Medicina
Il problema degli sprechi sanitari c’è, ma la cura è sbagliata
“Siamo concordi sul non sprecare denaro, però che si fissino per decreto dei paletti su cose che vanno discusse in ambito scientifico, è un’assurdità”. A dichiararlo è il presidente dell’Ordine dei Medici di Milano Roberto Carlo Rossi, in seguito alla presentazione di ieri ai sindacati, da parte del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, della versione finale del decreto sulle prestazioni inappropriate.
Un problema reale e diffuso nella sanità italiana quello della cosiddetta “medicina difensiva”, che come scriveva Gabriele Catania pochi mesi fa, secondo una ricerca elaborata dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari nazionali (Agenas), riguarda il 58% dei medici intervistati. Il fenomeno costa allo Stato quasi 13 miliardi all’anno afferma la Lorenzin, ritenendo che la prescrizione di farmaci, visite, ricoveri, ed esami in eccesso, sia lo scudo protettivo della categoria, per evitare di incorrere in denunce da parte dei pazienti con l’accusa di aver sottovalutato eventuali patologie.
Rispetto alla prima bozza presentata dal Ministero, le prestazioni soggette a condizioni di erogabilità e indicazioni di appropriatezza prescrittiva aumentano da 180 a 208 e interessano l’odontoiatria, la radiologia, le prestazioni di laboratorio e la genetica. Il testo, con l’annesso parere del Consiglio superiore di sanità che ha già dato un giudizio preliminare positivo, una volta ottenuto il via libera da quest’ultimo, andrà verso l’approvazione. I medici hanno due giorni di tempo per muovere le loro critiche e osservazioni. Quando il documento sarà entrato in vigore, dopo la conferenza Stato-Regioni, i pazienti che vorranno sottoporsi alle prestazioni da elenco potranno ottenerle solo in determinati casi a carico del Servizio sanitario nazionale; se non esisteranno le particolari condizioni elencate nella lista dovranno pagare le prestazioni di tasca propria. I medici che sceglieranno di prescrivere accertamenti inappropriati andranno incontro ad una multa.
Ma la strada perseguita dal Governo, secondo Rossi, è quella sbagliata e addirittura senza eguali nel mondo: “Il percorso che i professionisti fanno per arrivare a decisioni condivise su cosa fare o non fare in un determinato momento clinico deve essere discusso tra pari, in ambito scientifico, e la politica, inoltre, dovrebbe stare dietro alle evoluzioni. Farlo per decreto non ha senso. Il controllo sugli sprechi dovrebbe essere discusso deontologicamente; è l’ordine che deve intervenire. L’appropriatezza, inoltre, è sì un criterio scientifico per decidere gli strumenti diagnostici necessari al paziente ma non può essere l’unico. Il medico deve poter scegliere su una base logico-scientifica, ma avere la possibilità di valutare anche il singolo caso.”. Le linee guida, non possono quindi prevedere tutto, e Rossi sottolinea come la black list accompagnata dalle sanzioni peraltro non assicuri affatto l’eliminazione della “medicina difensiva”, perché quest’ultima è causata dalle carenze dello Stato in materia assicurativa, non prevedendo come in altri paesi del mondo nessun sistema di cuscinetto per ammortizzare la responsabilità civile dei medici. Se da un lato quindi il dottore si trova ad aver paura che il paziente lo accusi di aver sottovalutato la sua patologia, dall’altro ha lo Stato che sceglie di sanzionarlo. E il rapporto tra chi cura e chi ha necessità di essere curato finirà per essere ancora più conflittuale: “Ci sono pazienti che faranno pressioni sul medico che si trova a dover difendere una decisione non sua. Non tutti hanno gli strumenti culturali per arrivare a capire che il medico è amico e deve rispettare la legge.”.
Massimo Cozza, segretario della Fp Cgil medici, dichiara che “il fatto che il medico debba giustificare la prestazione rischia di non portare ad un risultato di qualità sulla salute”, e sottolinea che un atteggiamento di questo tipo finirebbe per deteriorare il rapporto medico-paziente, che già troppo spesso non gode di ottima salute. Insomma, un punto quello delle sanzioni pecuniarie, che non convince i sindacati di categoria. “La lotta all’inappropriatezza deve avere come obiettivo la fonte principale di spreco che è la disorganizzazione dei servizi, causa dei ricoveri ed esami inutili”, sostiene Mirella Troizzi del sindacato Smi, che rivendica la libertà dei medici di continuare a fare il proprio mestiere in libertà, senza ricatti e black list, esortando il Governo a prendersi finalmente la responsabilità di definire l’erogabilità delle prestazioni, dicendo però la verità ai cittadini, cioè che dovranno pagare ciò che fino ad oggi bene o male era offerto gratuitamente. Il rischio sembra quindi essere quello di una mancata tutela del paziente, sia in relazione alla fiducia che quest’ultimo ripone nei confronti di chi lo cura, sia per quello che riguarda l’individuazione e il trattamento dell’eventuale patologia. I medici non possono inoltre essere ridotti a meri computer.
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