Memoria e Futuro
La concha de la democracia
Tempi grami, per la democrazia. Non che sia una cosa recente, in realtà. E’ sempre stato un soggetto fragilino, pronto a piegarsi sotto ogni refolo di contestazione, ma altrettanto pronto a riprendersi appena ne avesse l’occasione, magari dopo qualche lustro di maltrattamenti. Almeno, è stato così nel novecento, dove alla crisi della prima metà del secolo segui il periodo oggi noto storiograficamente come l’età dell’oro quando la crescita economica diffusa portò a un miglioramento delle condizioni di vita per ampie fasce della popolazione, l’allargamento dei diritti civili e sociali consentì a molte persone di esprimere se stesse e di partecipare attivamente alla vita politica e sociale, l’esplosione culturale e artistica arricchì la vita di milioni di persone e lasciò un’impronta indelebile sulla storia e la fiducia nel futuro e la speranza in un mondo migliore erano sentimenti condivisi da molti.
Dagli anni ottanta in poi di fatto la democrazia mondiale va in crisi, sotto la spinta di coloro che hanno voluto la riduzione del ruolo dello stato, dei governi e della politica nella gestione dell’economia delle nazioni (e nel frattempo hanno favorito la nascita e lo sviluppo di colossi multinazionali più potenti dei singoli stati) e nell’anomizzazione delle persone, che contrasta uno sviluppo della società come comunità, spingendo i singoli a compiere le proprie scelte, anche politiche, sotto l’influsso delle emozioni e delle sensazioni, abbandonando razionalità e dati oggettivi.
Col passare del tempo si palesano le conseguenze di questa crisi mondiale che esplode all’inizio del ventunesimo secolo dando spazio a soggetti come quello rappresentato magnificamente in questa canzone di qualche anno fa di Samuele Bersani.
Nonostante gli alti lai che seguono ogni elezione in cui si raggiunge un nuovo minimo di partecipanti, nessuno dei protagonisti alla politica nazionale ed internazionale degli ultimi vent’anni ha messo in moto meccanismi che permettano di risolvere la crisi in cui essa vive e che ha portato all’aggiunta di aggettivi per definirla, democrazia “autoritaria”, democrazia “reale” e via dicendo, dimenticando quello fondativo, ovvero “liberale” (do you remember “separazione dei poteri”?). Di fatto, a differenza di quello che sosteneva il claim del Washington Post ai tempi della prima elezione di Trump a presidente, la democrazia muore nell’indifferenza.
Galleggiamo in questo limbo e quelli che oggi arrivano al potere (sempre che di potere si tratti, e non di semplice rappresentazione) sono i figli di questa deriva. Una deriva che andrebbe descritta con una parafrasi di un ben noto insulto latino americano: “La concha della democracia che te pariò!”
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