Benessere
In Avis mancano i medici per la raccolta sangue
Sabato 1 ottobre, leggo sul Corriere della Sera, una bellissima inchiesta a firma di Simona Ravizza e Giovanni Viafora dal titolo:Il sistema dei medici a gettone arruolati nelle chat senza controlli, “guadagnano 3.600 euro in 48 ore”. Mi fa piacere che un problema così grande come la carenza dei medici per le nostre strutture sanitarie venga attenzionato da un importante quotidiano italiano.
Tra le strutture sanitarie anche se si tratta di un’associazione di volontari ci metto anche Avis Milano che ho l’onore di rappresentare.In questo momento in cui non siamo ancora usciti completamente dalla pandemia esiste nelle strutture sanitarie una forte carenza di sangue. Quest’anno le cose sono leggermente migliorate ma siamo ancora lontani dai numeri del 2019. Ad aggravare la situazione la mancanza di personale sanitario addetto ai prelievi; siamo arrivati al paradosso, potremmo raccogliere un numero maggiore di unità di sangue ma non abbiamo sufficienti risorse sanitarie per prelevarlo ai volontari donatori. Le auto emoteche da noi inviate nelle comunità di cui fanno parte aziende private o pubbliche, scuole e università non riescono a soddisfare spesso la domanda dei donatori pronti al nobile gesto effettuato in forma gratuita, perché le equipe sanitarie sono formate dal numero minimo di risorse mediche e infermieristiche.
Assistiamo quindi ad una riduzione della disponibilità nella lista prenotazione delle adesioni, appuntamenti già accettati che devono essere annullati per carenze di personale dell’ultimo momento, e di conseguenza a prelievi ridotti rispetto al numero dei volenterosi donatori. Nella sede milanese di via Bassini non è raro il malcontento per le attese prolungate. Del resto perché un professionista medico o infermiere pur mossi da una particolare attenzione ai valori delle Associazioni di volontariato dovrebbero prestare la propria opera per qualche decina di euro quando l’offerta di guadagno è di gran lunga superiore per una chiamata a gettone?
Spiega meglio l’articolo del Corriere della Sera: “Fenomeno ormai sempre più diffuso e che sta cambiando radicalmente la fisionomia degli ospedali italiani alle prese con organici ridotti all’osso. E che rappresenta, oltre a tutto ciò che vedremo, innanzitutto un dispendio per le casse dello Stato: per un gettone si arrivano a offrire fino a 1.200 euro a turno per singolo medico, in sostanza più della metà della paga che uno specializzando prende in un mese intero. Ma perché si è arrivati a questa situazione? Chi c’è dietro alle cooperative che fanno da intermediarie? E chi sono e come vengono scelti i medici che finiscono in ospedale?” L’inchiesta del Corriere cerca di dare delle risposte: si deve partire dai numeri (impressionanti) che riguardano la carenza di medici. Un fenomeno che si deve essenzialmente a tre ragioni. Uno: il turnover in Sanità bloccato per 14 anni (dal 2005 con il governo Berlusconi 2 al 2019, con il Conte 1, che ha portato le assunzioni a un +10%). Due: una programmazione miope, se non proprio del tutto errata, con contratti di specialità al ribasso per anni e mai tarati per sostituire chi va in pensione, tanto che dal 2015 al 2020 i pensionabili sono stati 37.800, a fronte di 24.752 specializzati pronti per entrare nel servizio sanitario. Tre: una clamorosa accelerata delle dimissioni volontarie da parte dei medici ospedalieri, specie dopo il Covid, dovuta a un peggioramento generale delle condizioni di lavoro, con turni sempre più massacranti e un’aumentata conflittualità con i pazienti. Nel 2021 si sono registrati 2.886 licenziamenti volontari: +39% rispetto al 2020. È un trend che, se confermato, porterà a una perdita complessiva tra pensionamenti e licenziamenti di 40 mila specialisti entro il 2024 (stima del sindacato dei medici Anaao).
Per la sanità pubblica si tratta di un problema enorme che mette a rischio la cura del cittadino che si trova ad essere assistito da medici provenienti dalle cooperative con una probabilità di 1 su 4 e di notte e nei week end di uno su due. Si tratta a volte di medici che fanno turni massacranti anche fino a 36 ore racconta l’indagine, attirati da lauti guadagni, il tutto per compensare la carenza di personale.
Ma torniamo alla nostra Avis milanese che non ha rimborsi adeguati, che fatica e non riesce ad assorbire i costi nonostante i contributi dei donatori o degli amici che la sostengono attraverso il 5×1000 oltre alle donazioni di qualche azienda. E’ praticamente impossibile tenere in equilibrio i conti tra le entrate e le uscite per pagare il personale sanitario come i professionisti e il mercato vorrebbero. La carenza di professionisti ha le sue origini con l’istituzione del numero chiuso per accedere ai corsi di laurea, difeso da alcuni e inviso da altri che vorrebbero ridurlo o addirittura eliminarlo, ma soprattutto con le disponibilità dei posti nelle diverse specializzazioni che hanno fatto da tappo ai neolaureati. Da qualche anno la situazione è peggiorata, la pandemia e la conseguente creazione degli hub vaccinali ha saccheggiato personale medico e infermieristico per le vaccinazioni anti Covid con compensi fuori mercato per l’eccessiva domanda. Oggi i professionisti vengono chiamati insistentemente da altre strutture sanitarie, cliniche private, Residenze per anziani ecc. con offerte superiori a tre volte di quanto Avis può offrire. In questa situazione spesso non basta la passione per l’associazione e per il volontariato, da qui la difficoltà di Avis a garantire puntualmente il servizio della raccolta sangue come accadeva in passato. L’allarme rispetto alla tenuta delle circa 200.000 unità di sangue annuali trasferite dalle AVIS Lombarde al sistema sanitario regionale è stato lanciato da diversi anni, prima di constatare a posteriori l’emergenza. Ovviamente si attende una risposta prima che anche per il sistema delle trasfusioni metta in seria difficoltà i pazienti in attesa di cura o di interventi chirurgici.
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