Benessere
Un vademecum autorevole per affrontare sintomi e paura, la proposta di Bedin
Le lunghe code fuori dai pronto soccorsi sono frutto di tante cose. Del Coronavirus e della sua aggressività, anzitutto, naturalmente. Ma anche del diffondersi della paura che non sempre è motivata, e che rende però impossibile l’intervento preventivo, o almeno tempestivo, da parte dei medici di famiglia. Così, in assenza di qualsiasi parola certa, molti cittadini si riversano verso gli ospedali, in questo modo spesso aggravando la situazione complessiva senza trovare adeguato conforto per la propria. Proprio per fronteggiare questa reazione sociale, coi problemi che comporta, al di là di soluzioni di lungo periodo come il rafforzamento dei presidi territoriali sempre auspicabili ma che – appunto – necessitano di tempi lunghi, sarebbe utile che la cittadinanza fosse accompagnata e rassicurata da regole chiare, validate dalla comunità scientifica.
In questa direzione si muove la proposta di Nicola Bedin, presidente di Snam e con alle spalle una lunga esperienza come manager nella sanità. Bedin, dalle colonne di Repubblica di oggi, lancia un appello “agli esperti della materia, cioè medici e professionisti che hanno maturato una specifica esperienza sul trattamento del Covid-19” affinchè, sotto l’egida del ministero, si riuniscano al più preso – “già domani” – per essere in grado di condividere e diffondere “un vademecum semplice e chiaro, di una pagina, da diffondere pubblicamente, contenente indicazioni su cosa fare e non fare in relazione all’età, allo stato di salute, ai diversi sintomi ed alla loro gravità. Invento: hai 20 anni e hai solo febbre a 37,5°? Stai tranquillo a riposo a casa, senza prendere farmaci. La febbre si alza e cominci ad avere tosse? Fai questo, ma non fare quello (perché non serve o può addirittura essere controproducente). Cominci ad avvertire un affaticamento respiratorio? È il caso che ti procuri un saturimetro e verifichi l’ossigenazione del sangue: se fosse sotto ad un certo livello sarebbe il caso di andare in Pronto Soccorso. E così via, in modo schematico e facilmente intellegibile”.
Oltre che ai potenziali pazienti, l’appello pensa ai medici “che non si sono trovati nelle condizioni di poter conoscere direttamente il virus e la malattia ad esso associata. Questi medici possono rappresentare una task force aggiuntiva per fornire consulti telefonici o video-telefonici in relazione ad una certa fase dell’evoluzione della patologia, secondo le linee guida stesse. Sono convinto – conclude Bedin – che non mancherebbero i volontari pronti a prestarsi a questo ruolo nonché gli enti che potrebbero favorirne l’organizzazione in tempi rapidi”.
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