L'arco di Ulisse
Sobriamente, eleggendo Francesco a resistente
“Festeggiate, ma sobriamente!”, tuona l’esecutivo. Sarebbe da considerarsi adeguato l’avverbio consigliato dal governo in merito alla celebrazione del prossimo 25 aprile? Non credo che questa ricorrenza abbia assunto qualche volta le impronte di una sfrenata festa collettiva, dove l’eccitabilità era tale da richiamare un baccanale o un lupanare di epoca antica, tanto per intenderci. In via di massima è sempre stata una manifestazione moderata, forse anche troppo tipica delle giornate commemorative, legata rigidamente al significato politico e ideologico che porta in sé, che, oltre a un valore di rinascita, conserva un contenuto di eredità storica congiunto alla sofferenza, alla limitazione della libertà e alla lotta per riconquistarla. Temi che si sono sempre conformati a una festa tutto sommato misurata e identitaria, senza mai andare oltre le righe. Eppure, non ci sarebbe stato niente di male a manifestare in piazza la gioia esagitata per aver resistito alle angherie di regime e sconfitto il fascismo. Allora perché, io, antifascista, dovrei ubbidire all’avviso governativo di essere rigorosamente sobrio celebrando quel giorno? Sobrio, dal latino sobrius, che deriva da ebrius «ebbro», che col prefisso «se» indica separazione. Ecco, il 25 aprile, tenderei a essere ebbro, non sobrio, perché risalendo l’etimo arrivo a scorgere l’entità disubbidiente e a non separarmi dallo spirito con cui, uomini e donne di questa nazione, 80 anni fa, hanno sacrificato la loro esistenza perché celebrassi come si deve, oppure, se si preferisce, come mi pare e piace, il loro sacrificio.
Non piacerebbe a Francesco, dite? Pensate davvero che il Santo Padre avrebbe preferito l’osservanza simulata del suo lutto alla gioia di onorare il sangue versato per la libertà di un popolo? Come si vede che non lo avete mai ascoltato, mai letto, mai compreso! Nell’esortazione apostolica, Laudate Deum, il Papa scrive: «La decadenza etica del potere reale è mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, meccanismi utili nelle mani di chi ha maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica attraverso di essi» Mentre, in Evangelii gaudium, afferma: «Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione.» Va da sé che Francesco sia stato un “resistente” e solo col tempo il suo magistero, tra strappi di puro marxismo sociale e cristianesimo, progressismo e redenzione, sarà valutato come il più alto nucleo di opposizione all’establishment mondiale. Naturalmente, la parte ignorante dell’ateismo superficiale, di moda nella sinistra degli anni ’70 e ’80, che ancora oggi fa risentire degli effetti disastrosi del suo atteggiamento chiuso e pregiudizievole, avrà bisogno di un tempo maggiore per riconoscere la forma e la sostanza di un pensiero da considerarsi “rivoluzionario” rispetto allo status quo delle governances globali e della stessa Chiesa. Si festeggi il 25 aprile con più entusiasmo rispetto al solito, e si inneggi a Francesco come resistente e partigiano di quest’era volgare e così minima. La domanda più indicativa e allusiva è: ci sarà ancora un pulpito così elevato per ascoltare una voce che si interessa alle vicende insane del mondo e dell’umanità?
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