Benessere

Gallera, il re dello “state a casa” che non dà un dato utile neanche a pagarlo

13 Aprile 2020

Approfitto volentieri del giornale che ho cofondato, nonché di internet e dei social network, per porre qualche questione alla Regione Lombardia – la regione in cui sono nato cresciuto e vivo -, e segnatamente all’assessore al welfare Giulio Gallera, cittadino di Milano, la città in cui sono nato, cresciuto e vivo.

Uso i mezzi che ho a disposizione perché assisto ogni giorno, incuriosito e impotente, ai monologhi di Gallera, in cui tra un elogio alla strategia della regione che co-amministra, e la toccante lettura delle lettere di non meglio precisati bambini che gli scrivono quanto è bravo, non c’è mai nessuno che possa fare una straccio di domanda. Nemmeno una, visto che le sue non sono conferenze stampa con giornalisti, ma dirette Facebook fatte alla presenza di colleghi di giunta, che dicono, con lui, quanto sono stati bravi, sulla soglia degli 11 mila morti, e – come lui – che se non va tutto alla perfezione la colpa è di quelli che non stanno a casa.

Allora, senza perdere troppo tempo: è così gentile, assessore Gallera, da dirci con un po’ di precisione chi sono, che lavoro fanno, e quanti anni hanno le persone che risultano “nuovi positivi” in questi giorni? Perché ormai siamo a oltre un mese dal lock down, e quindi è lecito immaginare che un buon numero di questi “nuovi positivi” risultino tali per aver contratto la malattia dopo la chiusura. Sono lombardi indisciplinati che se la sono cercata, come ci dite sostanzialmente sempre lei e i suoi colleghi tra le righe, o lavoratori che non hanno potuto evitare contatti? E nel caso, non è che – come sembra ad ascoltare voci informate – un numero importante tra questi lavoratori sono medici e infermieri, e che quindi quelli che vanno in giro senza giustificazione (che sono molto pochi, dice la polizia) non sono comunque il problema, perché il grosso dei problemi continua ad annidarsi nelle strutture ospedaliere e nelle RSA? Oppure le infezioni avvengono in casa, perché la gente resta a casa? E anche questa “preoccupazione” su Milano: anche qui, ci spiega chi sono i nuovi contagiati? Non lo sa o non vuole dircelo perché si faticherebbe a spiegare che la colpa non è di cittadini che si infettano ma, chessó, di operatori sanitari che si “infortunano” sul lavoro più indispensabile di tutti?

Ci risparmi l’ennesima predica sull’importanza di stare a casa, abbiamo capito. Stiamo a casa. Ma lei, se ritorna a fare queste patetiche dirette da Corea del Nord, abbia la cortesia di rispondere almeno a queste domande. Cruciali, lo capirà, per capire se la strategia adottata è giusta e, soprattutto, cosa può succedere in futuro. Abbia – abbiate – la cortesia di rispondere almeno a queste domande, a dire con un po’ di trasparenza come stanno le cose.

Risponda, oppure stia a casa. Anzi, ci vada, e resti là per un po’. Quando avremo bisogno, ci faremo vivi noi. Così a occhio, non sarà prestissimo.

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