L'arco di Ulisse

Il Barbero di Bottura (Non è un vino)

di Oscar Nicodemo 9 Aprile 2025

Succede che lo scorso 5 aprile, a Roma, nel corso della manifestazione organizzata dal Movimento 5 Stelle contro il “Piano del riarmo europeo”, il professore Alessandro Barbero interviene, mediante un video, per sostenere i motivi della protesta. Lo storico sostiene che la nostra epoca, con il richiamo agli armamenti, stia ripercorrendo i momenti che hanno preceduto lo scoppio della prima guerra mondiale. La congettura di Barbero è stata contestata da più parti e bollata come fuorviante e non storicamente attendibile. E fin qui niente di improbo. La libertà di espressione, fino a prova contraria, è consentita, il diritto di critica anche. Ma, alcuni giorni dopo, accade che Luca Bottura, giornalista e anche autore satirico, aderisce al filone di critica nei riguardi di Barbero in una maniera alquanto sconveniente e disonesta, giustificandola come una provocazione satirica. Bottura pubblica sui propri canali social un deepfake del videomessaggio divulgato dal professore nella manifestazione di Roma. In pratica, il video risulta digitalmente alterato: le parole di Barbero sono state totalmente modificate dalla AI, pur se pronunciate con la stessa voce e tonalità, da sembrare verosimili. Nella versione falsificata del suo pensiero, lo storico ricostruisce l’origine della guerra russo ucraina, affermando, in sostanza, che quello in atto sia un conflitto scaturito per opporre una difesa alla politica aggressiva ed espansionistica del Cremlino. Lo stesso Bottura ha lanciato il video con questo commento: «Un Barbero da sogno sulla guerra in Ucraina. Parole sante».

L’intervento in video del contraffatto Barbero dura 3 minuti e 58 secondi, e solo alla fine, precisamente al minuto 3:44, compare la scritta «Ovviamente tutto ciò è frutto dell’Intelligenza Artificiale». La falsità, dunque, la contraffazione e la simulazione di dichiarazioni pronunciate artificiosamente da un intellettuale e un professionista serio, che nella sua immagine clonata contraddice se stesso, viene ad assurgere nella miserabile concezione di satira dell’autore del misfatto, un significato di disarmante scioccaggine da considerarsi prossima alla slealtà e alla maniera più subdola di comunicare contenuti. Naturalmente, una persona avveduta noterà che nel video in argomento il movimento delle labbra del parlante non corrisponde con aderenza alle parole pronunciate, ma questo resta pur sempre un elemento che non scongiura affatto la possibilità che una simile bricconata possa essere scambiata per un video reale e autentico. Ora, fermo restando che esiste una crisi di significato in quasi tutti i settori della comunicazione culturale, al punto che non si capisce quali siano le istanze che gli scrittori, i critici e gli osservatori di ogni sorta debbano rappresentare nella loro autenticità, mi chiedo, sant’Iddio, come si possa far passare per satira, o, peggio ancora, per provocazione, qualcosa che non ha niente dell’intelligenza naturale di un creativo, meno che mai di una persona semplicemente di buon gusto.

Eppure, non dovrebbero esserci dubbi sul fine e la qualità della satira, considerato che quotidianamente e anche attraverso i social network, televisioni e giornali, ne abbiamo un vasto campionario di esempi, e diversi di buona fattura.  Non dovrebbe essere complicato, pertanto, capire che la satira non è mai mistificazione e alterazione della realtà, ma pura critica che adopera il sarcasmo, l’ironia e spesso la comicità, giammai la disonestà. Ed è una pratica piuttosto complessa che non dovrebbe essere veicolata da persone artisticamente e idealmente limitate, giacché, in teoria, avrebbe anche un intento moraleggiante, chiamando in causa dei criteri di profonda razionalità, come gli esercizi retorici necessari per suscitare straniamento e riso. In quest’epoca così minima bisognerebbe saper cogliere gli elementi più suscettibili di critica, per riuscire finalmente a essere intelligentemente polemici e dissacranti, così come facevano gli antichi padri. E per padri intendo Quinto Ennio, Marco Pacuvio, Gaio Lucilio, vissuti nel III e II sec. a. C. «Satura quidem tota nostra est » (facilmente traducibile in «La satira infatti è tutta nostra»), scriveva Quintiliano nel libro X dell’Institutio oratoria. Con queste parole, uno degli autori latini più noti del I secolo d.C. rivendica la paternità romana del genere della satira. Se, infatti, tutti gli altri generi praticati nella letteratura latina sono di importazione, in special modo ellenistica, la satira vede la sua nascita a Roma senza che vi sia un diretto corrispondente nel mondo greco. Ma, la tradizione, a quanto pare, non funge da deterrente alla bruttura, e, nella più assurda stonatura, il mainstream offre il peggio di Bottura.

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