Memoria e Futuro

I ViPoveretti

di Marco Di Salvo 13 Gennaio 2025

Hanno fatto scalpore e scatenato empatia anche nel nostro paese le immagini dei roghi di Los Angeles e i notiziari di ogni ordine e grado hanno passato per giorni i video delle fiamme e delle comunità bruciate, condite dalle vibrate proteste dei proprietari nei confronti delle autorità costituite, come il governatore della California e la sindaca di Los Angeles. Raramente si è vista tanta commozione dalle nostre parti nei confronti di una tragedia di queste dimensioni, soprattutto se avvenuta a così tanta distanza da qui, dimostrando per l’ennesima volta che la solidarietà per i ricchi e i famosi è sempre più forte che per chi vive in condizioni di costante disagio, come i senzatetto della stessa area o gli sfortunati protagonisti di tragedie altrettanto (se non più) gravi in altre parti del mondo.

L’approssimarsi dell’entrata alla Casa Bianca di Donald Trump ha reso tutto più simbolico e dato un’immagine plastica della disruption promessa dal vincitore delle presidenziali del 2024, se immaginiamo che dalle parti dei roghi, tra le ville sul mare e nelle località riservate di Santa Monica e delle colline di Los Angeles si sono concentrati in questi anni il maggior numero di oppositori alla figura del tycoon e, conseguentemente, dei finanziatori del Partito Democratico.

Non c’è più lo splendore hollywoodiano, ma un bagliore cupo e minaccioso che arriva dalle coste più esclusive della California. Le fiamme, incontrollabili e voraci, hanno divorato dimore da sogno. Non è stato un incendio qualsiasi, ma un rogo che si è via via propagato come un’onda di rabbia, un simbolo tangibile di una rivolta silenziosa che pare lontana dallo smorzarsi. Una rivolta che ha coinvolto gli stessi proprietari che, smessi i panni dei benefattori progressisti, hanno lamentato la distorsione dei fondi previsti per le calamità naturali alla risoluzione delle problematiche legate ai senzatetto (che, detto per inciso, sono il problema nascosto in piena vista più serio degli Stati Uniti e della California in particolare), come fossero redneck repubblicani.

È un vento caldo e secco, quello che pare impedire a roghi di fermarsi e che intensifica le fiamme e rende difficile spegnerle. Il destino del fuoco di Los Angeles è incerto. Potrebbe spegnersi da solo, lasciando dietro di sé solo cenere e macerie. Oppure potrebbe diffondersi, incendiando altre città e regioni.

Questo vento fa il paio con la rabbia e la frustrazione di molti dei proprietari delle mansions ridotte in cenere, che si sono scatenati contro i loro beniamini, con conseguenze disastrose per il già moribondo partito dell’asinello. Se non ci saranno particolari novità nei prossimi anni, questi incendi mettono probabilmente fine, prima del tempo, ai sogni di gloria per Gavin Newsom, attuale governatore californiano e tra i papabili della candidatura del 2028.

In controluce, anche la conversione della Silicon Valley ai desiderata di Trump è un altro incendio che non si spegnerà velocemente e che rischia di trasformare il secondo ed ultimo mandato del palazzinaro newyorkese nell’inizio di un duraturo regime. Il “vento populista”, che soffia su questo fuoco, e che anche in questa occasione ha giocato con le notizie false (che hanno trovato spazio libero nei social neoconvertiti alla libertà di menzogna) rappresenta una forza politica che si alimenta delle frustrazioni e delle paure delle persone. E che vede già in J.D. Vance l’interprete perfetto del sequel di questo film distopico.

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