Una ricerca fa (finalmente) parlare le donne cattoliche di tutto il mondo
Se Papa Francesco potesse riassumere in una sola parola come vede la Chiesa Cattolica, probabilmente la definirebbe sinodale, perché imprimere uno “stile sinodale” a tutti i livelli (dalle parrocchie al Vaticano) è stata la sua maggiore preoccupazione negli ultimi anni. Il sinodo è un convenire insieme – di vescovi normalmente – per confrontarsi e discernere su un argomento rilevante per la vita della Chiesa, ma il Papa ha voluto estendere a tutti i fedeli le prime tappe di questo processo consultivo che non ha nulla a che vedere con una dinamica democratica modernamente intesa, ma è comunque la più grande occasione per i cattolici del mondo per far sentire la propria voce.
Così in tutto il mondo, per un anno, le persone si sono incontrate, si sono confrontate, in alcuni paesi coinvolgendo solo una minoranza dei fedeli, in altri molti di più. L’elemento più rilevante, che si può cominciare a intravedere dopo la diffusione delle sintesi sinodali di tanti paesi del mondo, è che alcune questioni sono emerse sostanzialmente uguali in luoghi molto diversi del globo. Tra queste un posto preminente spetta alla situazione delle donne nella Chiesa, segnalata come problematica dall’America Latina al Kenya, dalla Spagna all’India, in una convergenza impressionante. In tutto il mondo e non solo nelle nazioni del ricco occidente le donne cattoliche chiedono che venga ridiscusso il loro ruolo nei processi decisionali e nei ministeri ecclesiali.
Ad aver intuito da tempo la sofferenza e l’insofferenza delle fedeli è un lungo elenco di associazioni presenti in tutti i continenti e collegate fra loro (in Italia l’associazione Donne per la Chiesa) e tra queste si trova la rete di lingua inglese Catholic Women Speak, fondata dalla teologa femminista Tina Beattie, che ha promosso nei mesi scorsi una poderosa indagine internazionale. L’Indagine internazionale sulle donne cattoliche (ISCW) è stata realizzata in risposta all’invito a partecipare al processo del Sinodo 2021-2023 ed è stata ideata e gestita dalle ricercatrici Tracy McEwan e Kathleen McPhillips dell’Università di Newcastle (Australia) e dalla stessa professoressa Beattie, emerita dell’Università di Roehampton, Londra e finanziata dalla Fidel Götz Foundation.
Circa 17200 donne di 104 Paesi del mondo hanno risposto al questionario, tradotto in otto lingue (inglese, spagnolo, tedesco, italiano, francese, polacco, mandarino e portoghese) facendone la più ampia indagine sulle donne cattoliche mai realizzata.
La ricerca ha raccolto sia dati quantitativi attraverso domande “chiuse”, sia dati qualitativi attraverso domande “aperte”, in cui hanno potuto commentare e condividere le proprie idee. I risultati di tale indagine sono stati presentati a Suor Nathalie Becquart, Segretaria del Sinodo dei Vescovi lo scorso 20 settembre.
Quel che emerge da questa poderosa ricerca è che le donne apprezzano molto la propria identità cattolica, ma nutrono preoccupazioni significative riguardo ad alcuni aspetti della pratica e dell’insegnamento della Chiesa, diverse a seconda di variabili come età e provenienza geografica. Le donne cattoliche – è importante dirlo – non costituiscono un gruppo omogeneo, ma riflettono i numerosi e diversi contesti culturali e comunitari all’interno dei quali vivono la fede e questa eterogeneità è raramente rappresentata nei documenti ufficiali della Chiesa, con il risultato che molte donne faticano a vedere la rilevanza di alcuni insegnamenti della Chiesa nelle complesse realtà della loro vita.
Nonostante queste diversità, ci sono anche alcune significative convergenze, ad esempio l’83% delle intervistate ha descritto la giustizia sociale e l’assistenza ai poveri e ai vulnerabili come vitali per la loro comprensione di ciò che significa essere cattolici. La stragrande maggioranza di coloro che hanno risposto è favorevole a un certo livello di cambiamento nella Chiesa, soprattutto, ma non esclusivamente, per quanto riguarda il ruolo e la rappresentanza delle donne. Hanno anche sottolineato la necessità di riformare gli insegnamenti della Chiesa sulle questioni relative alla sessualità, infatti il 74% di tutte le intervistate è d’accordo con l’affermazione “Le donne devono avere libertà di coscienza riguardo alle loro decisioni sessuali e riproduttive”. L’82% ha espresso la richiesta di una piena inclusione delle persone LGBTIQ sotto ogni aspetto all’interno della Chiesa, il 72% si è espressa a favore della possibilità di risposarsi dopo il divorzio civile, ma anche l’esigenza di ridiscutere i ruoli di leadership delle donne nelle parrocchie e nelle istituzioni cattoliche è emersa con forza. Risultati in linea con quanto emerso dalle consultazioni sinodali in tante parti del mondo.
Una minoranza di intervistate ha anche rifiutato l’idea di una riforma ed espresso la preferenza per un ritorno della Chiesa a un modello preconciliare di autorità, sacerdozio e liturgia ed è importante dirlo perché il mondo cattolico conservatore è composto anche da donne che, pur rappresentando una minoranza, hanno un grande spazio nei media e sono particolarmente benvolute dalla gerarchia.
Un altro dato importante è che le intervistate hanno identificato l’abuso sessuale, fisico ed emotivo di donne, bambini e altre persone vulnerabili come una questione dominante, alcune hanno anche condiviso esperienze personali di abusi, molte di più hanno espresso sgomento per la mancanza di azioni efficaci per affrontare il continuo scandalo degli abusi.
Un ultimo elemento è che le donne cattoliche sono profondamente preoccupate per la trasparenza e la responsabilità nella leadership e nella governance della Chiesa. Una maggioranza sostanziale (85%) delle intervistate ha attribuito al clericalismo un impatto negativo sulla vita della Chiesa, in linea con quanto denunciato dallo stesso Papa Francesco. C’è stato anche un alto livello di accordo sul fatto che sia urgente un modello di Chiesa meno gerarchico e autoritario, con una maggiore collaborazione e condivisione di responsabilità e autorità tra clero e laici… potremmo dire che la sinodalità sia vissuta come un primo assaggio di partecipazione, che porta tanti cattolici e dire “ne voglio di più”.
Si potrà argomentare che 17000 interviste su circa 600 milioni di donne cattoliche nel mondo non è rappresentativo, ma l’indagine non ha pretese di rappresentatività statistica (probabilmente irraggiungibile con numeri di questo tipo), resta però un documento di enorme valore per chiunque voglia davvero ascoltare la voce delle donne e non l’interpretazione che una gerarchia maschile ha dato della loro natura, dei loro pensieri e di ciò che possono e non possono fare da 2000 anni a questa parte.
3 Commenti
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Mi è incomprensibile che una donna sia credente ad una qualsivoglia superstizione religiosa, poiché è come una mucca che adora il proprio macellaio.
Capisco la voglia di essere utili, di fare del bene, ma per la quale NON C’é bisogno di alcuna religione.
Tra l’altro, se nel questionario avessero messo quanto viene incassato e quanto realmente speso in carità dalla chiesa cattolica, allora ci saremmo divertiti.
Infine, occorre sempre ricordare che OGNI enorme cattedrale, ogni alta chiesa, ogni statua, ogni dipinto, ogni luce lasciata accesa a far da pubblicità al prodotto inesistente più venduto al mondo…è realizzato con sodli che avrebbero dovuto essere destinati ai poveri…
Sia sempre chiaro che la superstizione religiosa è il principlae vettore di maschilismo al mondo ed il cristianesimo lo è in tutto l’occidente.
Indimenticabile il peggioramento della qualità della vita delle donne vichinghe nel 900 dc, quando i Normanni si convertirono al cristianesimo:
nessuna carica o lavoro era per loro possibile; unico scopo era crescre la prole e chi non poteva avere figli doveva andare in monastero…
…ricorda qualcosa?
quando la superstizione religiosa sarà tenuta fuori dalle scuole, maschilismo, omofobia ed intolleranza avranno una drastica diminuzione