L'architettura e noi
Contro una visione aziendalistica dell’architettura
È con grande aspettativa e curiosità che ho ordinato il recente libro Disegnare il cambiamento 1994 – 2024, “un viaggio tra società, tecnologia e architettura” di Massimo Roj, e contributi di Mario Calabresi, Luca De Biase, Paolo Di Paolo, a cura di Chora Media e Will. In realtà, come avrei potuto intuire dal pretenzioso titolo, si tratta di una pubblicazione aziendale di Progetto CMR, una società di “progettazione integrata”, cioè una forma di assistenza che segue il progetto dall’inizio alla fine, con i necessari contributi interdisciplinari.
La Società CMR esplica un ruolo professionale non certo sconosciuto, ma ne fa il centro della prassi progettuale, relegando l’architettura ad una variabile, per la filosofia che esprime, per così dire effimera. Non importa quale architettura, importa l’integrazione delle diverse funzioni progettuali ed esecutive.
È inevitabile una visione aziendalistica dell’architettura stessa, a scapito della sua visione societaria e umanistica. L’architettura viene assegnata al processo e non costituisce un processo essa stessa. Nell’architettura come noi la intendiamo, invece, vi sono “tendenze” e tensioni, non tutte comprimibili nella rigida logica aziendale. Come fanno invece ad avere una tendenza quelle architetture che non “esitano” culturalmente tra presenza e proiezione di se stesse, ma che vengono da subito integrate nel ciclo del pragmatismo? Quella esitazione che in poesia è “tra il suono e il senso”.
Una architettura vale l’altra per questa filosofia pragmatica. Che tende a ridurre le differenze a un vezzo grafico. O meglio: quella della semantizzazione grafica sembra essere l’unica e omologante tendenza delle architetture qui rappresentate. Dell’architettura oggi? L’aziendalismo comprime lo spazio o lo rende introverso, non esprimibile, perché la grafia deve balzare in primo piano, evidenziando differenze che sono solo varianti.
Poi ci accorgiamo che, nel libro, vengono indicati “10 punti per lo sviluppo di una architettura sostenibile”: in quanto ovviamente “sostenibile” deve essere. E scopriamo che tra questi punti ci sono: cambiamento, mix funzionale, trasporti, progettazione, qualità.
Niente di nuovo quindi, se non di facciata.
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