Medicina

Quando, con gli antidepressivi, sparisce la sessualità

10 Dicembre 2019

Scrivo per porre alla vostra attenzione e a quella dei lettori un rischio legato all’assunzione dei farmaci antidepressivi più prescritti al giorno d’oggi.
Fluoxetina, sertralina, paroxetina, citalopram, escitalopram, fluvoxamina, dapoxetina, venlafaxina, duloxetina: questi i nomi dei principi attivi SSRI e SNRI contenuti in farmaci con diversi nomi commerciali e per i quali di recente, in data 11 giugno 2019, l’European Medicines Agency (EMA) ha pubblicato una nuova raccomandazione che richiede alle case farmaceutiche di aggiornare i foglietti illustrativi con l’indicazione che “I sintomi di disfunzione sessuale in alcuni casi possono persistere in seguito all’interruzione del trattamento”.

La decisione dell’EMA è seguita ad una sua revisione approfondita sul “nuovo segnale” di disfunzione sessuale persistente dopo SSRI/SNRI, che ha preso in esame la letteratura medica (con i primi case reports risalenti al 2006), i casi segnalati all’Agenzia di farmacovigilanza stessa e le revisioni richieste ai produttori dei farmaci.

A sua volta, questa indagine è stata spinta da Rxisk.org, sito web che dal 2012 raccoglie segnalazioni e divulga informazioni sugli eventi avversi ai farmaci e in particolare dalla “Citizen Petition” pubblicata dal Dott. David Healy e sottoscritta da quegli specialisti che avevano già pubblicato articoli in letteratura in merito a questo disturbo iatrogeno.

E qui veniamo a “noi”. Noi che quel “disturbo” lo viviamo sulla nostra pelle.

La sintetica ed elusiva frase che presto verrà aggiunta ai foglietti illustrativi dei farmaci anche in Italia (come ho trovato conferma sulla Gazzetta Ufficiale), nasconde dietro di sé storie di ragazzi e ragazze, uomini e donne, che senza venire minimamente informati prima della prescrizione, quel rischio lo hanno purtroppo già “scoperto” da tempo e a caro prezzo: al prezzo della propria salute, sessuale e relazionale, della propria identità e prospettive di vita.

Disfunzioni sessuali durante l’assunzione di antidepressivi sono molto comuni: i primi studi stimavano una prevalenza di appena un 10% circa tra gli assuntori, mentre studi post-marketing che hanno indagato gli effetti collaterali indicano stime di 70% e oltre. Sembra che lo stigma legato alla sessualità e la natura sensibile del problema portino facilmente medici e pazienti a evitare l’argomento.

Ci si aspetta che effetti collaterali sessuali quali ritardo dell’orgasmo (in certi casi desiderato come “trattamento” per l’eiaculazione precoce), diminuzione della libido, disfunzione erettile, intorpidimento genitale spariscano una volta interrotto il medicinale; e questo il più delle volte accade.

Ma cosa succede se passano giorni, settimane, mesi, e la sessualità “non torna”? Succede che ti cominci a preoccupare e cerchi risposte.

Gli specialisti ti assicurano che questo non può essere causato dal farmaco che hai assunto in precedenza e che si tratta di sintomi della tua depressione che “ritornano”; insistono con questa idea anche se tu spieghi loro che non avevi mai avuto neanche l’ombra di tali disfunzioni prima di assumere l’antidepressivo e sia per te lampante che siano stati causati dal farmaco. Succede che oltre al danno, la beffa: non sei ascoltato e compreso dai medici cui ti eri affidato pensando di prenderti cura della tua salute, allora anche i famigliari tendono a non crederti.

Qualcuno ostinato a voler capirne di più e che non accetta l’assurda spiegazione ricevuta, ha finito col fare ricerche su Internet: quel “covo di ciarlatani” dove ciò che cerchi trovi, dove “esistono anche community di persone convinte di essere state rapite dagli alieni”, dove “ti sei autosuggestionato”, citando i commenti di alcuni specialisti nel momento in cui si è spiegato loro di aver letto dagli abstract in letteratura medica che esiste una Disfunzione sessuale post-SSRI (PSSD) che colpisce solo alcuni che hanno assunto SSRI/SNRI e forum con centinaia di giovani pazienti disperati che lamentano proprio gli stessi problemi, senza trovare una soluzione.

Parliamo di avere meno interesse per il sesso? Di un calo del desiderio come può accadere comunemente in certe forme depressive? No; si parla di disfunzioni sessuali più o meno gravi a seconda dei casi e persistenti (permanenti?) dopo la sospensione dell’antidepressivo, come anestesia / intorpidimento genitale, corpo che non reagisce più agli stimoli sessuali anche nonostante il solito interesse (può esserci voglia mentale ma manca la reazione fisica e l’eccitazione), disfunzione erettile, stimolazione che non dà più piacere; disturbi dell’orgasmo, che può essere precoce, ritardato, non più raggiungibile oppure raggiungibile ma meccanico e non più piacevole.

Chi soffre di PSSD sperimenta in certi casi anche altri sintomi persistenti di una più complessa sindrome post-SSRI, quali ottundimento emotivo, anedonia, disfunzioni cognitive, problemi di memoria e altri disturbi che non aveva mai avuto prima.

Vi porto la mia testimonianza. Sono una 32enne che convive da circa 6 anni con PSSD. Le disfunzioni sessuali nel mio caso sono cominciate a inizio terapia farmacologica (citalopram a una dose considerata bassa), ma ero ovviamente convinta fossero reversibili e dato che l’antidepressivo stava dando benefici al mio umore ho continuato ad assumerlo per 10 mesi. Quando ho conosciuto un ragazzo ho deciso di togliere il farmaco perché “non vedevo l’ora di riavere la mia sessualità in corpo” e, sotto indicazioni del medico, ho scalato la dose fino a sospenderla. E’ stato nei giorni, settimane, mesi successivi il periodo più terribile e traumatico della mia vita. Mi sono resa conto che niente cambiava: sia nell’autoerotismo sia nei rapporti, nonostante non mi mancasse il desiderio, non avevo più alcuna reazione a livello genitale.

Qualcuno alle mie confidenze replicò che “un orgasmo non cambia la vita”. Non penso avesse compreso l’entità di ciò che ho perso. La mia sessualità, quella cresciuta con me e preziosa parte della mia identità che cambiava l’emozione di avvicinarmi e relazionarmi ad altri, con cui cui sognavo, fantasticavo e desideravo, attraverso la quale vivevo sulla mia pelle ed esprimevo la mia sensibilità e passione.

Sei anni fa nel momento più difficile da sostenere, avevo deciso che non avrei accettato di continuare a vivere con questa condizione. Ora però eccomi qui, la vita in qualche modo va avanti e regala ancora cose buone, non mi sono esclusa da una vita relazionale e sentimentale, nonostante la PSSD non sia migliorata di una virgola.

Sono in contatto con altri ragazzi e ragazze sulla stessa sventurata barca e mi tengo aggiornata sui passi avanti nel riconoscimento e nella ricerca sulla sindrome, che purtroppo si muove a rilento; sono state avanzate diverse ipotesi eziologiche (un silenziamento epigenetico recettoriale; un’alterazione di neurosteroidi a livello centrale; una neuropatia periferica) e una cura valida per il momento non c’è.

Ci tengo a sottolineare il valore per tutti quelli che sperimentano un grave effetto avverso di non rimanere in silenzio, ma di alzare la voce e attivarsi in prima persona per aumentare le possibilità che le cose si muovano, unendo le forze.

Un Grazie ai ricercatori che hanno scelto di Ascoltare per davvero e che si stanno impegnando per fare luce sulla PSSD.

Lettera Firmata

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