Memoria e Futuro

Il potere logora anche chi ce l’ha

di Marco Di Salvo 7 Gennaio 2025

E, quindi, all’alba del 2025, anche l’ultimo dei brillanti rampolli della politica mondiale ha deciso di gettare la spugna. Justin Trudeau, primo ministro canadese da dieci anni, ha lasciato l’incarico di capo del Liberal Party e si prepara a lasciare la guida del governo a chi verrà eletto suo successore. Una decisione che chiude un’era, visto che, nel giro di dieci anni, quasi tutti i leader (allora) poco più o poco meno che quarantenni sono stati via via impallinati e sostituiti.

Resistono (aggrappati con le unghie e coi denti) solo Macron (che allora era un arrembante ministro dell’economia socialista, pronto a farsi largo nella politica nazionale) e Sanchez. Il primo grazie alla blindatura della presidenza della Repubblica, il secondo ad alchimie e maggioranze composite, che reggono anche sulla frammentazione dell’opposizione. Tutti gli altri sono ridotti, nella migliore delle ipotesi, a figure di contorno della politica nazionale, quando non sono spariti del tutto dallo scenario.

Ma vi ricordate quell’inizio del 2015? Renzi portava avanti la battaglia per il referendum costituzionale (grazie anche al successo elettorale delle europee dell’anno precedente), Tsipras si preparava a diventare presidente del consiglio in Grecia, David Cameron si bullava degli avversari laburisti e preparava a dare il contentino agli isolazionisti immaginando un referendum sulla Brexit che avrebbe calmato i bollenti spiriti di chi voleva uscire dall’UE, com’era successo con il referendum per l’indipendenza in Scozia l’anno prima. Niente sembrava turbare l’ordine costituito. Erano giovani, arrembanti, vogliosi di segnare il futuro con la loro azione politica.

Poi, l’alba del 7 gennaio, un gruppo di satiri un po’ male in arnese, alla guida di un settimanale sempre più in crisi nelle edicole francesi per il suo intransigente laicismo e il non guardare in faccia a nessuno (eravamo anche all’alba di quel politically correct che si è via via trasformato in censura e mancanza di confronto), viene attaccato da un gruppo di terroristi islamisti “born e bred” in Francia. Per due giorni Parigi è sotto choc, mentre si susseguono altri attacchi in giro per la città. Ma, aldilà delle manifestazioni spontanee di solidarietà delle prime ore, nei confronti della vittime, poca riflessione ci fu (e c’è ancora) nei confronti dei motivi per cui quell’attacco fu sferrato. Un attacco alla libertà d’espressione che, anche per alcuni dei “buoni” è stato la scusa per prendere le distanze dalla libertà d’espressione stessa, non si sa se per disprezzo o per paura.

Ecco, nella mancata solidarietà assoluta nei confronti di quelle vittime, nei distinguo, nella voglia di non tollerare l’estrema satira, c’è, in nuce, quello da cui siamo afflitti oggi. Quel distacco ha legittimato altro tipo di attacchi alla democrazia, alla sua presunta debolezza, che hanno fatto da culla a tutto quello che è seguito dopo; Brexit, Trump, crisi dei sistemi democratici, risveglio delle autocrazie (che non sarebbero oggi così “presuntamente” forti se non avessero trovato terreno fertile nella crisi delle società occidentali), verità alternative ed il resto che accompagna questi giorni.

E la combinazione, inevitabile, tra l’anniversario dell’attacco al Campidoglio di quattro anni fa con la certificazione dell’elezione di Trump è la pietra tombale di una generazione politica sorta dieci anni fa e incartapecoritasi più velocemente di quanto si potesse immaginare, segno che il potere logora anche chi ce l’ha.

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