Religione
Guardami! Il godimento estetico dei moderni farisei
«Questo è il fin di chi fa mal:
E de’ perfidi la morte
Alla vita è sempre ugual».
Dal Don Giovanni di Mozart
Se per un momento Don Giovanni si fermasse nella sua ricerca del piacere e si rendesse conto del vuoto che abita la sua vita, non potrebbe fare altro che precipitare nell’abisso che si è scavato con la vanga dei suoi inganni.
Il Don Giovanni di Mozart era per Kierkegaard il simbolo della seduzione, dell’uomo che non porta la vita da nessuna parte. È il simbolo di una vita che gira intorno a se stessa, nel vuoto godimento della propria immagine, senza trovare mai un perché.
Ho l’impressione, a dire il vero, che il numero di seduttori seriali stia crescendo in maniera esponenziale. La nostra cultura ci induce a entrare nel vortice dell’estetica senza motivo, dove la vita è vissuta come attimo, come il flash di una fotografia, rigorosamente selfie, cioè senza l’altro, ma solo con se stessi.
Potremmo dire che gli scribi e i farisei, così come Gesù li dipinge in questo testo del Vangelo e in molti altri luoghi, siano stati gli antenati dei moderni seduttori. Questo passo del Vangelo ci invita a guardarci bene da chi vuole stare nella relazione mettendo al centro solo se stesso.
Come i seduttori, gli scribi e i farisei dicono, ma non fanno. Il seduttore vuole stare nella relazione solo per prendere, senza concedersi mai. Il seduttore è incoerente, cioè falso, perché alle sue parole, alle promesse, alle rassicurazioni, non seguono mai i fatti. La parola resta vuota, non si realizza mai. La promessa si perde in un futuro che non arriva mai a essere presente.
Come i seduttori, gli scribi e i farisei chiedono sempre all’altra persona di portare il peso della relazione. I seduttori consegnano sempre all’altro il fardello del senso di colpa, stravolgono la realtà e indossano la maschera della vittima. Senza accorgersene, l’altro si ritrova con le stigmate dell’aggressore. I seduttori sanno come girare la frittata e alla fine ti ritrovi nella parte del colpevole.
Come i seduttori, gli scribi e i farisei si nutrono dello sguardo dell’altro. Desiderano stare sempre al centro della relazione. I loro problemi sono sempre più urgenti. Le loro esigenze sono sempre più nobili. I seduttori usano gli altri per sentirsi riconosciuti: l’altro ha il compito di approvare e di compiacere. Quando l’altro si sottrae a questo gioco, il seduttore diventa violento e cerca il modo per uccidere chi gli rimanda un’immagine insopportabile della realtà.
Come i seduttori, gli scribi e i farisei vogliono il primo posto nella relazione, tutto deve ruotare intorno a loro. L’altro è solo funzionale alla realizzazione del suo copione. Gli altri sono solo attori non protagonisti della sua vita.
Gesù conclude in maniera molto provocatoria il suo discorso sulla seduzione: parla di maestri e di padri, lasciando intendere che sono quelli i luoghi privilegiati della seduzione. Il seduttore infatti ti illude con i suoi insegnamenti, vuole diventare il guru della tua vita, dispensa consigli e pretende di indicarti l’unica via percorribile. E lo stesso avviene per il padre: il seduttore infatti finge di prendersi cura della vittima, fino al punto da confondere il padre con il padrone.
Molto spesso la logica del mondo è una logica di seduzione. Forse non siamo seduttori seriali, forse a volte siamo noi le vittime della seduzione, ma credo che ciascuno di noi possa ritrovare nel suo comportamento qualcosa degli atteggiamenti degli scribi e dei farisei.
Al contrario, Gesù propone una logica diversa, una logica nella quale si può entrare solo se si è disposti a capovolgere il proprio modo di pensare: si diventa grandi quando si arriva a essere a servizio degli altri, si acquista valore quando si è disposti a rinunciare anche al giusto riconoscimento.
Dietro le parole di Gesù c’è il superamento di questo modo estetico di vivere, quel modo che non porta da nessuna parte, quella ricerca della propria immagine che ci fa girare a vuoto e che prima o poi ci presenta il conto, mostrandoci l’abisso che ci siamo scavati sotto i piedi.
Il modo di vivere che Gesù ci propone ci permette di costruire la nostra casa sulla roccia del senso: costruire un perché alla vita, trovare qualcuno o qualcosa per cui valga la pena vivere.
Possiamo dare senso alla vita solo se siamo disposti ad abbassarci quando l’altro ha bisogno di salire sulle nostre spalle, solo se siamo disposti a farci piccoli quando la porta da attraversare è stretta.
Meditazione sul Vangelo
della XXXI domenica del T.O. anno A
5 novembre 2017
Mt 23,1-12
Devi fare login per commentare
Accedi