Medicina

Il primo farmaco al mondo con le staminali è italiano

20 Febbraio 2015

Il primo farmaco al mondo realizzato al mondo con le cellule staminali è nato a Modena. Si chiama Holoclar, serve per ricostruire la cornea dei pazienti che hanno subito gravi ustioni, ed è stato approvato oggi dall’Agenzia Europea del Farmaco.

Al Centro di Medicina rigenerativa Stefano Ferrari di Modena entri e sembra di essere in un laboratorio del futuro, da qualche parte nel mondo, ma lontano da qui. Invece no, la via Emilia in fondo è il punto di partenza per il West: perché qui si è sempre pensato in grande. Dal magazzino fino all’ultima camera sterile del laboratorio, tutto è fatto secondo standard che spesso non vengono rispettati in Italia: pulizia, accuratezza, macchinari e strumenti di ricerca di eccellenza assoluta. Un team di giovani che lavorano e che non scappano dall’Italia: cinque ricercatori, una volta ultimato il dottorato di ricerca, sono stati riassorbiti dal Centro. Università e privato assieme: l’Ateneo di Modena e Reggio Emilia, da un lato, e Chiesi Farmaceutici, dall’altro:. Così è nato lo spin hoff di Holostem Terapie Avanzate.

La storia parte vent’anni fa e a crederci per primi sono le due anime di questo centro: Graziella Pellegrini e Michele De Luca. Entrambi caratterizzati da un understatement poco italiano nell’annunciare un risultato importantissimo, con la leggerezza di chi sa fare cose grandi. Al tavolo con loro sono seduti Paolo Rama, uno dei più importanti oculisti del nostro Paese, primario dell’Oculistica-cornea al San Raffaele:  «I pazienti li conosciamo da vent’anni, sono parte della nostra vita». E Andrea Chiesi, che con la sua azienda si interessa anche alle malattie di pochi. Vent’anni di lavoro assieme, tutti e quattro, ognuno con il suo compito. «Tutti si stupiscono perché tutto questo è successo in Italia. Ma perché? Può succedere anche qui», dice la Pellegrini. Basta crederci, basta mettere insieme gli attori giusti, e nessuno nasconde che i 15 milioni della Fondazione cassa di risparmio di Modena sono stati fondamentali.

Cosa fa in buona sostanza Holoclar? Una volta effettuato un piccolo prelievo di cellule staminali dall’occhio del malato – che a causa delle ustioni non vede più, ma conserva ancora parti non danneggiate – si pratica la coltura in laboratorio. Una volta cresciute, le cellule vengono reimmesse sull’occhio tramite una sottile “pellicola” che aderisce alla cornea danneggiata. Holoclar agisce su questa pellicola. Perciò, niente più trapianti, peraltro soggetti a percentuali di successo assai variabili. Si tratta di un trattamento sicuro, dati alla mano: il cosiddetto follow up del malato, una volta sottoposto a terapia, è durato ben dieci anni: «Il 76,5 % delle persone con una cornea danneggiata al punto da perdere la vista è tornato a vedere – racconta Rama –. Eventi avversi, quando si sono verificati, sono accaduti nel primo anno di monitoraggio. Dal secondo in poi c’è stata una stabilizzazione».

Holoclar consente di far sì che tutto questo avvenga per il paziente nel luogo in cui vive, senza bisogno di andare a Modena. Le cellule rigenerate – devono esserne prelevate almeno 3.000 – vengono inviate dalle équipe mediche appositamente istruite al Centro di De Luca e Pellegrini, che creano il farmaco ad hoc con le staminali (un preparato dunque specifico per ciascun paziente) e lo rimandano nell’ospedale in cui si trova la persona che attende di riacquistare la vista. Un esempio costruito in 20 anni di medicina personalizzata che in un futuro neanche troppo lontano sarà applicato anche a malattie rare e terribili come l’epidermolisi bollosa, per cui c’è già la segnalazione di tre molecole.

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