
Memoria e Futuro
L’Italia è un’isola
Un po’ di tempo all’estero ogni tanto permette di rimettere in prospettiva come funziona (si fa per dire) il nostro paese. È capitato anche a me, che settimana scorsa mi sono trovato per qualche giorno in Gran Bretagna, e ho potuto constatare come il senso di comunità in un paese storicamente individualista sia molto più forte rispetto a quello sbandierato dalla nostra cultura familistica amorale.
Da noi, il senso della comunità è storicamente radicato in valori come la famiglia, le tradizioni locali e lo spazio condiviso del “paese” o del quartiere. Le piazze, le feste patronali e il cattolicesimo hanno plasmato un tessuto sociale basato sulla prossimità e sulla solidarietà informale. Al contrario, in Gran Bretagna, la cultura individualistica e il celebre “stiff upper lip” hanno spesso favorito un maggiore distacco nelle relazioni sociali, con un welfare state che, almeno nel secondo Novecento, ha compensato la minore interdipendenza comunitaria.
La pandemia mi pare però ribaltato queste dinamiche. In Italia, dove il legame comunitario era già in declino prima del COVID-19—con l’indebolimento delle parrocchie, lo spopolamento dei borghi e l’aumento della solitudine tra gli anziani—il lockdown ha accelerato la frammentazione. L’isolamento prolungato, la crisi economica (con disoccupazione giovanile al 23%) e la sfiducia nelle istituzioni hanno esasperato le disuguaglianze, spingendo molti a ripiegarsi sul nucleo familiare ristretto. Le tensioni politiche, come il dibattito sui green pass, hanno ulteriormente diviso, mentre il calo demografico (oltre 400mila morti in più nel 2020-2022) ha lasciato cicatrici profonde.
In Gran Bretagna, nonostante un bilancio pandemico drammatico (oltre 200mila decessi), la risposta collettiva ha sorpreso. Nel 2020, oltre 4.000 gruppi di mutuo aiuto sono nati spontaneamente, coordinati da piattaforme come **COVID-19 Mutual Aid UK**, coinvolgendo milioni di volontari nella consegna di farmaci e generi alimentari. Il sistema sanitario pubblico (NHS) è diventato simbolo di unità, con iniziative come “Clap for Carers” che hanno riavvicinato i cittadini. Anche il processo vaccinale, organizzato con efficienza, ha rafforzato la coesione.
Questo rinnovato spirito comunitario britannico sembra radicarsi in una rilettura delle crisi recenti: dalla Brexit alle proteste Black Lives Matter, la società britannica ha riscoperto il valore del dialogo e dell’azione collettiva. La pandemia, in questo contesto, ha funzionato da catalizzatore, trasformando il pragmatismo individuale in responsabilità condivisa. Tant’è che proprio la scorsa settimana si è celebrata la ricorrenza dell’inizio della pandemia. Da noi viene ricordata solo dai complottisti (in rete e sui quotidiani) per ripetere che avevano ragione loro.
In Italia, invece, la combinazione di fragilità preesistenti e gestione emergenziale poco trasparente ha eroso la fiducia. Senza un progetto condiviso di ricostruzione sociale, il Paese fatica a reinventare spazi di aggregazione, sebbene alcune realtà locali—come i patti di collaborazione tra cittadini e comuni—tentino di riattivare partecipazione.
La Gran Bretagna dimostra che le crisi possono rinsaldare legami, ma serve una visione che vada oltre l’emergenza. Serve un nuovo “patto sociale” (difficile da realizzare vedendo chi ci sgoverna), senza il quale il rischio (quasi una certezza, oramai) è che il Belpaese perda un pezzo essenziale della sua identità.
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