Salute mentale

aspetti caratteriali della discriminazione sociale

15 Luglio 2018

La scelta tra chi si sente solidale con chiunque, soprattutto con persone in disagio, a prescindere dalla loro appartenenza e chi, invece, rifiuta, più o meno implicitamente, tale universalizzazione dei sentimenti, deriva da molti fattori, essenzialmente di tipo sociologico. Gruppi di appartenenza, di riferimento, ideologie, localizzazioni, ruoli sociali diventano tutte variabili, eterogenee che spingono verso direzioni opposte.

Ma qui ci poniamo l’interrogativo se esistano anche specificità caratteriali che possano concorrere a scelte ideologiche che si traducono anche in comportamenti effettivi.

Parliamo di strutture caratteriali, intendendo concretizzazioni interconnesse di quelli che definiamo sistemi di difesa, e cioè modalità di reazione a fattori (interni o esterni) che possono suscitare ansie.

Mi sembra che un elemento di differenziazione, da questo punto di vista, possa essere individuato nella maggiore o minore capacità di identificazione con altri. I processi che definiamo di identificazione sono probabilmente processi di base, legati ad una primitiva tendenza all’individuazione di parti simili di Sé con il mondo circostante e quindi con persone ed anche altri esseri, animati o no. Se questa identificazione diventa intensa abbiamo quel fenomeno che indichiamo (purtroppo con un termine ambiguo), empatia e cioè provare gli stessi sentimenti che, riteniamo abbiano gli altri. I termini popolari di comprensione, pietà, partecipazione vengono in genere utilizzati per descrivere tale processo.

Ora nel fenomeno discriminatorio sociale, razziale ecc., questo processo viene bloccato nell’aspetto di universalità e ristretto ad ambiti più ridotti , quali quelli famigliari, locali, razziali ecc. Ma perché viene attivata questa riduzione dell’estensione del processo di identificazione? Il problema, come al solito è difensivo. Vi è molta ansia nel riconoscersi nei disagi di altri, quasi per un timore di esserne contaminati. E perché nel disagio dell’altro si  sospetta una volontà aggressiva di rivalsa. Poichè noi stessi faremmo lo stesso: il tema della vendetta per ciò che ci è sottratto appartiene alla Storia mondiale. Da qui il restringimento difensivo in una specie di rocca che solo nei caratteri che definiamo narcisistici appare inespugnabile. Per altri è continuamente vulnerabile e i grandi e i piccoli atti aggressivi del mondo esterno fanno aumentare l’ansia. Ansia che uomini di potere, legati più ad una loro personale etica di appropriazione avida, possono stimolare anche con metodi che potrebbero essere classificati nelle psicopatologie delinquenziali.

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