Benessere
Un’assolata Isola fuori dal tempo
Maja Slivnjak è responsabile ufficio stampa dell’Ente per il Turismo Sloveno in Italia. Il post è sponsorizzato da:
Isola (in sloveno Izola) è una di quelle cittadine della costa adriatica così graziose e solari da far pensare che la vita sia (sempre) meravigliosa, e che nel mondo non ci siano né guerre né terrorismo né riscaldamento globale e multinazionali senza scrupoli. Un’isola felice, appunto, che si affaccia su un Adriatico così azzurro da far dimenticare problemi, ansie, stress, come se le nostre vite quotidiane non si svolgessero a Milano, Roma, Lecce o Lubiana, ma in un pianeta lontano anni-luce, di quelli che di tanto in tanto gli astronomi scoprono per dichiarare alla stampa internazionale: «Su quel pianeta è possibile la vita».
Isola è così. Gode di 300 giorni di sole l’anno, e questo contribuisce in meglio all’umore dei suoi abitanti, che sono tra i più aperti, ospitali e gentili di tutta la Slovenia. I turisti italiani qui si trovano a casa, e non solo perché quasi tutti parlano (bene) la lingua di Dante. Il Mediterraneo fa parte del DNA della cittadina, sin da quando i romani costruirono qui (o meglio, nella baia di San Simone) l’importante porto di Haliaetum, di cui parla Strabone, e che io mi immagino come un luogo affollato ma non troppo, dove i mercanti appena scesi dalle navi parlottano in latino con fornitori e clienti, negoziando i prezzi di ambra e vino, azzardando previsioni sul tempo, sul prezzo del grano, sulle nuove tariffe.
Durante il crollo dell’Impero romano Isola divenne, come Venezia o Ravenna, un rifugio per le popolazioni in fuga dai barbari, e in particolare gli unni di Attila e i tremendi marcomanni. Allora Isola era davvero un’isola (infatti l’istmo che la collega alla terraferma risale al XIX secolo), e l’Adriatico rappresentava la miglior protezione contro le razzie e i saccheggi. Me li immagino, questi profughi originari della Venetia e dall’Histria: gente emaciata, esausta, che ha conosciuto i morsi della fame e il ruggito della guerra, e che si fa il segno della croce mentre fissa inquieta il mare, con il vento che soffia da levante e il timore di sbarchi nemici nell’aria pregna di salsedine.
Nell’alto Medioevo Isola fu un feudo del patriarca di Aquileia, nel 1280 arrivò la dedizione a Venezia. L’impronta della Serenissima è ovunque, a Isola. A cominciare dal Duomo di San Mauro, che trabocca di opere di artisti veneti. Come le otto belle tavole sulla vita di San Mauro custodite dal tesoro del Duomo, e dipinte da Pietro di Capodistria. Un altro esempio, ma più moderno, di architettura veneziana è il settecentesco Palazzo Besenghi degli Ughi, con la sua facciata raffinatissima, i suoi splendidi affreschi e il suo pavimento, che non sfigurerebbe in una villa palladiana dei colli Berici. Basta girare per le viuzze del centro storico, e osservare le chiese e le facciate delle case per tornare indietro nel tempo, al XIV secolo magari, quando la cittadina era un porto molto attivo, e i pescatori isolani (testardi come gli scogli della zona) avevano fama di essere delle teste calde. Non a caso proprio in quel periodo ci furono svariate scaramucce con le città rivali di Pirano e Capodistria: e chissà cosa ne pensavano gli papaveri a Venezia…
Oltre alla storia, a Isola si respira la cultura. Perché per essere una cittadina di neanche 16mila abitanti, può gloriarsi di parecchie gallerie d’arte e studi di artisti. A Izola poi c’è anche un museo: è il Muzej Parenzana, dedicato alla ferrovia a scartamento ridotto che a inizio secolo collegava la cittadina di Parenzo, oggi in Croazia, con Trieste, allora il motore economico e commerciale della regione. La ferrovia passava anche da Izola, ed era un’importante via di comunicazione per tutta l’Istria: grazie ai suoi vagoni sferraglianti arrivavano nel principale porto dell’Impero austroungarico vino e olio di Buie e Montona, sale di Pirano, pietra istriana, prosciutti del Carso, carbone, legna, frutta e verdura…
Purtroppo oggi sulla Parenzana i treni non sferragliano più. Al posto della strada ferrata c’è un sentiero ciclistico e pedonale molto gettonato dagli sloveni (e dai turisti) amanti dello sport: il Sentiero della salute e dell’amicizia. Si tratta di una splendida iniziativa per recuperare un pezzo di storia che riguarda un po’ tutti noi: sloveni, italiani, croati; il comune denominatore è l’amore per la pace, la natura e la sport, a prescindere dalla lingua e dalla nazionalità. Il mio compagno Borut adora quel sentiero, e ogni volta che passiamo in zona lo ripercorre, a piedi o in bici; io preferisco aspettarlo in uno dei tanti localini di Isola, sorseggiando un buon bianco istriano, o un bel bicchiere di birra Lasko.
A un tiro di schioppo da Izola c’è poi il Parco archeologico di San Simone. Che non è una macchina del tempo, ma poco ci manca: è infatti possibile visitare i resti di una sontuosa villa residenziale di epoca romana, con la riproduzione di un mosaico in bianco e nero conservato al museo regionale di Capodistria, e i portici che collegavano a un porto con due moli, oggi sommerso dalle acque. La villa fu realizzata circa nel 20 a.C., quando a Roma c’era il principe Augusto, e venne abbandonata nella seconda metà del I secolo d.C., ai tempi di Nerone. Da allora è passato tantissimo tempo; la bellezza solare di Isola però rimane intatta, oggi come ieri.
Immagine di copertina in alto: Izola, foto tratta da Slovenia.info. Maja Slivnjak, autrice dell’articolo, è responsabile ufficio stampa dell’Ente per il Turismo Sloveno in Italia.
Devi fare login per commentare
Accedi