Memoria e Futuro

De Gasperi alla vaccinara

di Marco Di Salvo 18 Aprile 2025

Sin da subito, nel tardo pomeriggio di ieri, le reazioni all’incontro Trump-Meloni alla Casa Bianca mi sono sembrate un tantino sopra tono. Anche dall’opposizione (di stampa e parlamento) i complimenti si sono sprecati. In alcuni casi pelosi, visto che probabilmente servono a chi li ha fatti a sovrastimare i risultati ottenuti a parole per poi poter colpire più duramente in caso nessun risultato al programmato incontro di Roma. Certo, c’è una notevole differenza, dai tempi in cui, subito dopo la seconda guerra mondiale, andavamo a Washington a chiedere aiuti al potente neoalleato americano.

Nel 1947, Alcide De Gasperi volò negli USA su un aereo traballante, con la benzina finita alle Azzorre e un discorso in inglese ripetuto a mezz’aria, per chiedere letteralmente il pane a Truman. Settant’anni dopo, Giorgia Meloni atterra a Washington su un jet di Stato, pronta a negoziare dazi e gas con Trump, dove il suo trionfo è… non essere stata insultata in conferenza stampa. Ecco un parallelo surreale tra due epoche, dove l’eroismo si misura in assenze di figuracce e gli aiuti economici si trasformano in like diplomatici.

De Gasperi, atterrato in America, rimase sconvolto dal vassoio della colazione in hotel: yogurt, croissant e una frittatina per una sola persona. «Papà, hanno sbagliato, questo è per due!», gridò la figlia Maria Romana, abituata al pane biscottato del dopoguerra. Meloni, invece, ha probabilmente trovato un cappuccino artigianale e un avocado toast, ma il suo “successo” è stato evitare che Trump twittasse contro di lei durante l’incontro. Se per De Gasperi l’abbondanza americana era un miracolo, per Meloni è bastato non finire nel mirino dei meme.

De Gasperi ottenne un assegno da 100 milioni di dollari dopo giorni di silenzi imbarazzanti, quando Truman gli consegnò i fondi solo all’ultimo, convinto dalla sua integrità antifascista. Meloni, invece, ha strappato una promessa di visita di Trump in Italia e una ipotesi di dialogo sui dazi in quella occasione, rinnovando la tradizione di host (senza rilievo politico internazionale effettivo), inaugurata dal Berlusconi degli anni d’oro.

Ma il vero trofeo? Aver evitato epiteti come “parassita” o “incompetente”, destino toccato a leader come Zelensky o il premier irlandese. Oggi, non essere umiliati vale quanto un prestito miliardario.

Certo, De Gasperi lottava contro la fame, la ricostruzione di città distrutte. Meloni, invece, ha approfittato dell’incontro anche per evidenziare il comune sentire con Trump per la guerra alla “cultura woke”, tema alla fine cardine del bilaterale. Se allora il nemico reale era il comunismo sovietico, oggi è un fantasma ideologico: il pericolo rosso ha lasciato il posto a quello arcobaleno.

Nel 1947, De Gasperi affrontò l’ira dei comunisti in Parlamento, come quando Pajetta gli urlò «Tu, De Gasperi!» e lui rispose: «Un momento, giovanotto, mi dia del lei». Meloni, invece, ha gestito Trump che elogiava la sua leadership mentre attaccava Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, per i tassi d’interesse. Il suo exploit? Aver sorriso senza scomporsi mentre lui sbandierava comunque i dazi, a tutt’oggi solo sospesi, come trofei.

Alla fine, nell’immediato De Gasperi riuscì a dirottare una nave cargo di farina verso Napoli, salutato da una folla che gridava «Viva De Gasperi!». Meloni dopo l’incontro torna a casa con il solito “complimento” di Trump («Una dei veri leader del mondo!») e quella vaga promessa di un vertice Ue-USA a Roma. Se allora il successo si misurava in tonnellate di grano, oggi basta un hashtag [#MeloniTrumpBesties] per dichiarare vittoria.

Se De Gasperi rappresentava un’Italia che rinasceva dalle macerie, Meloni incarna un’epoca in cui la politica è un reality show dove non essere cancellati da un post è la nuova ricostruzione. Ironia della sorte: mentre il trentino rischiò la vita e la carriera politica per il pane, la premier moderna festeggia perché Trump non l’ha definita “un’altra stracciona europea”. E forse, in un mondo di simboli vuoti, questo è già un miracolo.

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