Medicina
Chi non si vaccina…non va all’asilo
Novità sul fronte dell’accesso agli asili nido in Emilia Romagna: la regione ha approvato ieri (con astensione del Movimento 5stelle e della Lega) la legge regionale che prevede l’obbligo, per l’inserimento dei bambini al nido, delle vaccinazioni cosiddette “obbligatorie”.
Cosiddette perché, ormai da anni, molti genitori decidono di non sottoporre i figli alle profilassi per malattie come poliomielite, difterite, tetano, epatite B. Una scelta che molti ritengono di dover garantire facendo appello alla libertà di scelta, ritenendo in questo senso discriminante la decisione del Consiglio regionale emiliano romagnolo.
Alcune riflessioni in questo senso sono d’obbligo, ma – per prima cosa – dobbiamo rifarci ai dati.
Negli ultimi anni la scelta di non vaccinare i propri figli ha registrato un costante aumento: siamo passati dal 96,1% di vaccinati del 2012 (per polio, tetano, difterite, epatite B, pertosse) al 93,4% del 2015. I vaccinati contro morbillo e rosolia sono passati da 90,4% a 85,3% dal 2013 al 2015.
Il presidente della Società Italiana di Pediatria, il professor Giovanni Corsello, denuncia la gravità di questa scelta, innanzitutto per i “diretti interessati”, ovvero i bambini che già da oggi – non essendo stati immunizzati – rischiano di contrarre malattie che, per quanto curabili, hanno un tasso di rischi da complicanze anche gravi piuttosto alto, in secondo luogo anche per la presenza della malattia nel nostro paese. Chi decide di non vaccinare infatti lo fa, in molti casi, perché ritiene il rischio, che ogni profilassi implica, superiore al rischio di contrarre la malattia e quindi di andare incontro ad eventuali complicanze.
Ci sono pochi casi di morbillo, quindi è inutile procedere con una vaccinazione della quale non c’è alcun bisogno.
Questo ragionamento non tiene conto della cosiddetta “immunità di gregge”, quella garantita da una copertura vaccinale ampia che impedisce, di fatto il propagarsi della malattia anche in caso di sporadica presenza nell’area geografica d’interesse, e non tiene soprattutto conto dell’importanza che una copertura vaccinale ampia ha nel percorso di potenziale debellamento della malattia stessa. Il vaiolo, ad esempio, è stato dichiarato eradicato a livello mondiale dall’OMS nel 1986 e questo grazie alla massiccia campagna di vaccinazioni che ha sostanzialmente immunizzato tutti i possibili “vettori” umani. Il fatto che oggi possiamo evitare di vaccinarci contro il vaiolo è solo frutto delle vaccinazioni fatte dai nostri genitori e dai nostri nonni: nessuna malattia scompare da sola e molte non scompaiono affatto, sono solo “silenti”.
Esiste poi la falsa credenza che “ormai” tutte le malattie siano sostanzialmente curabili. Si dimentica che, per quanto esistano cure specifiche ed efficaci per molte delle malattie per le quali ci si vaccina, non sempre sono risolutive e non sempre evitano le cosiddette complicanze. Di morbillo si muore, di tetano si muore insomma e questo a prescindere dalla bontà delle cure.
Infine bisogna considerare un’ulteriore variabile, ovvero la presenza di bambini (e adulti), che per particolari patologie, transitorie o croniche, non posso effettuare il vaccino. Il loro sistema immunitario non solo non sarebbe in grado di “reggere” la malattia, ma neppure l’immunizzazione. Questi soggetti possono avere una vita il più possibile “normale” grazie alla responsabilità della comunità in cui vivono. La loro vita relazionale è tanto più ampia quanto più le persone che li circondano sono state immunizzate da malattie per loro potenzialmente letali. Sono una minoranza, certo, ma esistono.
Veniamo dunque alla scelta della Regione Emilia Romagna che ha imposto un preciso limite alla libertà individuale dei soggetti, un limite classico: la mia libertà finisce quando incomincia a ledere la tua. Quando una scelta personale mette a rischio la salute di una comunità la comunità in primis deve farsene carico. Ogni scelta, in fondo, implica una conseguenza e – pur non impedendo a nessuno di seguire le proprie convinzioni – la Regione ha in questo momento fissato la contropartita per una decisione che, nella maggior parte dei casi, va contro il parere medico e i dati espressi dalla scienza. Un gesto forte, che vuole essere anche di sprone a una più corretta informazione e a una scelta davvero responsabile. Se digitiamo “vaccini bambini” su qualsiasi motore di ricerca, al secondo o terzo posto fra i risultati otterremo siti che demonizzano la pratica della vaccinazione rimandano a studi privi di fondatezza scientifica ma che, a un occhio inesperto o disattento, possono sembrare “qualificati”. Nessuno nega la libertà d’espressione, nessuno nega la libertà di scelta, ma non a spese della comunità, del pubblico.
O almeno non a spese dei bambini che frequentano gli asili in Emilia Romagna.
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