Memoria e Futuro

I Fuoriposto

di Marco Di Salvo 6 Febbraio 2025

La sensazione più profonda che viene dal dibattito parlamentare di ieri sulla vicenda del libico rimandato in fretta e furia nel suo paese dopo essere stato fermato è quella del disagio.

Ma non il mio, quello di alcuni dei protagonisti di questa rappresentazione parlamentare. Il disagio innanzitutto del ministro della giustizia che, forse, essendo un magistrato in pensione ancora non ha capito il suo ruolo di rappresentante politico istituzionale, che quindi si è messo a discettare sulla vicenda con argomentazioni più adatte alle aule di tribunale che a quelle parlamentari.

Quello di due ex presidenti del consiglio, a cui evidentemente stanno stretti i miseri scranni parlamentari a cui sono relegati e si fanno in quattro per acquisire visibilità di rimbalzo nelle cronache televisive, dovuta a qualche urlo strozzato (perché incapaci di urlare) o a paragoni letterari sempre più telefonati. Bei tempi, quando bastava sussurrare per essere ascoltati dove c’è la gente che conta. Ora si sta all’opposizione ed è tutto in salita. E, forse, tutto inutile.

Quella della leader del maggior partito di opposizione, ancora insicura quando alza lo sguardo dal testo preparato in anticipo (segno di un dibattito preconfezionato) e si lancia in improvvisazioni che si perdono stonate rimbalzando tra gli scranni distratti.

Ma, soprattutto, il disagio dell’assente, invocata ad ogni piè sospinto. Ma credete davvero che ieri la presidente del consiglio, finito (come raccontano nel agenzie) “il vertice di governo nella quale sono stati previsti 7000 nuovi posti nelle carceri nei prossimi tre anni” (come? con che criterio? con che scadenziario? con quale presenza di operatori carcerari? con quante assunzioni? Ah, saperlo…), vedendo la diretta del dibattito in Parlamento non abbia sospirato, accendendosi l’ennesima sigaretta, “Certo, si c’ero io all’opposizione, ma sai che c**o je facevo a sti rin****niti al governo?”

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