Memoria e Futuro
Until the end of the world
Le vere rivoluzioni o le vere restaurazioni non si fanno alla luce del sole, ma negli anfratti più bui delle società, nei luoghi meno illuminati. Ennesima prova di questa cosa sta non nei finanziamenti a pioggia che arrivano per l’inauguration balls del prossimo presidente americano ma dai disinvestimenti dei grandi fondi che colpiscono le energie rinnovabili. Qualcuno ha scritto, argutamente che si sta passando dal greenwashing al greenkilling, ma questa vicenda è stata erroneamente collegata all’elezione di Trump.
Si tratta, invece, di un processo che viene da lontano e che invece di essere effetto, è, forse, causa del ritorno del tycoon alla Casa Bianca. Semplicemente i ricchi, nel giro di pochi anni, si sono resi conto che il gioco “ambientalista” non valeva i rendimenti delle fonti fossili e hanno fatto velocemente retromarcia. Un esempio su tutti, già nell’aprile dello scorso anno, il Texas Permanent School Fund, fondo scolastico texano con un patrimonio di 53 miliardi di dollari, ha ritirato gli 8,5 miliardi dati in gestione a BlackRock (società che gestisce un portafoglio di circa 10mila miliardi) in quanto “colpevole” di avere firmato i protocolli Esg e di avere aderito alla rete Climate Action 100+.
Guardare le proporzioni: 8,5 da una parte, 10.000 dall’altra. Briciole, in fin dei conti. Ciononostante, questa, come altre manovre di altri fondi, ha fatto si che si creasse un effetto a cascata di proporzioni ancora da verificare fino in fondo che, prima della vittoria di Trump, veniva relegata nelle brevi sui giornali, mentre nelle ultime settimane i fondi che escono dal green si “vantano” con comunicati e report delle proprie scelte regressive.
Di certo, l’arretramento dei finanziamenti privati rischia di rallentare, molto più che le scelte governative, il rinnovamento delle fonti di energia e la sostituzione di quelle fossili, ancora dominanti. In concomitanza a questi eventi, ma è solo un caso, certamente, la serie più seguita degli ultimi mesi, negli Stati Uniti e non solo, si intitola Landman e narra le peripezie di un gestore di impianti petroliferi del Texas, un rude uomo d’affari che non perde un’occasione per definire fasulle tutte le prospettive alternative al petrolio. “Perchè è sempre stato così”, ripete continuamente il personaggio, perfetta fotografia della restaurazione prossima ventura. Until the end of the world, come cantavano gli U2.
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