Benessere

Coronavirus, l’Italia in attesa (speranzosa) del picco

17 Marzo 2020

I dati aggiornati alle 18 di ieri, lunedì 16 marzo, parlano di 2470 nuovi positivi al coronavirus nel nostro paese, meno delle 24 ore precedenti quando l’aumento su base giornaliera era stato di 2.853. Complessivamente sono 23.073 i malati, 27.980 i casi totali. Il capo della Protezione Civile si è lasciato andare definendo un “trend positivo”. In realtà come ricordato da tutti gli esperti e dallo stesso Borrelli, per definire un trend positivo serviranno ancora diversi giorni.

La punta dei contagi è in ritardo

A dirlo è il professor Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, al quotidiano La Repubblica in un’intervista realizzata dalla giornalista Carla Messi. La previsione di Garattini è che si arriverà a circa 40mila in casi nei prossimi sette giorni. «Credo di essermi tenuto anche basso. Ora, e ancora per una settimana, verranno fatte le diagnosi in persone che non vivendo nella zona rossa come noi gran parte di noi in Lombardia. Persone che si sono infettate in temi recenti», afferma il professore che sostiene che proprio in Lombardia non si sia ancora arrivati al picco.

I primi pazienti erano tutti anziani. Adesso stanno arrivando i 40enni. L’onda è lunga

«Abbiamo così tanti pazienti che se ci dovesse essere un calo da qui non lo vedo ancora. È un’onda lunga», afferma il dottor Lorenzo Grazioli, rianimatore a Bergamo, in una lunga intervista realizzata da Piccola Zancan per La Stampa in cui racconta come piano piano stia diminuendo l’età dei pazienti ricoverati. I giovani hanno più risorse, quindi arrivano dopo in ospedale e questo sembra essere il loro momento. Sono soprattutto uomini quelli colpiti dal virus.

Il trend è in ribasso ma bisogna fare più test

L’organizzazione mondiale della sanità afferma che per rompere la catena di trasmissione del coronavirus è necessario testare e isolare. Non è possibile fermare una pandemia senza sapere chi è infetto. Lo dice a chiare lettere Tedros Adhanom Ghebreyesu, direttore generale dell’Oms, come riportato dal Corriere della Sera. E In Italia alcune regioni come Lazio e Veneto si stanno già attrezzando. Intanto Borrelli ieri in conferenza stampa ha parlato di un trend in ribasso dei positivi ma è solo uno spiraglio.

In Veneto si fanno tamponi a tappeto

«Abbiamo solo fatto una scelta diversa. Tamponi a tappeto. Il tema è questo. Per carità, nessuna polemica con l’autorità centrale e nessuna rivendicazione di autonomia, non ora almeno», afferma il presidente Zaia in un’intervista a firma di Marco Imarisio al Corriere della Sera. «Anche se trovo un solo positivo significa che avrò 10 contagiati in meno».

Quando arriverà l’impennata dei contagi?

Michele Bocci e Luca Fraioli in un articolo pubblicato su Repubblica affermano che per fare previsioni con un buon margine di precisione è ancora troppo presto. L’obiettivo è rallentare il ritmo dell’epidemia perché il sistema sanitario possa reggere l’urto. Tutti aspettano il picco però e secondo Alessandro Vespignani, professore di informatica e fisica a Boston e direttore del Network Science Institute, «la curva epidemica in Italia scenderà entro poco tempo». Massimo Galli, primario delle malattie infettive al Sacco di Milano, invece teme che «il picco non sia imminente. Gran parte di quello che stiamo vedendo sono persone con infezioni chiaramente manifeste contratte una o due settimane fa. Ci sono tantissime infezioni con pochi sintomi che in Lombardia non vengono sottoposte a test ma potrebbero comunque partecipare alla diffusione dell’infezione». Enrico Bucci, professore di biologia dei sistemi alla temple università di Philadelphia conferma che il picco non è prevedibile e non ora: c’è da aspettare che la curva dell’epidemia cambi.

Il picco potrebbe arrivare domenica 22 marzo

Secondo diversi esperti, scrive il Corriere della Sera, il picco del coronavirus potrebbe arrivare domenica 22 marzo, se le misure sono state rispettate seriamente dagli italiani. Per risolvere sul serio l’epidemia però bisognerà aspettare che vengano trovate le terapie farmacologiche e un vaccino. «Se le misure di contenimento hanno funzionato – afferma il virologo Roberto Burioni, che invece è scettico sulle date – il loro effetto sarebbe tra 15 giorni. Ma immaginiamo che il picco dei contagi sia stato ieri: ce ne accorgeremmo solo tra 10-15 giorni. Il periodo di incubazione va da 2 a 11 giorni, con una media di 5-6 giorni. Ma quando è stata fatta la diagnosi? Non lo sappiamo».

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