Benessere
Cittadini del nostro tempo
Per qualcuno siamo già cadaveri. Sciacalli, si avventano sui nostri poveri resti per strapparne porzioni di carne fresca e non già putrefatta. Recitano rosari, si travestono da statisti, imitano goffamente il modello del buon padre di famiglia. Saprofagi, pensano solo a riempirsi lo stomaco rubando carogne agli altri saprofagi come loro. E ridono di noi come iene.
Per altri siamo lavoratori. Dobbiamo produrre. Che si riaprano fabbriche e uffici, che si rimettano in moto gru e betoniere. Col male bisogna convivere quotidianamente. Che differenza fa se lo si chiama Covid-19? Forza compagni operai, manovali, carpentieri, lattonieri, impiegati. Senza sacrificio come si può raggiungere il sol dell’avvenire? Per certa gente siamo torni, macchinari, pezzi dell’ingranaggio.
Poi ci sono quelli che ci etichettano come consumatori. Spendi e compra. Dimentica ciò che accade nel mondo. Estraniati dalla quarantena con un pò di shopping online. E’ così semplice! Restando a casa supporti l’economia del tuo paese da remoto. Che trovata geniale! Il fatturato non guarda in faccia a questioni formali come una pandemia. Si vive e si muore ogni giorno. Ma un acquisto mancato è un piccolo grande vuoto. Ogni lasciata è persa.
Per i detrattori siamo dei furbetti. Impenitenti, inguaribili, irrecuperabili. Ci trattano come bambini, pronti a pizzicarci con le mani nel barattolo delle caramelle. Poco importa se siamo sempre diligenti, ubbidienti, affidabili. Aspettano l’occasione giusta, lo sgarro, l’unica macchiolina su una fedina penale immacolata, per colpirci e punirci. Per loro non meritiamo alcuna fiducia. L’autocertificazione non mente.
In molti ci incasellano in un hashtag, seppur con le migliori intenzioni. La contingenza del distanziamento sociale ci rende tutti, volente o nolente, social. E quindi si dia il via alle danze! #MilanoNonSiFerma, #AndràTuttoBene, #IoRestoACasa, #IorestoInBalcone. Chi più ne ha più ne metta. Maledettissimi hashtag: hanno rovinato il piacere di giocare a tris.
Non facciamoci fregare. Noi siamo cittadini. Cittadini del nostro tempo. Cittadini a cui l’ordinamento riconosce la pienezza dei diritti civili e politici. Cittadini che esigono da chi li rappresenta rispetto, fiducia, onestà, trasparenza. Cittadini con le nostre identità che vanno ben oltre un documento: esseri umani senzienti, intelligenti, consapevoli. Cittadini di questo tempo sospeso – presente continuo richiamando la grammatica anglosassone – rivestito a suo modo della dignità di tempo. Come tale non va sprecato, bistrattato, mutilato. Secondo le parole dello scrittore israeliano Yuval Noah Harari “Quello che stiamo vivendo potrebbe rappresentare un nuovo esercizio di cittadinanza: conoscere in tempo reale il nostro stato di salute, può renderci più responsabili verso gli altri e verso noi stessi, se l’insieme di quei dati ci permette anche di valutare se le politiche dei governi sono adeguate al momento”. Essere cittadini del nostro tempo richiederà uno sforzo immane per sopravvivergli tenendo salda la capacità di declinare le nostre esistenze al futuro, ma pure per tenere la barra dritta in mezzo alla tempesta non facendoci incantare dai richiami delle sirene né dai cattivi (venti) maestri.
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