Medicina
La manovra sanità ha avuto il suo effetto: panico alla prescrizione
Ho provato sulla mia pelle i primi effetti della spending review di Gutgeld. Non c’é ancora il decreto ministeriale che individua quali sono le prestazioni ad alto rischio di appropriatezza? Fa niente ci sono medici che hanno già paura di essere multati, di pagare di tasca loro una prescrizione in più.
Il fatto: chiedo al mio medico di base di erogarmi la prescrizione di un esame genetico semplice e ad un costo altamente contenuto rispetto alla complessità: un esame genetico. Il centro ad alta specializzazione con cui sono entrata in contatto ha avuto la bravura di inserirlo nel prontuario sanitario a velocità supersonica. Non le chiedo nemmeno l’esenzione apposita (un’altra volta nella mia vita per un esame del cariotipo lo specialista mi aveva erogato una esenzione a termine). Ho una cassa mutua professionale che mi ha dato il via libera a rimborsarmelo. So cosa vuol dire chiedere una esame genetico. E so che per il problema specifico per cui le sto facendo questa richiesta si tratta di una via recentissima (l’esame è stato messo a punto a maggio). Poco invasiva e precisa soprattutto per comprendere con quale terapia poter curare una non patologia, tipica delle sindromi da stress. Una di quelle “malattie dell’uomo moderno” per cui si prova di tutto, viene prescritto di tutto e qualche medico si fa anche una grassa risata in faccia al paziente (a me è capitato). Ma nessuno si impegna a migliorare la qualità della tua vita. E magari anche a risparmiare sui farmaci.
Il medico dice di no alla mia richiesta. Dice che sa che ora “se sbaglio pago”. Che “incrocerà le braccia contro questa decisione insensata”. Ma che poi non ha nemmeno fiducia nei sindacati. E se balzana è la mia richiesta, mi rivela che nella stessa mattinata ha detto il suo primo no alla prescrizione di un farmaco a una vecchietta.
Si agita, io con una calma atavica le spiego le ultime novità del decreto Enti locali. Mi offro anche per fornirle la documentazione. Mi dice che non ha tempo di leggerla, anche per ragioni personali.
Scarica così il mio barile: mi fa una impegnativa per una visita specialistica: sarà quest’ulitmo a decidere. Perché lei “fino ad oggi è andata in regime privato”: cosa vuole da me?.E poi però sulla richiesta non mi mette neanche la priorità: “però dai magari ad agosto trova qualcuno disponibile”. Risultato chiamo il centro unico di prenotazioni e il primo appuntamento c’é il 21 ottobre. E poi chi me lo assicura che lo specialista mi assecondi? Intanto nel grande centro specializzato stanno solo aspettando di sequenziare i miei campioni. Vogliamo anche aggiungere che se risolvo la mia sindrome faccio meno uso di medicine?
Questa vicenda, privata, di cui ho taciuto alcuni nomi e particolari per ovvie ragioni di privacy ci insegna qualcosa di interessante: se l’effetto dell’annuncio di Gutgeld era quello di creare panico e paura nella categoria dei medici, soprattutto di quelli di base che sono stati in questi anni in molti casi i meri compilatori di scelte fatte da altri l’obiettivo è riuscito. E questo medico di base farebbe anche parte della categoria dei “bravi”, di quelli che si interessano, che non fa solo le ricette e ti ascolta.
Ha ragione dunque la Federazione dell’Ordine dei medici e dei chirurghi che nella presa di posizione di ieri dice: “non bisogna combattere l’inappropriatezza a valle, ma a monte”.
Ma, ripetendo ancora una volta che dobbiamo aspettare ancora almeno 30 giorni per scoprire che cosa sarà considerato veramente inappropriato per decreto è giusto manifestare alcune preoccupazioni:
Come è possibile tornare alla medicina del territorio “terrorizzando” quelli che sul territorio operano, come i medici di famiglia?
Chi ci assicura che nelle cosidette Case della salute, strutture che dovrebbero avere le diagnostiche semplici a disposizione potremmo essere ben curati e seguiti? Possono nascere, soprattutto in quelle regioni dove la sanità è un deserto, dall’oggi al domani? Proprio in questo scenario?
I medici di famiglia in questi anni sono stati dei prescrittori anche perché non si sono mai ribellati a quello che stavano diventando. Perché non l’hanno fatto? Perché lo fanno solo ora che gli si mette la pistola alla tempia: “se sbagli paghi?”.
Come faremo i conti con questa, che è una vera e propria riforma sanitaria e l’invecchiamento di una popolazione, cronicizzata (e menomale, si muore meno!) e medicalizzata?
E la prevenzione in tempo di tagli, che fine fa?
Per onestà, poi, dovremmo anche precisare che il grosso del recupero dei fondi verrà dalla rinegoziazione dei contratti di acquisto di beni e servizi e dei dispositivi medici. Una necessità di cui si parla dal governo Monti (lo dicharò l’ex ministro Renato Balduzzi nella prima intervista che rilasciò al Sole 24 ore, ma non si fece nulla allora). Stiamo parlando di un risparmio di 1338 euro per il 2015 e 1597 per il 2016.
L’inapproriatezza pesa per 195 milioni sia per il 2015 che per il 2016.
Forse sarebbe bene che i soggetti coinvolti si sedessero a un tavolo con il Governo e aprissero una negoziazione onesta del provvedimento. Ci sono regioni come la Valle d’Aosta che hanno sperimentato un sistema di controllo dell’appropriatezza che dicono funzioni.
Ma i medici, come si evince dalla mia storia, mettono le mani avanti e sarà la qualità della cura dei cittadini a farne le spese.
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