Benessere
Ho portato il mio anziano a fare una passeggiata
Il cinque maggio, finalmente, ho portato il mio anziano a fare una passeggiata. Non usciva e non vedeva nessuno dal 20 febbraio.
Ho aspettato il cinque, secondo giorno di #Fase2, perché il quattro sono andata a fare un sopralluogo preliminare del percorso, come per un’azione di guerra.
Dopo due mesi di telefonate di controllo ogni due ore per promemoria pastiglie, verifica pressione e temperatura mattina e sera, lunghe conversazioni su Montalbano e sui tempi andati ma anche sul lavaggio pavimenti minimo indispensabile per evitare incidenti domestici e raccomandazioni di bere, bere, bere tanta acqua per evitare incidenti intestinali, non mangiare solo biscotti, come ti senti, debole e fiacco eh, ora va’ a fare un riposino, ti chiamo fra mezzora per svegliarti così non inverti il giorno con la notte. E lunghe spiegazioni per fare qualche esercizio fisico.
E chiamate al medico di base (santo subito) e agli specialisti (spesso assenti) per capire come sopperire con un’anamnesi telefonica amatoriale alla mancanza degli esami e visite di controllo previste in questi mesi.
E lunghe complicate chiamate di helpdesk, che vi lascio immaginare, per la risoluzione di problemi tipo bizzarrie del termostato, cambio pile radiolina, pagamento bollette, apertura porta per la consegna della spesa e della farmacia.
Due mesi senza una piccola ragione quotidiana per uscire di casa e avere contatti umani. Due mesi senza assistenza medica, domestica e igienica. Ci siete riusciti, voi, a tagliarvi le unghie dei piedi?
85 anni, varie patologie, solo.
Il 12 marzo il suo medico di base (santo subito) l’ha chiamato per sapere come stava e ha segnalato all’ufficio preposto che aveva bisogno di qualcuno che gli portasse la spesa. Il 4 maggio l’Asl ha telefonato per sapere cosa portargli, implicitamente facendogli sapere quanto fino a quel momento le era importato di lui.
Ah sì, certo. È vero che ci sono i volontari che portano la spesa (benedetti), ma ho preferito fare io il volontario ad personam e alleggerire anche loro. Due mesi di nottate online per mandargli la spesa – a mie spese, visto il pagamento anticipato – e qualche sortita illegale extrazona per portare un saluto dalla finestra e fare un controllino visivo a distanza.
***
Ma finalmente, il 4 maggio, la #Fase2. Possiamo uscire. Ma possiamo davvero uscire? anche gli anziani? senza scarpe da running? boh.
Ci organizziamo per bene, sincronizziamo gli orologi. Ci vogliono un paio di giorni di settaggio con vari cambi di strategia. Ci troviamo sotto casa o in casa? Cosa scriviamo sull’autidichiarazione? Chi premerà il tasto dell’ascensore? Guanti sì o guanti no? Riesci a metterti la mascherina da solo? Sarà il caso di uscire o sarà pericoloso? Quanta gente ci sarà? I posti di blocco? I droni?
Usciamo. All’inizio è stata una pena, voleva tornare indietro, agitatissimo.
Ma mica per il virus. Ha passato l’infanzia sotto le bombe. Ride, del virus. Dice che morire per un virus o per un altro, è solo questione di tempo.
Ma alla libertà, ai diritti fondamentali ci tiene, e non sa più quali sono i suoi.
Noi possiamo anche trovare una qualche ironia nell’invenzione del congiunto. Ma soprattutto in questi giorni, a livello istituzionale (e anche l’ultimo telefonista dell’Asl è un’istituzione) l’assenza di messaggi positivi o quantomeno empatici e la comunicazione di regole confuse, sulle persone più fragili ha un impatto logorante.
Per persone che hanno sentito morire gli amici più cari o sono in ansia per gli ultimi coetanei rimasti e magari hanno i parenti lontani e magari un livello cognitivo non da ventenni, doversi sentire minacciate e braccate se escono di casa mentre sono quelli che andrebbero maggiormente tutelati e protetti – e colmati di gentilezza – è un insulto e una violenza.
Insomma, usciamo.
Era terrorizzato che non fossimo abbastanza congiunti, che l’attività non fosse abbastanza motoria.
Ho dovuto chiedere ai vigili di poter entrare ai giardini, perché si calmasse.
Hanno detto “sì, ma senza stazionare“.
E in effetti li abbiamo visti che facevano alzare chi si sedeva per terra o su un muretto. Noi abbiamo trovato una panchetta un po’ riparata e si è seduto cinque minuti, di nascosto. Sssssh, non fateci la spia.
Alla fine però alla telefonata della sera era felice. Abbiamo anche visto in un’aiuola un papavero grande così.
Ora finalmente potremo porci il problema di entrare a lavare casa e ci prepariamo a #Fase3: installargli la app la vedo dura ma chissà, magari si faranno i tamponi.
Per fortuna sono senza lavoro, altrimenti sai che complicazioni.
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