Benessere
L’incorreggibile abitudine di innamorarci di dati solitari
Abbiamo una brutta abitudine consolidata e rafforzata nel corso della nostra evoluzione di esseri umani: non mettiamo i dati in prospettiva. Sbagliamo le proporzioni. Si tratta di un’inclinazione naturale che abbiamo amplificato con l’ampliamento del flusso di informazioni e di canali media avvenuto negli ultimi decenni.
Un istinto che ci procura uno stato di ansia e preoccupazione costante. Conosciamo troppo? Non credo. Ritengo che la mole di notizie che riceviamo oggi sia necessaria per conoscere la complessità del mondo. Mi sono chiesta per molti anni se, però, non sbagliassimo – in quanto lettori e fruitori di notizie sui media – l’approccio ai dati che ci vengono forniti.
Ho trovato risposte molto interessanti nel libro “Factfulness” di Hans Rosling. Lui è un medico statistico e accademico svedese che ha dedicato la sua vita (è deceduto nel 2017) allo studio dei dati che abbiamo a disposizione per comprendere il mondo. In questo libro, che trovo illuminante, pagina dopo pagina smonta una serie di atteggiamenti che abbiamo costruito e che ci impediscono di avere la giusta percezione della realtà dei fatti.
Sull’ istinto delle dimensioni, inteso come la tendenza a guardare un numero solitario e fraintenderne la portata, Rosling fornisce due strumenti – che lui stesso definisce magici – per evitare di dare alle cose le proporzioni sbagliate. Il primo è il confronto e il secondo è la divisione.
“Il principale accorgimento cui potete ricorrere per evitare di giudicare erroneamente l’importanza di qualcosa è stare alla larga dai numeri solitari – scrive Rosling – Non lasciate mai e poi mai un numero da solo. Se ne ve ne offrono uno, chiedetene sempre almeno un altro. Qualcosa con cui confrontarlo”. Lo studioso aggiunge che occorre diffidare dei numeri grandi evidenziando che quando non vengono confrontati con nient’altro, i numeri di una certa dimensione sembrano sempre importanti. E come potremmo evitare questo effetto se non mettendoli in confronto con altri dati?
“Ogni volta che vedo un numero solitario in una notizia, sento suonare un campanello di allarme”
Hans Rosling
La seconda possibilità che abbiamo è la divisione. A questo proposito Rosling invita a ragionare partendo dal dato Unicef che racconta del decesso di 4,2 milioni di neonati nel 2016. Numero che riguarda il mondo intero e si riferisce ai bambini al di sotto di un anno di età. La notizia, riportata sui media, ha giustamente allarmato chiunque ne sia venuto a conoscenza. Come può un dato del genere non toccare nel profondo? Il numero è impressionante ma Rosling afferma “non è enorme, anzi è così piccolo da essere bellissimo”. Spiega questa sua presa di posizione fornendo dati ulteriori: nel 2015 lo stesso numero era pari a 4,4 milioni, nel 2014 4,5 e nel 1950 risultava 14,4 milioni. Quasi 10 milioni di neonati deceduti in più rispetto a oggi. “Ad un tratto, questo numero terribile comincia ad apparire più piccolo. Anzi, non è mai stato più basso”. Va da sé che non sia un dato che possa renderci felici ma racconta, di certo, un miglioramento importante. “Il numero delle morti scongiurate è in continuo aumento. Senza confrontare i dati, non ce ne renderemmo mai conto”. Aggiungiamo ora una nuova considerazione: nel 2016 sono nati, nel mondo, 141 milioni di bambini e ne sono morti 4,2 milioni. Con una banale operazione di divisione otteniamo un 3 per cento di mortalità infantile. Nel 1950 ci furono 97 milioni di nuove nascite a fronte di 14,4 milioni di decessi: il tasso di mortalità, in questo caso, era del 15 per cento.
Andare oltre il dato solitario è diventato necessario oggi più che mai. Troppe sono le informazioni incomplete che inondano la nostra quotidianità facendoci dimenticare che ognuno di noi vive e conosce un luogo soltanto mentre là fuori esistono milioni di luoghi diversi. Potrebbe apparire banale ma, di fatto, ciò che rappresenta il buon senso non sempre ha a che fare con la buona pratica.
Hans Rosling, Factfulness, Milano, Rizzoli, 2018, pp. 364
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