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Memoria e Futuro
La strategia della scappatoia
La vicenda della legge regionale toscana sul fine vita ha toccato più di un nervo scoperto nella politica nazionale e ha messo in mostra ancora una volta quale sia la strategia di chi si oppone a qualsiasi regolamentazione sul tema.
Se da una parte l’azione di chi vuole che ci sia una norma nazionale è stata, nell’attesa, di proporre leggi a livello regionale (rompendo sul tema anche la solidità delle coalizioni di centro destra al nord), la tattica utilizzata dai “difensori della sacralità della vita” (come spesso si auto definiscono) si è caratterizzata da decenni oramai non nel contrasto diretto, o nella proposizione di leggi che stabilissero regole precise contro pratiche da loro definite eutanasiche, ma nel fare una sorta di “resistenza passiva”, sfruttando ogni possibilità che il vuoto legislativo consente loro per frenare quello che forse anch’essi vedono come inevitabile.
Per questo motivo, il governo più conservatore che ci sia stato mai in Italia non ha fatto del tema un cardine della sua azione riformatrice, ma si è limitato a rintuzzare, più a parole che con i fatti, coloro che invece vogliono che si dia seguito alla sentenza della Corte Costituzionale sul tema, che più di un lustro fa chiedeva al Parlamento di legiferare sull’argomento.
Intendiamoci, non è solo colpa di questo governo, neanche dalle parti dell’opposizione ci si muove come un sol uomo, vista la presenza di diversi devoti (più che altro al voto cattolico).
In questa vicenda ritroviamo una strategia tipica del nostro carattere politico, quella della “scappatoia”. Raramente nel nostro paese, sui più diversi argomenti, troviamo coalizioni consolidate e granitiche su di una posizione precisa. Pensate alle ultime vicende, tragiche, dei conflitti in Ucraina e Israele. O, ancora, le elezioni in Germania. Da ogni parte, c’è sempre uno che la pensa in maniera “autonoma”, fragorosamente “autonoma”. E, d’altra parte, nessuno dei partner che gliene chieda conto, perché…non si sa mai, cosa porta il domani.
Tutti a parlare di Salvini, dopo il mezzo successo di Afd, ma pochi si sono ricordati che Giuseppe Conte aveva amoreggiato fino a pochi mesi fa con la fuoriuscita dalla Linke (e oggi anche dal parlamento tedesco) Sahra Wagenknecht, portandogli bene, come si vede dal risultato di domenica.
Così come pochi si sono chiesti come la pensa davvero Conte su fine vita e temi etici. Anche perché, nonostante quanto si sforzi (e si sforzino i giornalisti che lo intervistano), è proprio difficile tiragli fuori un pensiero limpido e cristallino su qualsiasi tema, da degno erede della tradizione moro-leguleleia. Anche quando si lancia in intemerate in Parlamento o nei confronti dei poveri giornalisti che lo intervistano, alzando la voce e sbarrando gli occhi, si vede che non è nella sua comfort zone, come dicono quelli a la page.
Anche così si sgoverna un paese, senza idee e principi saldi.
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