Difendiamoci dall’Helplessness: l’immobilità dettata dalla paura
Sono giorni complessi questi. Il Coronavirus è arrivato e ha totalmente stravolto le nostre vite. Un momento storico da non sottovalutare in alcun modo che porterà grandi cambiamenti nella nostra esistenza. Sia personale che collettiva. Abbiamo una possibilità, però, ed è quella di non caricare eccessivamente di emozioni negative le nostre giornate. Il rischio, altrimenti, è un effetto immobilità che ci impedirebbe di costruire oggi quel che ci potrebbe servire domani.
La neuro scienziata Maren Urner afferma che in queste situazioni di forte stress occorre riattivare le emozioni contrarie. Non ansia, paura, panico, preoccupazione ma entusiasmo, ottimismo, azione, speranza. L’invito è quello di fornire al cervello nuovi stimoli che ci rendano più creativi, stimolati e costruttivi. «Gli studi condotti fino al 1998 ritenevano che il cervello adulto non potesse cambiare. Ma non è così: nuovi stimoli modificano il nostro cervello» afferma la Urner.
Il sovraccarico di percezioni negative a cui siamo sottoposti in queste settimane può renderci passivi. Helplessness è il termine utilizzato da Martin Seligman, padre della psicologia positiva e docente dell’Università della Pennsylvania, per definire questo fenomeno. Quando accadono eventi difficili e più grandi di noi può nascere la convinzione che qualunque cosa facciamo la situazione non possa cambiare. Il rischio di questo atteggiamento è che si possano perdere di vista le opportunità di cambiamento e di nuove prospettive.
Se veniamo sottoposti ripetutamente a stimoli che poi si rivelano fallimentari finiamo per perdere la fiducia nelle opportunità. Così spiegano il concetto di Helplessness il prof Seligman e lo psicologo Steven F. Maier.
Riportando questo concetto alla situazione che stiamo vivendo in Italia, significa che per ogni nuova possibile via di uscita che ci viene prima mostrata e poi sbarrata, può prendere forma in noi un senso di frustrazione che induce all’immobilità. Succede, non a tutti, ma succede. E quando accade, si possono generare alcuni disturbi psicologici da non sottovalutare: dalla depressione all’ansia, dalle fobie alla scelta di chiudersi in sé stessi.
Scorrendo i social media in queste ore si leggono post di chi incita al pensiero costruttivo e all’ottimismo da un lato e di chi si sente sopraffatto dalla situazione dall’altro.
Cosa determina queste due differenti modalità di reazione?
Come spiega il prof. Seligman nel suo libro “Imparare l’Ottimismo”, dipende dallo stile esplicativo di ogni persona. In sostanza è la ben nota differenza tra chi vede le cose in chiave ottimistica e chi in chiave pessimistica. Questo determina il modo in cui ci si spiega gli eventi che accadono. Chi ha uno stile esplicativo pessimista tenderà ad attivare un alto livello di stress emotivo là dove chi ha uno stile esplicativo ottimista cercherà di trasformare la situazione in qualcosa di più costruttivo.
Il momento storico che stiamo vivendo finirà di certo sui libri di storia. Sta portando tante nuove sfumature alla nostra esistenza personale e collettiva. Non è un momento facile ma è un momento in cui si può trovare il modo per recuperare il senso di umanità, tornare a occuparsi degli altri, costruire nuovi percorsi e reinventarsi professionalmente.
Se la domanda che nasce è: come fare? Di certo una buona risposta è quella di modificare la propria dieta mediatica riducendo il sovraffollamento di notizie. Non occorre informarsi minuto per minuto e non occorre farsi trascinare da qualunque contenuto intercettato online. Ora è tempo di scegliere con molta cura le proprie fonti di informazione, affezionarsi a una firma, affidarsi alle istituzioni e agli scienziati che forniscono informazioni lontane dall’allarmismo ma il più possibile utili. È anche tempo di rivedere le proprie abitudini, di ripensare le attività e di rimettere mano alla propria vita. E se tutto questo risulta complicato allora non bisogna evitare di chiedere aiuto.
Perché esiste un dopo a cui dobbiamo pensare oggi. Non per tutti è facile farlo da soli. Ma tutti ne abbiamo diritto.
Qui alcuni suggerimenti utili dell’Ordine Degli Psicologi: Vademecum per il Coronavirus
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