Benessere
L’inquietudine e l’immunodepressione con il coronavirus
In questi giorni abbiamo sentito tutto e il contrario di tutto. Con la caccia all’esperto di turno che, di volta in volta, rassicurava, poi cambiava idea. Il panico, forse, non è giustificato, ma non si può essere egoisti in una situazione come quella che stiamo attraversando a Milano e in Lombardia. Bisogna pensare a tutti e quindi anche a chi ha patologie pregresse, a chi è immunodepresso perché ha dovuto affrontare trattamenti chemioterapici, a chi è semplicemente anziano e ha dei problemi legati all’età. Sembra che di tutte queste persone non sia interessato a nessuno, del resto non producono PIL ma, al contrario, bloccano le api operaie. Poi ci siamo svegliati e ci siamo accorti che il “tanto sono vecchi” non era politically correct.
E’ come per i vaccini per il morbillo, per proteggere chi è più debole è bene vaccinarsi, così come oggi è bene rispettare i dettami dell’igiene e dell’isolamento per salvaguardare la salute dei più fragili o dei più esposti.
Sono stato immunodepresso per un trapianto di midollo osseo da donatore non consanguineo e andavo in giro per la città con la mascherina per proteggermi dalle infezioni che ci potevano essere in ospedale o semplicemente per strada. Ero soggetto a tutte le restrizioni (in modo ferreo) di cui leggiamo in questi giorni. Il timore che qualcuno potesse starnutirmi da vicino mi spaventava. Così come mi spaventavano tutte le situazioni a rischio. Chi viveva con me lo sapeva e cercava di aiutarmi in tutti modi. Ecco perché, oggi, vedendo anche quanto stanno facendo gli altri paesi europei penso che le misure siano giuste. Sicuramente con la prudenza non si sbaglia. Ognuno di noi, rispettando ciò che ci è prescritto, deve essere consapevole che contribuisce a tranquillizzare coloro con situazioni di salute a rischio.
Non vorremmo certamente essere al posto loro.
Milano ha risposto, come sempre mi viene da dire, ordinatamente alle ordinanze. E al tempo stesso si è snaturata, rallentando la sua corsa, dimostrandosi “umana” nella sua vulnerabilità. Milano, e chi la abita, non ha bisogno di ripartire, non si è mai fermata perché il rispetto, la cura e l’attenzione verso l’altro fa parte del suo DNA. Ha mostrato così l’altro lato del suo fighettismo esasperato, della rincorsa al PIL, del FTSE MIB.
L’apparizione del cigno nero ha portato nella città del Duomo una pausa per ragionare su che cosa siano diventati, oggi, gli esseri umani.
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