Benessere

Milano/Lombardia: tirèmm innànz!

20 Aprile 2020

Le tante critiche che piovono sulla Lombardia, in un frangente doloroso che non tende a placarsi, le analisi di ogni tipo e finanche le considerazioni più sobrie e avvedute vengono probabilmente condizionate, in qualche modo, dalla causa principale del disastro, ossia dalla mancanza di un vero e proprio piano d’intervento, che non ha permesso fino ad ora di affrontare l’emergenza coronavirus nella maniera adeguata. In pratica, si viene distratti dall’incapacità di chi governa la regione e non ci si rende pienamente conto della sofferenza e la tensione della gente che vi abita. Insomma, si pensa alla Lombardia, un po’ meno ai lombardi.

Pare evidente che la percezione dell’epidemia, considerata la disomogeneità dei dati clinici, non possa essere la stessa in tutto il paese. Diverso è lo stato d’animo con cui viene vissuto l’isolamento, diversa è la cifra emotiva che fa da cornice al momento. Non potrebbe essere altrimenti. In Lombardia i numeri del covid-19 sono implacabili. Più del quaranta per cento dei casi totali registrati in Italia e più della metà dei decessi. Il che vuol dire che quasi ogni cittadino lombardo avrà un conoscente, un amico, o un parente colpito dal virus. Un virus, accidenti a lui, che, inesorabilmente, non delimita il male in uno spazio di sofferenza riservato esclusivamente ai malati e ai contagiati, ma lo espande nelle teste e nelle coscienze di tutti, anche di quelli che, rigorosamente, osservano ogni regola e prendono le più disciplinate precauzioni tra le pareti domestiche.

Io, dal mio fortunato luogo del salernitano, dove i decessi e i contagi rappresentano un numero pressoché irrilevante rispetto alle statistiche lombarde, posso solo immaginare lo sconforto, la paura, il disorientamento dei milanesi, bergamaschi, bresciani e di tutti gli altri, chiusi nelle loro case. Persone, spesso sole, disinformate, o confuse da un’informazione convulsiva, mai uniformata a una linea di condotta coerente e lineare. In rete circolano video che toccano l’anima, testimonianze dirette di potenziali pazienti plurisintomatici, lasciati soli, con la loro disperazione, a cui viene comunicato telefonicamente l’impossibilità di sottoporsi al tampone, e, pertanto, invitati a “restare a casa”, come se questo consiglio contenesse la soluzione, la liberazione dall’ansia, la cura catartica, e non rappresentasse, invece, la continuazione di un incubo,  il prolungarsi di un tempo insopportabilmente sospeso, dove ogni decisione può rivelarsi sbagliata in assenza delle necessarie competenze mediche. Decidere al meglio sul da farsi e come tirare avanti tocca, purtroppo, a loro. A loro, soltanto. Sono quelli rimasti senza assistenza sanitaria, senza conforto, senza nemmeno il sollievo di un suggerimento professionale, e, dunque, di una indicazione certa da seguire per evitare, se non altro,  il timore di commettere una sbadataggine.

Ma, di una cosa resto sicuro, anche sulla scorta delle persone che conosco e che abitano a Milano e nel resto della Lombardia: tireranno avanti con il coraggio e la determinazione di cui è fatta la loro stoffa. Il “tirémm innànz” della gente ferma e tenace li recupererà presto alla normalità. E, una volta ripresosi il loro tempo, la loro vita e le loro città, daranno luogo alle riflessioni più conseguenti e immediate. E, saranno riflessioni morali, responsabili, politiche.

 

 

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