Memoria e Futuro
Il Centro di Natale
Erano giorni di festa, ma nel cuore di Don Benedetto regnava un gelo più intenso di quello invernale. Il suo studio, un labirinto di volumi polverosi e ritratti di pontefici, era avvolto da un’atmosfera di cupa solitudine. Don Benedetto, figura di spicco nella politica vaticana e nazionale, era un uomo di fede incrollabile, ma il suo zelo religioso sembrava essersi trasformato in un’arma spuntata.
Ogni Natale, la sua casa si animava di canti e risate, ma quest’anno il silenzio regnava sovrano. I suoi discorsi, un tempo infuocati e appassionati, si erano via via trasformati in stanchi rituali. La tradizione cattolica, che aveva sempre guidato le sue azioni, non sembrava più scaldare i cuori, come una volta, all’elettorato di centro, che si divideva, ingrato, tra destra e sinistra.
La vigilia di Natale, mentre la neve scendeva copiosa sui tetti della città, Don Benedetto si ritrovò davanti a un camino spento, il cuore oppresso da un senso di vuoto. All’improvviso, una figura emerse dalle ombre: era lo spirito del Centro, apparso come un fantasma.
“Benedetto,” iniziò lo spirito con voce profonda, “ricordi quando da seminarista vivevi tranquillo, sotto le insegne dello Scudo Crociato?”
Don Benedetto abbassò lo sguardo. “Certo!”
“Eppure,” continuò il fantasma, “oggi vedo in te solo un prete buono per i talk show de La7, più interessato alla visibilità che alla rinascita di un partito moderato. Hai dimenticato i valori che ci hanno unito?”
Lo spirito del Centro condusse Don Benedetto in un viaggio nel passato, mostrandogli le sue prime battaglie politiche, combattute con passione e convinzione. Ma gli mostrò anche come, col passare del tempo, si fosse arrugginito, trasformandosi in un freddo stratega pronto ad appoggiare ogni causa di ricostruzione di un fantomatico Centro, ma senza alcun entusiasmo. Gli ricordò l’Asinello di Prodi e Parisi, il convertito Rutelli e il fedele Casini, il neocentrista Gianfranco Fini con Futuro e Libertà, i tentativi di Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro, poi Renzi e Calenda. Infine gli fece vedere le masse del mitico 8/10% dell’elettorato moderato pronto a votare chiunque si faccia capo dell’altrettanto mitica area centrista.
Don Benedetto, sconvolto dalle visioni, si ritrovò nuovamente di fronte al camino spento. Lo spirito del Centro era svanito, lasciandolo solo con i suoi pensieri. Ma qualcosa era cambiato in lui. Il gelo nel suo cuore aveva iniziato a sciogliersi, e al suo posto era sbocciata una nuova speranza. il suo nome era Ernesto Maria Ruffini.
Non siamo impazziti, non vi preoccupate. E’ che ogni volta che sentiamo e rileggiamo di rinascita del Centro in Italia, ci viene in mente il racconto di Dickens Il Canto di Natale. Lì c’erano tre spiriti, presente, passato e futuro. In Italia, mi sa, ne restano a malapena due. Del futuro del Centro, ad occhio, non c’è traccia, nonostante l’entusiasmo per ogni nuovo possibile leader dell’area. Realistico come l’esistenza di Babbo Natale.
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