Questioni di genere

Global Women’s Breakfast, le chimiche di tutto il mondo oggi si uniscono

12 Febbraio 2019

La storia della chimica è costellata di straordinarie intelligenze femminili. Si pensi solo a Marie Curie, Nobel per la chimica nel 1911. O a Dorothy Crowfoot Hodgkin, geniale pioniera nella tecnica della diffrazione dei raggi X e Nobel nel 1964. O a Rosalind Franklin, il cui contributo alla comprensione delle strutture molecolari del DNA fu fondamentale (anche se venne riconosciuto soltanto dopo la sua morte).

Anche l’Italia ha prodotto (e produce) chimiche straordinarie. Come Marussia Bakunin, che nel 1895 si laureò con una tesi sulla stereochimica all’Università di Napoli e si occupò della definizione della mappa geologica d’Italia. O come la napoletana Filomena Nitti, che insieme al marito Daniel Bovet, contribuì allo sviluppo della nascente disciplina della chemioterapia, e alla scoperta di sulfamidici e antistaminici (per la quale il marito fu insignito del Nobel nel 1957). O – più di recente – come la friulana Silvia Marchesan, nel 2018 inserita dalla rivista scientifica Nature nella lista degli undici migliori giovani ricercatori a livello mondiale.

Eppure, a dispetto degli ottimi risultati ottenuti da queste scienziate, le donne nella chimica sono spesso invisibili. Ignorate, qui come in altri settori scientifici, del resto. Lo dicono i numeri. Dopo Curie e Crowfoot Hodgkin, il Nobel per la chimica nel corso della storia è andato solo ad altre tre donne. L’ultima nel 2018, Frances Hamilton Arnold: insieme a due colleghi, George P. Smith and Gregory P. Winter, la scienziata è stata premiata “per l’evoluzione diretta degli enzimi”.

Ed è proprio per dare risalto allo straordinario contributo delle chimiche a questa disciplina cruciale che oggi si terrà il Global Women’s Breakfast. Voluto dall’Unione internazionale di chimica pura e applicata (IUPAC in inglese) come parte della celebrazione per il suo centenario, è pensato “per aiutare le chimiche ad allargare il proprio network di contatti, a livello locale e internazionale” si legge sul sito dell’organizzazione.

«L’iniziativa è nata dall’idea di una collega, Mary Garson, che lavora in Australia – spiega a Gli Stati Generali Valeria Costantino, docente di chimica organica e chimica delle sostanze naturali all’Università Federico II di Napoli –. Devo dire che mi emoziona pensare che oggi decine di eventi si susseguiranno in tutto il mondo, dalla Nuova Zelanda all’Argentina, e che in ognuno ci saranno delle chimiche con voglia di parlare del loro lavoro, e anche di aiutare le più giovani a fare carriera nell’ambito scientifico. Cosa che, come sappiamo, non è facile».

Uno degli incontri del Global Women’s Breakfast si terrà all’Università di Padova. «Nel nostro ateneo abbiamo delle eccellenze, nella chimica come in altri settori – spiega Marta Da Pian, ricercatrice post-doc al Dipartimento di scienze del farmaco dell’ateneo, e promotrice dell’evento – quindi appena ho saputo che la IUPAC proponeva una giornata per valorizzare il ruolo delle donne, sia nel mondo dell’accademia che fuori, mi è parso importante che si organizzasse qualcosa anche da noi».

Fra le relatrici che parteciperanno all’evento di oggi, a Padova, c’è Margherita Morpurgo, ricercatrice di nanomedicina presso lo stesso dipartimento. Per la studiosa iniziative come questa sono preziose anche per accrescere la visibilità delle donne nella chimica. «In molte cercano di aiutare le giovani a trovare la chiave per avere più successo rispetto alle precedenti generazioni. Sicuramente c’è stato un miglioramento, però se ci chiediamo se si sia raggiunto un traguardo importante dal punto di vista quantitativo, sono meno ottimista».

La strada da percorrere è lunga, soprattutto ai livelli più alti di carriera. «Nel mio dipartimento – nota Morpurgo – le donne rappresentano l’86% dei ricercatori. Ma la percentuale scende al 25% se guardiamo ai professori ordinari». Non è una questione di anni di esperienza. «L’età media è di 51 anni fra i ricercatori e di 57 fra gli ordinari» sottolinea.

Concorda Michela Signoretto, professoressa associata di chimica industriale al Dipartimento di scienze molecolari e nanosistemi dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. «Cominciano a esserci più donne nelle discipline scientifiche, ma sono comunque numeri più bassi rispetto alle potenzialità che abbiamo». Per la docente è evidente come l’essere donna non favorisca la carriera, nel suo settore come in altri. E se da una parte pesano ancora i modelli culturali secondo i quali certe discipline sono meno adatte al genere femminile, dall’altra un aspetto cruciale è l’enorme difficoltà nel conciliare il lavoro con l’essere genitori.

«In Italia non si aiutano le donne a essere professioniste e anche madri – continua Signoretto –. Personalmente io ci sono riuscita perché ho avuto dei genitori che mi hanno aiutata tantissimo. Ma ho avuto studentesse davvero brillanti, che a un certo punto si sono trovate a dover scegliere, e hanno scelto la famiglia. E non perché non volessero andare avanti, ma perché magari il lavoro avrebbe implicato dei periodi all’estero. In questi casi ci si trova di fronte a delle vere e proprie scelte di vita. Che, quasi sempre, pesano molto più sulle donne che sugli uomini».

Morpurgo lo sta vivendo sulla sua pelle. «Sono madre da meno di un anno, e oggettivamente ora sto declinando inviti a moltissimi eventi accademici, mentre prima ero sempre presente». La visibilità è importante nella carriera scientifica e universitaria, così come la possibilità di confrontarsi con colleghi di altre parti del mondo. Ma secondo le studiose sentite da Gli Stati Generali, iniziative come il Global Women’s Breakfast sono segnali incoraggianti: la parità di genere, anche nel mondo della ricerca, sta diventando un argomento sempre più rilevante. «Finalmente ci stiamo muovendo nella giusta direzione, grazie all’impegno costante di tante persone – dice Da Pian –. Ma c’è ancora molto lavoro da fare, e uscire dall’anonimato è fondamentale».

Eventi come il Global Women’s Breakfast servono a questo. A conoscersi, a farsi conoscere, a stare insieme, a scoprire le storie di chimiche straordinarie che hanno fatto la storia, a parlare di una grande passione condivisa, e di parole-chiave come “pari opportunità”, “rispetto”, “merito”, “futuro”. Per Valeria Costantino (che è anche membro del Coordinamento napoletano donne nella scienza), «il networking è importante in ogni settore, ma forse nel nostro campo può servire anche a farci sentire più vicine. Io ho 53 anni, e se ho l’occasione di dire a una collega trentenne che ce la può fare, basta organizzarsi bene ed essere sempre attive e forti, sono ben lieta di farlo. Penso che una parola di incoraggiamento possa fare molto».

Ma ovviamente chi scienziata è scienziata rimane. «Chiacchierando di fronte a un caffè – continua Costantino – nascono spesso idee progettuali che una sola mente non potrebbe mai concepire. Incontrare persone dello stesso ambito scientifico ma impegnate su fronti diversi è fondamentale, ed è di grande aiuto».

 

 

Immagine in copertina: Pixabay

 

 

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