Dalla parte delle bambine – un saggio contro gli stereotipi di genere

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16 Luglio 2024

Pubblicato per la prima volta nel 1973, il saggio esplora come la società influenzi la crescita e lo sviluppo di bambine e bambini, modellando la loro identità e i loro ruoli di genere fin dalla nascita, se non addirittura dalla gravidanza. Nel suo saggio più famoso, Elena Gianini Belotti riporta quanto osservato in una ventina di anni di studi di pedagogia e racconta, seguendo le fasi di crescita di bambine e bambini dalla nascita alla scuola media, quanto siano influenzate/i dall’intervento delle persone di riferimento, quali genitori ed educatrici* a causa del sesso biologico assegnato nel momento in cui vengono al mondo.

Per citare la prefazione di Concita De Gregorio all’edizione del 2023: “quando un testo scritto cinquant’anni fa dialoga con la cronaca del presente, due sono le conclusioni che si possono trarre. La prima: è un testo fondamentale. La seconda: non è cambiato molto da allora”

Gianini Belotti esamina come le aspettative e i comportamenti stereotipati siano inculcati nei bambini e nelle bambine attraverso l’educazione, i giochi, la scuola e la famiglia, dimostrando come queste influenze limitino il potenziale delle bambine, ma anche dei bambini, perpetuando una cultura patriarcale.

Un aspetto cruciale del libro è la sua analisi dell’educazione precoce. Il modo in cui la madre parla al proprio pancione, il tono della voce, il contenuto delle frasi, cambiano una volta scoperto il sesso, variano a seconda che il nascituro sia maschio o femmina, così come varia l’approccio materno durante la fase dell’allattamento: se con i bambini c’è più pazienza e tolleranza verso un momento di profonda intimità, anche quando diventa fastidioso e doloroso, così non è quando sono le bambine ad essere allattate.

Lo stesso atteggiamento si ripete quando imparano a camminare. In un caso o nell’altro c’è più o meno tolleranza verso i pasticci, verso il baccano, verso l’energia che mostrano di possedere e quest’ultima viene festeggiata o limitata a seconda del caso. Le bambine vengono spesso incoraggiate a essere calme, obbedienti e docili, mentre i bambini sono spinti verso l’indipendenza e l’assertività, la prestanza, la scoperta del nuovo.

E i bambini o le bambine che, fino ai tre anni sono vere e proprie spugne, assimilano completamente le aspettative degli adulti di riferimento, assecondando queste influenze, cercando di soddisfare le attese che gli adulti riversano su di loro, in entrambi i casi. Nel corso degli anni la divisione si fa sempre più netta e gli esempi delle sollecitazioni degli adulti perché maschi e femmine scelgano attività “adatte” a loro e perché la discriminazione e la divisione tra i sessi sia perpetuata, potrebbero continuare all’infinito.

Questa dicotomia non solo limita le opportunità delle persone a crescere secondo le loro attitudini e la loro personalità, ma influisce negativamente anche sulla società nel suo complesso, perpetuando disuguaglianze e discriminazioni di genere.

E ora una mia considerazione.   “Dalla parte delle bambine” non è solo un’analisi critica, ma anche un invito al cambiamento. Belotti dimostra la necessità di una riflessione continua sulla costruzione dei ruoli di genere e auspica una società in cui Ə bambinƏ possano crescere liberƏ da stereotipi limitanti, senza che nessun adulto tarpi loro le ali, per sviluppare appieno le loro capacità o potenzialità.

È una lettura necessaria, per curare le ferite che ci sono state inflitte da bambinƏ a causa del nostro sesso, per comprendere quanto male venga fatto ancora oggi, a cinquant’anni di distanza, ai bambini e alle bambine per il solo fatto di nascere con un organo maschile o femminile.

Sono gli adulti i veri responsabili dei loro destini, fin dalla gravidanza; indottrinarli su tutto quanto possono o non possono avere o raggiungere è una colpa di cui non possiamo più macchiarci. È giusto interrompere questa spirale di pedagogia nera di cui tuttƏ siamo vittime e carnefici.

Non esistono persone che non siano state influenzate, in un modo o nell’altro, da questo modo ottuso di educare. Il mondo non è solo azzurro o rosa, è fatto di mille colori, lasciamo che Ə bambinƏ li conoscano tutti e che trovino da sé la propria strada.

 

* (il femminile qui è d’obbligo perché, negli anni 70 nella scuola dell’infanzia, o meglio, scuola materna, c’erano solo donne… non è poi così diverso da ora, o sbaglio? Ah, concedetemi uno spoiler… le donne non sono “più portate per natura” ad occuparsene, lo fanno perché loro stesse sono state educate a pensarlo fin dall’infanzia).

 

N.B: nella prima parte della Recensione non ho usato lo Ə o altri simboli di uso comune per comprendere le persone che non si ritrovano nella dicotomia M/F perché, essendo un testo degli anni 70, l’autrice stessa parlava solo di maschi e femmine. L’ho invece usato per le considerazioni personali.

 

TAG: stereotipi di genere
CAT: Questioni di genere

Un commento

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  1. andrea-lenzi 2 mesi fa

    Aggiungo all’ottimo articolo che la battaglia si vince a scuola, come ben sa la chiesa cattolica che vi ha piazzato la propria propaganda fin dalla MATERNA. Tolta la propaganda religiosa tutte le questioni legate al sesso, siano i giochi con le bambole od automobili, siano gli orientamenti sessuali manifestati, perderanno di importanza a favore della volontà di fare realizzare la propria prole

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