Benessere
David Lazzari: “ansia, paura, insonnia, depressione: come viviamo l’emergenza”
È da circa un mese che viviamo l’emergenza sanitaria da Covid_19. Le nostre abitudini sono cambiate e il distanziamento sociale, la paura e l’incertezza sul futuro hanno portato lo stress della popolazione a livelli mai toccati. Lo “stressometro” realizzato ogni settimana dall’Istituto Piepoli per conto del Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi rileva infatti che il perdurare dell’emergenza Coronavirus porta il malessere degli italiani a un livello altissimo: il 63% si definisce molto o abbastanza stressato, un dato ancor più significativo considerando che il 43% degli intervistati denuncia un livello massimo di stress. Si definisce stressato il 64% degli intervistati del Nord Ovest, il 59% del Nord Est e del Centro, il 67% del Sud e delle Isole. Cresce quindi l’influenza della vicenda Coronavirus sulla condizione psicologica degli italiani. A livello nazionale secondo gli intervistati pesava sullo stato di stress al 62% il 24 febbraio, al 50% il 2 marzo, al 75% il 9 marzo, al 76% il 16 marzo per raggiungere oggi un’incidenza dell’82% e al Sud in particolare il Covid-19 condiziona all’88%.
Per capire come stiamo vivendo questo periodo e quali conseguenze avrà sulla nostra salute psicologica abbiamo intervistato il dottor David Lazzari, presidente del Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi e specialista in psicosomatica ed in psicologia della salute, responsabile del servizio di psicologia dell’ospedale di Terni.
Dottore, quali effetti ha o può avere l’emergenza Covid_19, a livello psicologico, sulla popolazione?
Registriamo una grande diffusione di problemi psicologici: ansia, paura, insonnia, depressione. Il 63% degli italiani si sente stressato e oltre il 40% lo è a livelli massimi. Viviamo una fase di disagio diffuso che non ha precedenti nella storia della Repubblica. In particolare tra gli operatori sanitari ci sono situazioni di forte pressione.
E le misure restrittive? Come possono essere vissute serenamente?
Le misure restrittive vanno assolutamente rispettate per contenere il contagio e accorciare i tempi di ritorno alla normalità. Detto questo, non si può negare il peso di una situazione per tutti noi inedita. Si assiste a un aumento della conflittualità familiare. La mancata o quantomeno ridotta attività all’aperto comporta un peggioramento del benessere psicofisico. Ovviamente c’è molta paura per il contagio. La preoccupazione per la situazione economica del Paese è crescente.
Come possiamo affrontare questa situazione per noi nuova?
In sintesi è necessario aiutarsi, aiutare e farsi aiutare. Ci si aiuta soffermandoci con attenzione sul proprio stato di benessere psicofisico senza sottovalutare o negare problemi come l’ansia o l’insonnia. Si deve aiutare il prossimo – i propri cari, i vicini, la comunità di appartenenza – perché la solidarietà è un fattore estremamente positivo. Infine, bisogna farsi aiutare laddove si riscontri uno stato persistente di disagio, in noi stessi o nei nostri cari, che necessità del supporto professionale psicologico. Non ci si deve vergognare o avere sensi di inadeguatezza perché è normale vivere queste situazioni nella situazione presente. E prima si interviene e meglio è, anche per cose che ora sono piccole e poi potrebbero crescere.
Come mai il livello di stress è più alto al Sud piuttosto che al Nord, dove peraltro è più diffuso il coronavirus?
L’epidemia ha avuto un impatto devastante al nord dove pure c’è una sanità di eccellenza e il tessuto economico e produttivo è più sviluppato. Come sottolineato da più parti, il dilagare dei contagi al sud avrebbe un impatto drammatico sia dal punto di vista della tenuta del sistema medico-ospedaliero sia sul piano sociale. Credo che questi fattori abbiano un grande peso sul più alto stato di stress nel mezzogiorno.
Chi soffre di patologie quali ansia generalizzata, attacchi di panico, depressione, non rischia di peggiorare lo stato della propria saluta mentale? Quali consigli si sente di dare?
Purtroppo l’emergenza sanitaria con tutte le conseguenze che sta avendo – distanziamento sociale, stravolgimento della quotidianità, difficoltà economiche – è un fattore molto negativo che acuisce i problemi già esistenti. Per questo, ripeto: sia per chi già viveva situazioni di disagio sia per chi sta affrontando ora la situazione con difficoltà va attivato un percorso di sostegno psicologico con un professionista. Prima si interviene e meglio è.
A chi può rivolgersi in questo momento di isolamento sociale chi non ha uno psicologo di riferimento?
Oltre 9000 psicologi si sono resi disponibili per consulti a distanza. Basta visitare il sito del Consiglio Nazionale dell’ordine degli Psicologi (psy.it) per accedere a un motore di ricerca e trovare un professionista alla voce #psicologionline.
Ma le persone in ospedale, malate a casa, in quarantena o in condizioni di particolare fragilità che aiuto psicologico hanno?
Questo è un problema molto serio, perché la “prima linea” ha bisogno di un intervento psicologico pubblico, strutturato e coordinato. Non può essere lasciata alla solidarietà o a singole azioni. Questo è l’attuale “buco nero” dell’assistenza psicologica, occorre mettere in rete le risorse esistenti e reclutare quelle che mancano. Il Decreto per l’emergenza consente di reclutare psicologi, basta volerlo.
Per i medici e gli operatori sanitari e le loro famiglie avete messo in campo iniziative di supporto?
Gli Psicologi liberi professionisti sono a disposizione. Ma per interventi strutturati nei contesti sanitari serve che gli psicologi siano presenti all’interno degli ospedali e dei presidi sanitari, è importante che siano inseriti anche con questo obiettivo. Lo stress di questi operatori è forte e meritano tutto l’aiuto possibile.
Quali conseguenze psicologiche questa pandemia avrà sulla popolazione quando sarà finito lo stato di emergenza?
Vivremo un’onda lunga di problemi psicologici nella popolazione, in particolare tra gli operatori sanitari e i lavoratori che sono più esposti. Va poi considerato un aspetto determinante: i problemi economici che seguiranno all’epidemia con aziende fallite, disoccupazione, crollo della capacità di spesa. Ci aspetta una situazione da dopoguerra. Ma non bisognerà solo riparare ma anche rilanciare, aiutare anche con la psicologia a sviluppare le risorse delle persone e del sistema.
La salute mentale non è troppo spesso sottovalutata? Gli atteggiamenti di panico sociale come le corse a svuotare i supermercati a cui abbiamo assistito non dimostrano che ne abbiamo troppa poca cura? Oppure sono da ritenersi fisiologici in situazioni come queste?
Il disagio psicologico esiste. Ma può essere curato, prevenuto e contenuto. Non può essere ritenuto una male inevitabile. Detto questo, siamo in una situazione di emergenza senza precedenti. Le misure di contenimento sociale sono state prese progressivamente. C’è stato un po’ di disorientamento. La corsa al supermercato c’è stata così come la corsa ai treni per tornare a casa. Sono atteggiamenti che vanno valutati alla luce della straordinarietà del contesto in cui viviamo. Ora dobbiamo gestire bene la situazione attuale di chiusura dentro casa e di progressivo ritorno alla normalità.
Ha dichiarato qualche tempo fa che la nostra società ha bisogno di buona psicologia. Cosa intendeva?
Senza benessere psicologico non c’è benessere. Dunque, un Paese civile deve poter esprimere una capacità capillare e puntuale di supporto psicologico agli utenti. Per farlo ci vuole una presenza adeguata di psicologi all’interno dei servizi pubblici, come la sanità e la scuola. Inoltre, nella popolazione deve crescere la sensibilità nei confronti del disagio psicologico. Chi sta male deve comprendere l’importanza di rivolgersi quanto prima a un professionista per affrontare il problema invece di negarlo o rimandarlo.
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