diritto di lamentarsi. Oltre ad aver affermato che i giovani hanno ansia per qualsiasi cosa, ormai, e che l’ansia è indotta anche perché è un business: psicofarmaci, terapeuti, mental coach. E io aggiungerei guru e predicatori.
Vi date una calmatina tutti quanti, per favore? Tutte queste manifestazioni sono sintomo d’infantilismo, ossia un approccio ai problemi infantile, ovviamente superficiale, ma, soprattutto, è il riempimento di quel vuoto che hanno lasciato le ideologie, ormai diventate arredamento d’antiquariato, e anche la razionalità è sempre più negletta e reietta. Appena uno cerca di usare la razionalità viene tacciato di essere come minimo di destra, e, come corollario, negazionista, quasi fosse matematico. Quando, proprio a destra, la razionalità è merce rarissima.
Perfino il papa batte la stessa strada per raggranellare nuovi fedeli, dopo tutti i pasticci in cui la Chiesa è rimasta coinvolta, soprattutto gli scandali di pedofilia, quelli finanziari, eccetera. Cerchiamo di deviare l’attenzione sull’ecologia, sorella terra e fratello sole. E proprio di razionalità i papi non sono mai stati dei campioni. Tutti usano le mitologie per portare acqua al proprio mulino. Mi viene in mente Furio Jesi, peccato che non sia più tra noi, e tutte le sue brillanti idee sulla mitologia e la famosa “cultura di destra”.
Visto che però gli ecoansiosi sono per lo più giovani, la destra al potere ci sta pensando, e comincia ad aprire le porte alla possibilità che sì, in effetti, il clima cambia e bisogna cercare di fare del proprio meglio per non farsi travolgere. Le parole di Nello Musumeci, titolare dell’altisonante ministero per la protezione civile e le politiche del mare, all’indomani delle alluvioni romagnole, erano un’apertura alla realizzazione che il clima ha tutte le colpe e che se una colpa c’era nell’uomo è il non averlo compreso. Ma ora che c’è lui le cose cambieranno, sicuramente. Anzi, per confermare come cambieranno, sosteniamo il Ponte sullo Stretto, come no, opera ecologicissima. E raccomanda a tutti: fate delle assicurazioni per i danni climatici, naturalmente a spese vostre, altrimenti non vedrete nessun risarcimento. Non si potrà dire che un governo di destra, e soprattutto di questa destra nostrana psicofascista, sia antiecologico. Adesso i giovani ecoansiosi avranno un punto di riferimento nel ministro Musumeci che finalmente, da uomo di destra, apre al cambiamento climatico.
E così magari strappiamo gli ecoansiosi alle “sinistre” (quali?). Sinistre che battono anch’esse il ferro dell’ecologia, non proponendo niente se non cose irrazionali e, come sempre, senza analisi dettagliate e complete della realtà. Slogan, slogan, slogan. Bel colpo Nello, gli avrà detto in una discussione intima il signor Meloni, continua così.
Il mercato degli ecoansiosi genera, come ogni cosa che può essere mercificata (parole da scolpire, quelle di Crepet), grandi aspettative da parte della politica. Vedremo prossimamente come cambieranno le narrazioni della realtà e i progetti per il futuro. A questo proposito, sembra che l’attuale governo abbia grandi progetti per il futuro dei cittadini, togliendo il reddito di cittadinanza, per esempio. L’ansia che genera quella perdita sembra essere assai peggiore dell’ecoansia, e lo ha dimostrato quel cittadino che voleva mandare arrosto lo studio del sindaco di Terrasini (PA). Le ansie sono sempre una fonte di guadagno e anche di distrazione. Chissà perché io, che sono disabile, carriera interrotta a causa della disabilità, pensionato colla minima, lottando contro un mondo non pensato per i disabili e sempre meno attrezzato per i medesimi, che mi prendo cura della mamma anziana e disabile anche lei al 100%, eccetera, non ho ansie se non quella di cercare di mantenermi in salute il più possibile per evitare che i problemi si acuiscano. E queste ecoansie mi sembrano veramente l’espressione di un abissale vuoto generazionale di sfaccendati.
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