Fiorese, aura di bovisa, edito da maggioli (2022)

Aura di Bovisa, Fiorese sulle tracce di De Finetti ci racconta Milano

di Cristoforo Bono 11 Aprile 2025

Sono rare, dopo quelle di Giuseppe De Finetti (raccolte in un volume Hoepli del 2002), le “descrizioni” di Milano e delle sue diverse zone. Pasolini diceva “descrizioni, altro i libri non sono”. Questo recente libro di Giorgio Fiorese, già docente presso il Politecnico di Milano Aura di Bovisa, Produzione Conoscenza Figurazione, Maggioli 2022, colma questo vuoto per quella grande enclave milanese che è stata – ed è – un vero mondo.

E il ritratto di un mondo è il libro stesso: impresa non facile per la complessità storico geografica del tema. È certo questo il libro di un architetto, ma di un architetto che ha fondato sulla conoscenza la sua prassi, e ha fatto della prassi il suo intento conoscitivo, portando alle sue più coerenti conseguenze la rivoluzione formativa della “sperimentazione” nella Facoltà di Architettura del 1967-68, che ha condotto l’architettura fuori dell’accademia: anni nei quali Fiorese si è formato.
Storie, interviste, proiezioni, proposte, progetti, tutto è servito per costruire un libro che esce dalla illustrazione e dalla cronaca per entrare nella storia della città. Così la Bovisa, così il libro. L’identità tra il fatto urbano e la sua descrizione rappresenta appunto una feconda ripresa della tradizione del De Finetti.

Traggo dalla descrizione del libro che trovo in rete, probabilmente scritta dallo stesso Fiorese (“descrizione di descrizione”):
“Bovisa nasce 140 anni fa con le fabbriche sorte a fianco delle ferrovie, quella di Giuseppe Candiani tra le prime. E’ la culla della chimica italiana, tra le più importanti del mondo. Si aggiungono poi altre produzioni, come la meccanica e, all’inizio del ‘900, l’Officina del gas con i Gasometri. Poche le abitazioni: lì si lavora. Nel ’70 la Bovisa – cresciuta in seguito a questa prima configurazione – inizia a decadere. Negli stessi anni al Politecnico, che non può ampliarsi a Città studi, la Regione Lombardia propone un nuovo polo a Gorgonzola. In alternativa a questo intento, alcuni docenti-architetti dello stesso Ateneo ne ipotizzano la localizzazione a Bovisa. Vinceranno, e nel ’90 il Politecnico inizia a riattare lì opifici in disuso. Sono tutte queste vicende a indurre e sollecitare la manifestazione di molte forme artistiche: oltre che dell’architettura, del romanzo (Olmi e Testori), del teatro (Ronconi e Testori), della pittura (Tettamanti e Treccani, Guaitamacchi e Mucchi), della fotografia (Bussolati, Campi, Radino, Salviati, Topuntoli) e, finalmente, la sintesi poetica di un inclassificabile, John Hejduk.”

 

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