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Storia di Erardo, che ha trovato la nuova vita e un donatore di rene su Facebook
A metà febbraio del 2014 Erardo Kea, un quarantottenne olandese, pubblica sulla sua bacheca Facebook un messaggio disperato: «Chi vuole donarmi un rene per permettermi di sopravvivere? Aiutatemi, non voglio abbandonare i miei figli e la mia compagna. Vi prego, non so più che fare. Fate girare questo messaggio». In pochi giorni 65 persone rispondono all’annuncio e dicono di esser pronte alla donazione. Erardo ritorna a sperare e salva i dati di queste persone su un file word.
La notizia della ricerca di organi su Facebook fa il giro delle principali testate olandesi e il 5 marzo 2014 Erardo Kea viene invitato al Pauw & Witteman, uno dei più popolari talk show dei Paesi Bassi. Negli ultimi mesi ha perso molti chili e l’abito gessato scuro che indossa sembra di due taglie più grande. Nello studio televisivo, seduta tra gli spettatori, c’è Angela Schuivens: quarant’anni, originaria del Belgio fiammingo, occhi blu. Al contrario di Erardo, Angela sembra scoppiare di salute e dice di esser pronta a privarsi di un rene per salvare quell’uomo che siede a un tavolo ovale insieme ai due conduttori e ad altri ospiti. È la prima volta che Erardo incontra Angela di persona ma già la chiama “il mio angelo” e commosso la ringrazia. Lei, semplicemente, si stringe nelle spalle e risponde: «Se per vivere hai bisogno di un mio rene, te lo do volentieri».
Sembra fatta, ma le cose vanno diversamente. Il sito d’informazione nrc.nl racconta che solo quattro settimane dopo l’incontro televisivo, Erardo riceve una telefonata da parte del marito di Angela: «Ho una buona e una cattiva notizia. La buona: gli esami dicono che i reni di Angela sono in perfetto stato. La cattiva: il suo gruppo sanguigno non è compatibile col tuo». Erardo è stato troppo ottimista: il suo “angelo” non potrà salvargli la vita. Ma non tutto è perduto: nel suo pc restano i nomi di altri 64 potenziali donatori da contattare.
Erardo si mette a lavoro e passa al setaccio i profili Facebook di ognuno dei possibili donatori. Osserva foto e studia profili, cerca di capire chi tra i suoi contatti conduce uno stile di vita sano e chi no; chi ha risposto seriamente al suo appello e chi, invece, aveva solo voglia di scherzare. Presto si rende conto che molti hanno reagito alla sua richiesta d’aiuto in maniera impulsiva. Si fa presto a dire di sì su Facebook, ma davanti a una proposta concreta si esita, si preferisce prendere più tempo per rifletterci un po’ su e, alla fine, si rinuncia. Erardo seleziona le persone che sembrano più motivate e cerca di conoscerle meglio. Sa che tra lui e il potenziale donatore deve stabilirsi un rapporto di totale fiducia e invita a casa sua le persone che gli sembrano più motivate insieme ai loro famigliari per conoscerli meglio e discutere insieme della loro scelta. Ma anche quando le cose sembrano andare per il verso giusto, ci sono sempre gli esami medici da superare e trovare un donatore compatibile non è una cosa semplice.
La ricerca di Erardo dura mesi e, mentre lui cerca, molti cominciano a criticare il suo operato. Tanti pensano che questa sua idea di trovare sui social network un donatore d’organi sia un modo sleale con cui aggirare le liste di attesa. “Cercare un rene su Facebook? Cos’è? Una nuova moda? – scrive un utente sulla bacheca di Erardo – Lo trovo scandaloso e inammissibile. Dovresti essere in lista di attesa come tutti gli altri che sono nella tua stessa situazione! Sei un egocentrico! Non sei solo sulla terra!”. Ma le critiche non arrivano solo su Facebook. La Fondazione olandese per il Sostegno dei pazienti con insufficienza renale teme che il metodo usato da Erardo possa creare un sistema a due velocità in cui le storie più convincenti passano davanti alle altre e i criteri sociali, come la visibilità sui social network, soppiantano i principi medici.
La storia di Erardo Kea pone anche altri problemi, stavolta di tipo giuridico. In Olanda, come in quasi tutti i Paesi del mondo, la vendita di organi è illegale. Una volta che un paziente ha trovato il proprio donatore su Facebook, come si può verificare che non ci sia stato uno scambio di denaro o di altri benefici tra i due? In un’intervista a un giornale olandese, lo stesso Erardo ha ammesso di aver avuto la possibilità di acquistare un rene per 10.000 euro e ha raccontato di aver trovato una persona disposta a donare il proprio organo in cambio di un biglietto aereo per il Brasile. “Avrei fatto un affare”, ironizza Erardo. Ma il problema resta e diversi ospedali fanno sapere di non essere disposti a effettuare trapianti da donatori trovati su Facebook.
Il 15 dicembre del 2014 sul profilo Facebook di Erardo Kea appare un nuovo messaggio. Il quarantottenne si trova al centro medico dell’accademia di Amsterdam in compagnia di una certa Silvia, capelli ricci biondi. «Silvia è stata approvata come donatrice», dice il messaggio. «Sono così felice». Erardo ha trovato il suo angelo. Il suo nome era insieme agli altri 65 fin dai primi giorni della sua ricerca. Silvia è originaria di Amersfoort, un paese in provincia di Utrecht, dove vive in condizioni modeste. È divorziata e da sola si prende cura dei suoi figli, una ragazza di quattordici anni e un bambino di otto.
Oggi Erardo sta lentamente tornando a una vita normale e pensa spesso al suo “angelo”. Ma che succederebbe se un giorno volesse regalare una vacanza a Silvia e ai suoi figli? Qualcuno potrebbe interpretare il suo gesto come una forma di pagamento e accusare i due di traffico d’organi. Fino a che punto donare e a chi donare può essere considerato un nostro diritto?
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