Questioni di genere
Suore abusate: un nuovo #metoo per scoperchiare l’ultimo tabù
Il giornale francese Le Parisien ne parla come dell’ultimo tabù: è la storia delle suore sessualmente abusate da preti e religiosi e che finalmente hanno iniziato a parlare. Attraverso l’associazione La parole libérée, che si occupa di vittime di preti pedofili e che sta iniziando a raccogliere le testimonianze di suore abusate, il giornalista Vincent Mongaillard ha potuto ricostruire i drammi di alcune delle vittime.
Quando aveva vent’anni, giovane novizia, era andata a confessarsi da quello che tutti consideravano un sant’uomo e gli aveva raccontato di aver provato risentimento per l’uomo che l’aveva violentata a 14 anni e proprio in quel momento il sacerdote l’aveva molestata sessualmente mentre le dava l’assoluzione. Per anni aveva rimosso l’accaduto, aveva lasciato la vita religiosa e dimenticato, ma guardando un documentario sugli abusi del clero tutto era tornato alla sua mente con chiarezza. Cercando notizie del suo aggressore aveva scoperto che molte altre donne avevano subìto la sua stessa sorte.
Un’altra ex religiosa, ora sessantenne, ricorda di come le fosse stato raccomandato un “grande e santo predicatore”… lei viveva una situazione difficile nella comunità, unica giovane tra consorelle molto anziane, e si era appoggiata a lui che considerava come un fratello spirituale. Pian piano i suoi modi erano cambiati e mentre lei si opponeva, lui le insinuava un profondo senso di colpa: “a ogni scivolata, era contrito. Fino al giorno in cui mi ha violentata. Non era in grado di controllarsi, sopraffatto dalle sue pulsioni”. Quando ha saputo che, avendolo denunciato ai suoi superiori, il sacerdote è stato destinato a miglior incarico, ha deciso di affidarsi alla giustizia.
Sono storie drammatiche, tutte diverse, ma segnate da alcune analogie, come riscontra Padre Pierre Vignon, sacerdote della diocesi di Valence e giudice del tribunale ecclesiastico di Lione, al quale le vittime di abusi sessuali si sono rivolte: “un predatore perverso procede in tre fasi: fascinazione; occupazione graduale del terreno spingendo oltre i confini; e riprogrammazione. Quando la vittima viene riprogrammata, viene catturata in una trappola molto sottile che il predatore ha messo in atto per bloccarla nella propria colpa, rivolta contro di lei. Devi avere una forte personalità per riuscire a deprogrammare tale imprigionamento interiore e trovare il coraggio di denunciare pubblicamente il tuo predatore. Aggiungete a ciò il fatto che di solito attaccano solo le persone fragili: le altre sorelle non riusciranno a credere a ciò che si dice del geniale predicatore o confessore che visita la comunità”. E qui si apre il nodo più doloroso: il rifiuto con il quale spesso le comunità, alle quali le religiose abusate appartengono, reagiscono; non a caso tutte le persone che al momento stanno portando avanti questo scoperchiamento avevano poi lasciato la vita religiosa.
Le dinamiche di sottomissione e dipendenza che a volte si creano tra le comunità religiose femminili e i sacerdoti che ne sono in qualche modo cappellani, costituiscono un terreno fertile per il mantenimento del silenzio su questo genere di abusi, ma esistono casi anche di suore sessualmente molestate da consorelle, quindi non si tratta soltanto di rapporto preti-suore. Padre Vignon sottolinea un aspetto assolutamente centrale e critico: il fatto che queste vicende vadano a ferire proprio le donne più fragili, quelle che “invece di aver sviluppato una ricca personalità adulta, siano state formate in modo infantile dai superiori dominanti”. E, purtroppo, il problema del mantenimento delle donne in stato di minorità nel mondo religioso femminile è estremamente diffuso e di questo sono responsabili le superiore per prime, nell’esercizio della loro autorità. Certamente non dà adito sempre e comunque a drammi del genere, la fragilità deve incontrare la perversione perché questo si verifichi, ma crea le condizioni per meccanismi svilenti di ogni genere, come ad esempio anche quelli legati al lavoro invisibile delle consacrate raccontati nel numero di marzo di “Donne chiesa mondo” dell’Osservatore romano.
Non possiamo pensare che anche nel nostro Paese, nelle nostre Diocesi, questi drammi non avvengano ed è davvero ora che emergano, che la parola delle donne si liberi perché nessuna purificazione è possibile senza prima un cammino di verità.
Come afferma suor Véronique Margron, presidente della conferenza dei religiosi e delle religiose francesi, “Siamo qui nel nome di Dio. Il Dio di Gesù Cristo è un Dio che libera, che fa vivere, che rimette in piedi. Quindi, quando un fratello assalta una sorella c’è, oltre all’estrema violenza fisica e psichica, la violenza spirituale. L’aggressore viene a rompere il corpo, a rompere il luogo più intimo della fede di qualcuno nella sua relazione con Dio”. Parlare, per quanto difficile, è l’unica strada.
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