Medicina
Conti elementari sui vaccini
Perché e come la matematica elementare ci aiuta a prendere decisioni che, peraltro, sembrano persino ovvie. Questo articolo è pubblicato nel giorno del “Pi greco day”, ma non contiene questo numero.
In questo articolo attingeremo alle conoscenze matematiche acquisite nel corso della scuola primaria (che per molti lettori era detta “elementare”) e di scuola media (oggi detta “secondaria di primo grado”, ma preferisco la vecchia nomenclatura per motivi di efficienza comunicativa). Se ne può comunque cogliere agevolmente il senso anche senza soffermarsi sui (pochissimi) dettagli sostanzialmente aritmetici.
Apprendo da fonti giornalistiche in rete del fatto che ci siano molte rinunce da parte del personale della scuola alla priorità sul vaccino. Non so valutare l’attendibilità della notizia, perché il dato è eclatante, ma si legge che in provincia di Treviso siano addirittura 3.000 le disdette. Vale la pena essere informati del fatto che dentro questo insieme ci siano sia gli insegnanti, generalmente laureati (con l’eccezione di un nutrito numero di maestre e maestre che ancora insegnano con il diploma magistrale e uno sparuto manipolo di insegnanti tecnico-pratici negli istituti tecnici e professionali), che il personale ATA (collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e assistenti tecnici). Questi ultimi sono spesso diplomati, anche se, sempre tra le generazioni più anziane, tra i collaboratori scolastici sono ancora numerose le persone che lavorano a tempo indeterminato o determinato col requisito precedente, quello del diploma di terza media. Tutti (almeno) diplomati gli assistenti tecnici e amministrativi. Nel personale ATA, non mancano i laureati, anche se la percentuale non è rilevante. Sarebbe naturalmente interessante avere delle statistiche capaci di scorporare il dato di Treviso (o quello nazionale), sui livelli scolari dei rinuncianti e, nel caso degli insegnanti, anche su quello delle classi di concorso. In questa sede non ne abbiamo la possibilità e lancio quindi una sfida all’ISTAT o a ricercatori che, per mestiere, possono dedicarvisi.
Cominciamo con un gioco, quello della roulette russa. Immaginate di essere costretti a giocare e possiate scegliere tra una pistola che ha un colpo in canna e 34 scarichi e una che, forse, ha un colpo in canna e 350.000 scarichi. Il premio, nei due casi, è lo stesso: sopravvivere. Con quale delle due pistole intendereste giocare? La risposta sembra piuttosto ovvia e credo che sarebbe parimenti data da chi abbia un livello cognitivo almeno pari a quello di un bambino che frequenti la prima classe della scuola primaria. Molto probabilmente anche prima, ma non sono esperto di psicologia cognitiva dell’infanzia.
Partiamo, allora, da alcuni dati. In rete si trova il tasso di letalità del morbillo che è dello 0,2% (fonte Wikipedia). Significa 2 casi su mille contagiati, uno ogni cinquecento. Può sembrare un numero basso, ma se tutta la popolazione italiana, nel corso della propria vita, si fosse tutta ammalata di questa malattia, circa 120.000 persone non ne sarebbero passate indenni. Per questo motivo, da molto tempo, avendolo a disposizione, è previsto un vaccino. Le persone della mia generazione ricordano che i genitori ci facevano ammalare apposta per “superare il problema” (ne nacque persino un “caso politico”, abbastanza recentemente, che evocava questa pessima abitudine). Si è trattato di veri e propri atti di irresponsabilità che oggi, fortunatamente, sono del tutto superati. Naturalmente occorre confrontare questo dato con la “pericolosità del vaccino”. Allo stato delle mie conoscenze, il vaccino contro il morbillo non ha controindicazioni, ma immaginiamo che dieci persone siano morte a causa di questo vaccino, cosa varrebbe la pena fare? Sottolineo che si tratta di una mera ipotesi per mostrare un ragionamento, non ho dati per affermare che sia vera, anzi, penso che sia un’ipotesi assurda e strampalata. Torniamo alla roulette russa: preferite spararvi con una pistola che ha 1 colpo e 499 vuoti, oppure spararvi con una pistola con 1 colpo e 600.000 vuoti? Anche in questo caso la risposta è palese.
Esiste un problema etico-filosofico rilevante. Tra le 120.000 persone morte per il morbillo non necessariamente avremmo tutte le 10 morte per il vaccino (ribadisco: non ci sono morti per il vaccino del morbillo!). Anche ce ne fosse una, o tutte e 10, morta per il vaccino, è giusto sacrificare proprio lei per salvare gli altri 120.000? La risposta, con queste proporzioni è piuttosto evidente, almeno a me, ma non voglio sottovalutarla, come metterò in evidenza più sotto perché le cose possono diventare davvero complicate.
Orbene, dai dati che si trovano in rete, e con approssimazioni “un tanto al chilo” che consentono di ragionare per ordini di grandezza e non di dettaglio, sappiamo che nel nostro paese sono morte 100.000 persone a causa del contagio che ha portato a sviluppare la malattia del covid-19. Parimenti sappiamo che i contagiati sono stati circa tre milioni di persone. Questo significa che abbiamo circa un morto ogni 30 persone. Rispetto al morbillo abbiamo una pericolosità superiore di un ordine di grandezza. Vale la pena osservare, ad un livello di raffinazione più profondo, il fatto che il morbillo veniva preso dalla popolazione giovane (e forte) e la sua incidenza è quindi sostanzialmente rilevata su malati di giovane età, mentre il contagio da covid-19 è avvenuto “a freddo” su tutta la popolazione (mi vengono in mente malattie europee esportate nelle americhe e viceversa che potrebbero gettare luce e conoscenza sul fenomeno: c’è qualcuno in grado di divulgare queste conoscenze pregresse?). Un’altra domanda che pongo agli esperti di malattie infettive è la seguente: come confrontare questi dati? Da statistico conosco la risposta: per coorti di età. Mi domando tuttavia se questi dati siano disponibili come lo sono per il covid-19. Non sarebbe per me inaspettato che i risultati possano essere persino congruenti (anche se, leggo, la malnutrizione porta il morbillo ad una letalità del 10%, cioè alla decimazione). Si tratta, in buona sostanza, di confrontare il tasso di mortalità di morbillo e covid-19 tra i ventenni, trentenni, … ottantenni. Ammalarsi a 80 anni di morbillo o di covid-19, stimo davvero alla carlona, potrebbe addirittura avere pericolosità assai simili. Abbiamo sufficienti dati per fare questi confronti? Lo ignoro e lo chiedo agli scienziati e ai ricercatori di questo settore.
Ora confrontiamo il tasso di letalità del covid-19 e quello presunto del vaccino di covid-19. Ho sentito alla radio un esperto, di cui ho perso traccia, che ha parlato di un caso sospetto su 350.000 vaccini. Guido Castellano, giornalista di Panorama, in un post su Facebook ha parlato di due casi su cinque milioni nel nostro paese. Al netto del fatto che ancora non è neppure certo se ci siano correlazioni, giacché il prof. Burioni ha correttamente rilevato, sempre in un post, ma questa volta su Twitter, che “dopo”, non significa “a causa di”. Orbene, passiamo alla consueta domanda. Dovendo scegliere tra una pistola con un colpo in canna e 29 colpi a vuoto e un’altra che abbia, forse, un colpo in canna e 350.000 o, addirittura, 2.500.000 colpi a vuoto, quale pistola scegliereste? In questi termini, la risposta è ovvia per chiunque sia dotato di QI>0. Questa disequazione mi consente di dire che i contenuti matematici di questo trattatello siano quelli delle scuole medie.
Per onore di verità, a questo punto devo evocare l’obiezione di Ivan Mosca che, sempre in un post sul più noto social network utilizzato dalla mia generazione, mi provoca con la seguente: «Immagina che una malattia uccida in media ottantenni e che per salvarli si decida di sacrificare (molti meno) ventenni. Lo faresti? Ma soprattutto: chi ti da il diritto di deciderlo?». Siamo ovviamente più vicini alla cronaca, al netto del fatto che non si registrano morti tra i ventenni vaccinati. Mosca incalza con le iperboli: «In un’ottica utilitarista pura, una persona sana andrebbe uccisa e i suoi organi espiantati per salvarne altre cinque. Uno potrebbe anche dire che questa logica assume un significato diverso se i numeri fossero diversi, es. una persona sana e centomila da salvare. Ma questo genere di scelte ha delle ricadute sulla società, spesso a catena. La vita dei giovani e l’istruzione dei bambini sacrificata sull’altare degli ottantenni non sarà indolore, non solo per le sue conseguenze ovvie e dirette, ma per il tipo di setting mentale che induce nella società. Aspettiamoci conseguenze di lungo periodo e indirette, una società mediamente più indirizzata a superare i diritti individuali e netto abbassamento della fiducia individuale verso le istituzioni, che possono decidere di toglierti le cose più preziose che hai per darle a un altro. Questo quadro ha a sua volta conseguenze precise, legate all’aumento vertiginoso di retorica e narrazioni dominanti tra i mezzi di comunicazione, nelle rappresentazioni artistiche, nei rapporti di lavoro e di coppia, tutti ambiti che saranno maggiormente improntati a promuovere schemi gerarchici e a punire la deviazione dall’interpretazione canonica. A fronte di tutto questo potresti pensare “ma figurati, sono tutte teorie”. Certo, ma sono teorie scientifiche, legate ad ambiti di ricerca paralleli a quelli sui vaccini. La scienza mica è solo quella medica». E infatti, la mia tesi su questo tema è molto semplice. Occorre investire del problema una commissione etica. Gli esperti non mancano e la politica deve fare delle scelte guidate dalla tecnica. Non imposte da questa.
Infine, ricollegandomi alla sintesi sopra citata di Burioni, occorre rilevare il fatto che, nell’ultimo anno, si sono registrate 600.000 morti che possiamo chiamare sinteticamente “naturali” (anche se non tutte lo sono!) e 100.000 per Covid-19. Le persone, quindi, continuano a morire anche per altre cause, a prescindere da questa nuova malattia e lo fanno nella proporzione di 6 su 7. Orbene, immaginiamo di avere 100.000 vaccinati. Quanti sarebbero i morti in un anno che, pur vaccinati, dovremmo contare “naturalmente” tra i morti? Ipotizzando, entro una prima approssimazione, un’indipendenza statistica (entriamo pericolosamente nella matematica di prima superiore), ecco che se muoiono 600.000 persone su 60.000.000 di abitanti, cioè una su cento, di 100.000 vaccinati ne morranno 1.000 di causa “naturale”. Tra questi, quanti sono quelli di 54 anni come il povero Carabiniere di cui abbiamo avuto notizia e quante le insegnanti di 37 anni di cui siamo stati prontamente informati dalla stampa generalista e strillona?
Viene in soccorso, a livello divulgativo, un post di Francesco Rocchi, insegnante del Gruppo Condorcet, che su Facebook ne scrive uno tanto iperbolico quanto didattico: «Suggerisco un nuovo titolo alla stampa italiana: “Fa il vaccino e viene investito da un’auto, l’EMA non dice nulla. Brivido, terrore, raccapriccio”».
La prof.ssa Miranda Pilo, ordinaria di fisica presso l’Università di Genova, nel corso di una lezione di didattica della fisica, ormai qualche lustro fà, illustrò ai suoi discenti, tra i quali lo scrivente, in un inciso un dato: tra le migliaia di truffati da Wanna Marchi, nessuno era laureato nelle “scienze dure” (matematica, fisica, chimica, ingegneria). La conclusione è quindi piuttosto semplice: vacciniamoci con fiducia e aggiungiamo più scienze dure ai curricola scolastici a partire dalla scuola primaria.
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