Benessere
“Gli adolescenti hanno perso la fiducia. Parliamone con manga e serie tv”
La parola chiave per stare bene è relazione e in qualche modo in questi due anni di pandemia l’abbiamo cancellata. E se per gli adulti è stato faticoso, ancora di più lo è stato per i giovani e soprattutto per gli adolescenti che hanno perso fiducia, nel futuro, negli altri, nelle istituzioni.
L’adolescenza è un periodo di transizione, durante il quale si verificano molti cambiamenti fisici e psicologici. Complessivamente viene indicata tra i 10 ed i 19 anni. È un momento fatto di esperienze personali e sociali, scoperte ma anche paure e preoccupazioni.
I prodotti culturali, fondamentali prima, durante e dopo la pandemia, sanno elaborare temi cruciali per l’adolescenza come la scoperta di sé, la costruzione dell’identità, la diversità, il sesso, l’amore, l’amicizia. Tra quelli più amati dagli adolescenti ci sono manga e serie tv. In Giappone vengono chiamati manga tutti i tipi di fumetti di qualsiasi genere e nazionalità, mentre il termine anime si riferisce alle animazioni che da quegli stessi fumetti prendono spunto. Le storie raccontate nei manga ruotano spesso attorno a personaggi che si confrontano con i nodi evolutivi tipici degli adolescenti e sono dirette, poco filtrate, proprio come le serie tv, anche se il genere narrativo è diverso. Due esempi? My Hero Academia e Skam Italia.
Alberto Rossetti, psicoterapeuta, nel suo studio di Torino, di adolescenti ne incontra moltissimi. Ha pubblicato diversi saggi che trattano il tema dell’adolescenza e delle nuove generazioni sotto vari punti di vista. L’ultimo, dedicato proprio ai ragazzi che ha incontrato e incontrerà, è “Le persone non nascono tutte uguali. Perché manga e serie tv contribuiscono a definire l’identità degli adolescenti”, edito da Città Nuova. È un libro positivo, perché apre possibilità e speranze, per i ragazzi e soprattutto per gli adulti che li accompagnano. Ne abbiamo parlato con l’autore.
Come nasce l’idea di scrivere questo libro?
Il punto di partenza è stato riscontrare una grossa crisi identitaria nei giovani pazienti che ascoltavo. Mi è venuta voglia di utilizzare queste storie che loro leggevano e guardavano per provare a parlare loro di identità e quindi delle sfide che oggi un ragazzo incontra. Dopodiché, entrando dentro manga e serie tv, ho scoperto che si poteva andare oltre. Le storie diventavano un modo per raccontare e discutere insieme ai ragazzi di quelle che sono più in generale le sfide generazionali, le questioni che sono chiamati ad affrontare. Nei manga e nelle serie tv c’erano e ci sono tutti questi contenuti.
Ma cos’è una crisi identitaria? E soprattutto cosa significa viverla nell’età evolutiva?
È un non sapere bene perché mi stanno capitando tutta una serie di cose e il non riuscire neanche a dargli la connotazione di crisi. Si tratta di “portare” tutta una serie di fatti, emozioni, situazioni che mi stanno catturando senza capire bene dove sto andando e perché e quindi senza avere una direzione. La crisi in adolescenza è normale, se però non c’è una direzione, non c’è un futuro, può diventare un qualcosa che blocca il ragazzo.
Dopo due anni di pandemia quali sono le sfide che i ragazzi fanno più fatica ad affrontare?
C’è il tema della mancata fiducia nel futuro, che è qualcosa che ha colpito molto i ragazzi. La fiducia nelle relazioni e nel potere che le relazioni possono avere per farci vivere bene il presente e la perdita di fiducia nelle istituzioni, compresa la scuola. Generalizzando è la fiducia nell’altro che è stata messa in discussione.
Le storie di ragazzi insofferenti all’ambiente scolastico sono molte, alcuni manifestano addirittura un rifiuto…
Purtroppo la messa in discussione di tutto questo, dell’ambiente scolastico, porta a chiudersi molto su se stessi pensando di potersi bastare e facendo fatica ad aprirsi e ad accorgersi che in realtà l’apertura ci fa stare bene e capire chi siamo. La crisi identitaria nasce anche da questa chiusura su se stessi e dall’impossibilità di capire qualcosa di più di se e degli altri. Mi fido molto meno degli altri e quindi il numero di amici è risicato, a scuola si può anche non andare, lo sport non lo faccio più… e alla fine rimango solo.
In un passaggio del tuo libro c’è una citazione di una tua paziente. Racconta di avere una relazione con una ragazza e che non esclude di averne una con un ragazzo in futuro, perché non è il corpo a suscitare il suo interesse. L’evoluzione della società rispetto ai temi della libertà sessuale non si scontra a volte con una maggiore difficoltà e confusione per gli adolescenti?
Direi di sì. Da un lato è molto positivo il fatto che i ragazzi ma anche gli adulti siano finalmente liberi e non costretti. È assolutamente un bene che sia una maggiore libertà e una maggiore possibilità di vivere liberamente le proprie relazioni affettive. Chissà poi perché non bisognerebbe farlo… Chiaramente, però, c’è un rischio di confusione. Un conto è sentire una dimensione sessuale, affettiva ed esprimerla liberamente, un altro è farne una bandiera ideologica. Molti ragazzi si pongono dei problemi in questo modo che potrebbero non porsi, vivendo semplicemente la loro sessualità. Non è che per forza devi chiederti se sei attratto da un maschio o da una femmina, potresti anche non domandartelo e fare ciò che senti. Oggi c’è questa dimensione ideologica ma forse è il contraccolpo normale di una serie di conquiste che stiamo ottenendo. Di sicuro racchiude in sé anche un tentativo di differenziarsi del mondo adulto. La questione dell’identità di genere si traduce in “non sappiamo che cosa siamo e possiamo essere qualsiasi cosa ma siamo diversi da voi che invece siete stati chiusi nelle vostre gabbie rosa femmina e azzurro maschio, mamma casa, papà lavoro”. Questa generazione sta prendendo le distanze da noi, marcando molto su questi aspetti. In tutto questo il timore è che poi in mezzo ci si perda e ci si perde chi davvero sta vivendo la questione in una forma più profonda e non ideologica.
Il protagonista del primo manga che hai letto (Midoriya di My Hero Academia) dice che “le persone non nascono tutte uguali” e che questa è stata la prima grande verità che ha scoperto ma anche la sua più grande delusione. Relazionarsi a se stessi e agli altri deve partire da questo presupposto, no?
C’è una diversità in ciascuno di noi ed è bellissimo che quella diversità, o meglio unicità, sia messa al centro del discorso. Dopodiché relazionarci a questa diversità non ci fa essere persone isolate, singole. Che poi è il rischio maggiore che io vedo negli adolescenti se si isolano ed è una tendenza.
Che ruolo hanno i manga oggi per gli adolescenti?
I numeri ci dicono che è un mercato che è andato crescendo. Con il covid ne siamo accorti in maniera decisa di quanto questi fumetti siano diventati al centro del mondo dei ragazzi. Io penso che piacciano perché c’è uno stacco generazionale. La maggioranza degli adulti non sa leggerli. E poi c’è un racconto che è abbastanza diretto, avventuroso, emotivo, intrigante, senza troppi filtri, tutti aspetti che fondamentalmente piacciono ai ragazzi.
C’è una differenza tra l’influenza che hanno i manga e le serie tv sugli adolescenti?
Sono racconti diversi. Ci sono alcuni ragazzi che fruiscono di tutti senza troppi problemi. Diciamo che la serie tv è un po più mainstream, arriva più a tutte le fasce dei ragazzi. Il manga, comunque, arriva a quel ragazzo che si appassiona a qualcosa che fa si che si identifichi con i lettori di manga come lui, con gli appassionati di anime, mentre la serie tv è più trasversale.
Scrivendo questo libero è come se tu avessi cambiato lo sguardo. Ti sei concentrato sugli aspetti positivi di serie tv e manga e non su quelli negativi. Spesso invece si tende a parlare di influenza negativa dei “media” sui giovani…
Esattamente, sono andato a cercare il positivo, a cercare che cosa ai ragazzi incuriosisce di quella determinata storia. Evidentemente è qualcosa che parla loro e quindi dobbiamo capire il perché parla a loro e parlare poi di quello. L’altro concetto, per me fondamentale in questo libro, è stato proprio il dire che se questi aspetti vengono trattati è perché esistono, quindi puntare il dito e affermare che non vanno bene, censurare e pretendere che i ragazzi guardino altro è come non guardare in faccia la realtà. L’esempio è la questione dell’identità di genere. Allora, prendiamo l’occasione è raccontata nelle serie tv per parlarne con loro di questi argomenti.
Cos’è restato a te di questo viaggio con i ragazzi, ma anche attraverso i manga e le serie tv che più amano?
Tanta vitalità e tanti colori. Mi è rimasta l’immagine di ragazzi che hanno appunto molta vitalità dentro. E noi dobbiamo ascoltare, accompagnare. Mi rimane la sensazione che, come per tante cose, tante della nostra vita sociale, siamo chiamati a prendere delle scelte coraggiose per andare incontro ai ragazzi e per non aumentare la distanza con loro. E sono le sfide di cui si parlava alla fine e quindi anche di arrivare alla fine del viaggio, la sensazione di aver davanti l’occasione per fare e produrre dei cambiamenti. Non fare resistenza.
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