Memoria e Futuro
Il potere e l’immagine
Nel giro di un mese abbiamo capito quale sarà la più grande rivoluzione che mette in campo Elon Musk nella politica americana e non solo. Lo sdoganamento della visibilità parassitaria come strumento di legittimazione del proprio potere.
Una volta le figure che contribuivano alla vittoria di candidati, anche i più improbabili, con tutti i mezzi a loro disposizione, una volta conquistato il potere, amavano stare nell’ombra. Anzi l’ombra era di per sé stessa dimostrazione di potere, scelgliendo di agire dietro le quinte, piuttosto che sotto i riflettori, pur cercando comunque di influenzare l’opinione pubblica per i propri scopi.
La loro visibilità era limitata, ma il loro impatto sicuramente significativo. Questo approccio “dietro le quinte” è una forma di potere discreto, dove l’influenza viene esercitata senza la necessità di apparire in prima linea.
Ora facciamo per un attimo un tuffo nel passato del nostro paese. Nella storia della televisione italiana, all’inizio tra gli anni ’80 e ’90, emersero figure che sfruttavano il contesto dei telegiornali o delle trasmissioni d’informazione per costruirsi un’immagine pubblica, pur senza ricoprire ruoli giornalistici veri e propri. Li vedevamo mettersi in mostra dietro l’inviato che raccontava l’evento, interpretando il ruolo di spettatore o, in alcuni casi di disturbatore del giornalista al lavoro. Gabriele Paolini, Mauro Fortini e Alessandro Cocco, per fare solo qualche nome, hanno stazionato per anni dietro i giornalisti a volte litigandoci (soprattutto il primo), ma spesso solo per il gusto di esserci e farsi vedere.
Questo meccanismo, per una strana associazione di idee, mi ha ricordato da vicino le recenti foto generate dall’intelligenza artificiale (e purtroppo pubblicate come buone da agenzie di stampa e mezzi di comunicazione) che ritraggono Elon Musk in contesti in cui non è mai stato: accanto a Donald Trump e Netanyahu, in iniziative benefiche o persino in situazioni surreali.
Come i personaggi televisivi “parassiti”, Musk – o chi gestisce la sua immagine – sfrutta la potenza visiva e narrativa di un medium (in questo caso l’IA) per mantenere una presenza costante nell’immaginario collettivo, bypassando la necessità di un’azione reale. Le foto finte, diffuse sui social, creano l’illusione di una partecipazione attiva, alimentando la percezione di un’ubiquità mediatica.
In entrambi i casi, ciò che conta non è la sostanza, ma l’effetto di riconoscibilità e l’occupazione simbolica dello spazio pubblico. I “parassiti” della visibilità dietro gli inviati dei tg italiani giocavano con i codici formali del giornalismo per legittimarsi; Musk usa l’IA per espandere il suo mito oltre i limiti fisici, in un’epoca in cui l’autenticità delle immagini è sempre più labile. La differenza sta nella posta in gioco: se i primi agivano in una cornice chiaramente parodistica, le foto di Musk giocano ad alterare la percezione della realtà, confondendo volontariamente i confini tra vero e falso.
Non so voi, ma a me la prospettiva di avere Gabriele Paolini alla Casa Bianca all’orecchio del Presidente degli Stati Uniti non mi fa dormire sonni tranquilli…
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