Relazioni

Astrologia umanistica e astrologia tradizionale

3 Ottobre 2016

Ci sono diversi tipi di astrologia, la più diffusa è quella tradizionale, che tutti conoscono e di cui tutti parlano e che è quella che incontriamo sui giornali, in televisione e nei rotocalchi. Esistono però nuovi modi di intendere l’astrologia e il suo collegamento con l’uomo. Un’astrologia che negli ultimi anni si sta diffondendo è quella umanistica, o evolutiva, praticata per lo più da persone con profonde conoscenze psicologiche quando non veri e propri psicologici come Liz Greene.

L’astrologia tradizionale e quella umanistica partono da punti di vista totalmente inconciliabili. La tradizionale infatti parte da un determinismo. Tu sei quello, per cui se sei di quel segno o hai quell’aspetto tra due pianeti non puoi farci nulla, peggio per te. L’aspetto, il segno, la posizione nelle case vengono definiti dall’astrologia classica come qualcosa di imprescindibile che determinano ciò che siamo. Essa si basa sull’assioma che ci sia un destino al quale siamo, noi tutti, inevitabilmente legati.

Per l’astrologia umanistica invece noi abbiamo sicuramente dei condizionamenti (famigliari, sociali, genetici) ma il condizionamento non è una determinazione. L’astrologia umanistica ci dice: tu hai tante potenzialità, hai dei contenuti, e quei contenuti sono sicuramente tuoi, ti definiscono, però con quei contenuti puoi spaziare tantissimo e soprattutto puoi uscire dai condizionamenti, puoi liberarti da tutti i gioghi cui sei stato posto inizialmente. L’educazione, per esempio, è un giogo. Qualcuno, a un certo punto della nostra crescita, ci ha insegnato che una cosa è giusta e un’altra è sbagliata e noi l’abbiamo dato per buono. Tuttavia col tempo noi possiamo decidere da soli cosa è giusto e cosa non lo è, e abbiamo la libertà di cambiare direzione. Quindi per l’astrologia umanistica noi non siamo determinati. Abbiamo dei condizionamenti ma quello che ci determina è la Non-conoscenza, il non conoscerci. Come dice Carl Rogers, fondatore del Counseling, “il grado di autocomprensione è forse il fattore più importante nella previsione del comportamento individuale.” In base a questa convinzione, Rogers adottò un approccio umanistico in campo psicologico, distaccandosi da quello comportamentista che, similmente all’astrologia tradizionale (ovviamente su basi diverse) riduce l’uomo a una somma di fattori in cui l’intervento personale è pressoché nullo.

Jung dice che tutto quello che non conosciamo siamo costretti a viverlo come “fato”, perché comunque tutto quello che non conosciamo agisce, solo che agisce al di fuori di noi, della nostra volontà, cioè al di fuori della nostra coscienza. Quello che l’astrologia umanistica ci aiuta a fare è a conoscerci pienamente affinché noi non si sia più soggetti passivi dei nostri contenuti inconsci. Come lo fa, sebbene sia ancora pressoché un mistero, è interpretando simboli universali attraverso la posizione dei pianeti nel cielo (e non delle costellazioni come tutti credono), in  base a un concetto che Jung definì sincronicità, «un principio di nessi acausali» che consiste in un legame tra due eventi che avvengono in contemporanea, connessi tra loro ma non in maniera causale, cioè non in modo tale che l’uno influisca materialmente sull’altro; essi apparterrebbero piuttosto a un medesimo contesto o contenuto significativo, come due orologi che siano stati sincronizzati su una stessa ora; ovvero due cose che avvengono nello stesso momento sono portatrici di elementi simili pur non influenzandosi tra di loro. O, come disse Ermete Trismegisto: come in alto, così in basso.

Vero falso? Chi può dirlo. Ma, concordo con Marco Pesatori quando dice che “all’astrologia non  bisogna credere. Con l’astrologia bisogna ragionare.”

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