Benessere

Da Genova un progetto contro la fibromialgia

9 Luglio 2020

Consapevolezza e partecipazione le idee alla base dell’iniziativa con cui un piccolo gruppo di operatori ha deciso di porre rimedio a un vuoto a cui contribuisce anche il mancato riconoscimento della sindrome come malattia invalidante. Mindfulness, teatro terapia e approccio multidisciplinare gli elementi chiave scelti per affrontare un disturbo complesso.

Nasce a Genova il progetto di un piccolo gruppo di operatori che hanno deciso di mettere a frutto le proprie competenze e le loro stesse esperienze di vita per sostenere chi soffre di una malattia di cui si parla poco, ma che, secondo i dati a disposizione, colpisce circa 4 milioni di italiani, forse sarebbe meglio dire ‘italiane’, visto che 9 su 10 sono donne. Non a caso l’idea dell’iniziativa è venuta a Roberta Parodi, proprietaria di un albergo nel centro storico di Genova, counselor, ma soprattutto a lungo vittima di una serie di sintomi che però – purtroppo è esperienza comune – fino a non molto tempo fa non erano riusciti a condensarsi in una diagnosi chiara: stanchezza, stress, insonnia e forti dolori diffusi  sono tra i principali effetti della malattia, che ha ricadute pesanti sulla vita delle persone. Lo sa bene chi deve lavorare, ha una famiglia e delle relazioni che, inevitabilmente, finiscono per risentire di un disagio pressoché costante. ‘La fibromialgia è una patologia difficile da sopportare – conferma Roberta – anche perché solo chi la vive può comprendere esattamente ciò che si prova, mentre spesso agli occhi di chi ci osserva, persino parenti e familiari, è quasi invisibile. Per questo è proprio l’esteriorità che spesso “mette in trappola” il fibromialgico: il desiderio di apparire “sano e normale” alimenta ancor di più le perplessità e le incomprensioni da parte del mondo che lo circonda. In questo modo i suoi problemi divengono “invisibili” e le persone tendono a giudicarlo un “malato immaginario”’. Di qui l’idea di affrontare la malattia a 360 gradi, anche dal punto di vista dei suoi riflessi sociali: ‘Aver scoperto di essere fibromialgica proprio durante un corso di counseling non è stata sicuramente una coincidenza – osserva ancora Roberta – e il percorso fatto in quell’ambito è stato fondamentale per la mia salute psicofisica, non solo per una crescita personale, ma soprattutto per imparare e riuscire ad accettare la malattia e conviverci’.

Di qui l’idea di un ciclo di incontri, due al mese della durata  di circa 90 minuti, per un totale di dieci sedute: ‘Lo scopo di questi incontri – spiega Roberta – sarà favorire il confronto e la condivisione tra persone affette da una sindrome che troppo spesso porta alla solitudine, all’indifferenza e al sentirsi invisibili agli occhi di chi non comprende. Il nostro obiettivo è creare un gruppo di ascolto e di sostegno in grado di restituire potere e autonomia al malato nella gestione e nella condivisione del proprio disagio, in uno spazio protetto nel quale i partecipanti avranno la possibilità di essere ascoltati in maniera attiva, empatica e senza sentirsi giudicati e che possa creare una rete di supporto complementare a quella fornita dai servizi sanitari e dalle istituzioni, con una rete dedicata di professionisti (reumatologi, medici, nutrizionisti, consulenti del lavoro e avvocati) per contribuire in modo significativo a migliorare la qualità della loro vita. Le esperienze di gruppo presentano valide potenzialità, i partecipanti si sentiranno accolti, ascoltati, sostenuti, potranno confrontarsi tra loro ed essere guidati alla consapevolezza dei propri bisogni grazie alla mediazione dei facilitatori. Verranno affrontati temi personali dei partecipanti ma anche problematiche nei rapporti familiari o lavorativi’.

Mezz’ora di ogni incontro sarà destinata a esercizi di mindfulness, una pratica che consente di imparare a interagire e a rilassare il proprio corpo, che troppo spesso chi soffre della malattia  finisce per percepire come un nemico. ‘Gli esercizi di meditazione, respirazione e rilassamento mirano a sviluppare nel malato l’accettazione e la compassione, portando gradualmente la persona alla consapevolezza del proprio corpo, delle sensazioni e delle emozioni e, di conseguenza, a rispondere allo stress, al dolore e alla malattia in modo più efficace’ ci spiega Sara Bruzzese, che insieme a Roberta cercherà di trasmettere ai partecipanti i fondamenti di questa disciplina per consentire loro di apprendere tecniche che poi useranno in modo autonomo. In particolar modo imparando a praticare la mindfulness con costanza si ottiene una riduzione dei sintomi fibromialgici come stanchezza, stress e insonnia. Sara è anche mediatrice familiare, una figura professionale che consentirà di allargare il raggio di azione fornendo un sostegno anche alla famiglia del malato, un aspetto importante perché, come si è detto, capita che mariti, mogli, figli, non vedano la malattia, spesso nascosta da un’apparenza di ‘normalità’, così come amici, conoscenti, colleghi di lavoro e parenti. ‘A volte purtroppo la malattia spinge le coppie a scegliere la separazione. In questo caso è importante sostenere emotivamente le persone coinvolte e aiutarle a trovare gli accordi necessari, soprattutto quando ci sono dei figli’.

Infine l’intervento di Ivano Malcotti, specializzato in teatro terapia. Si può curare con l’arte? ‘Sì e ti faccio un esempio per chiarire come. Una tecnica che utilizzo con alcuni pazienti è scrivere una canzone cercando di descrivere la loro condizione e la loro storia e chiedendo loro di intervenire sul testo, modificandolo fino a che non sentano che la canzone esprime in modo il più possibile autentico il proprio sentire’. Insomma un modo per il problema facendone una bandiera più che un elemento di imbarazzo? ‘Sì e anche per esprimere la propria creatività e rivolgersi agli altri’.

La presentazione pubblica del progetto era prevista per il 23 maggio, 11 giorni dopo la giornata mondiale della fibromialgia. Poi è arrivato il coronavirus e l’iniziativa è stata cancellata, ma le autrici del progetto non demordono. ‘Per ora è tutto fermo, perché aspettiamo di vedere come evolve la situazione, ma siamo determinate a realizzare questo progetto perché ci crediamo e siamo convinti che ce ne sia bisogno’. Probabilmente si andrà a dopo il periodo estivo.

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