Il fenomeno droni spiegato ai profani
È un vero e proprio boom quello dei droni. Oggi come oggi costano una media di appena 300 euro, e sono talmente semplici che chiunque sarebbe in grado di utilizzarli. Secondo le stime dell’Assorpas, l’associazione che riunisce costruttori e operatori che offrono servizi con questi strumenti, in Italia ne volano ogni giorno circa quattrocento e sono oltre trecento aziende che operano nel comparto. Se per la società di ricerche di mercato americana Sparks & Honey il pilota di droni è una delle venti professioni del futuro, secondo la società americana Asd Reports entro il 2021 il giro d’affari mondiale toccherà i 130 miliardi di dollari, quando nel 2012 erano solo sette: una crescita esplosiva.
Un po’ di storia. Inizialmente la parola inglese ‘drone’ significava sia insetto che un suono. Fu poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale che iniziò ad avere un altro significato. A quel tempo l’artiglieria americana utilizzava l’espressione “target drones” (obiettivo drone) per designare un piccolo aeroplano a controllo remoto che serviva come esercitazione. Ecco come nacque il drone: un semplice fantoccio, costruito per essere abbattuto. Quando la guerra finì quelle macchine finirono nel dimenticatoio. Dalla fine degli anni ’70, infatti, lo sviluppo militare dei droni era praticamente stato abbandonato negli Stati Uniti. Tuttavia, continuò altrove: Israele ne riconobbe il potenziale. “Tutto quel che feci,” confessa Al Ellis, il padre dei droni israeliani, “fu di prendere un modellino di aeroplano, metterci una telecamera sopra, e prendere immagini…così iniziò un’industria.”
Se oggi come oggi con gli aeromodelli gli amatori si dilettano come hobby, l’applicazione dei droni più sofisticati e costosi non conosce limiti ed è in continua evoluzione in ogni campo professionale, dal drone journalism all’agricoltura di precisione, fino alla ricerca scientifica.
Per anni siamo stati abituati a fotografare dal livello dei nostri occhi, ma da 10 metri, 100 metri d’altezza cambia davvero tutto. E non solo per la pleonastica moda dei selfie, ovviamente. Con i droni si realizzano facilmente mappe 3D realizzate con i collage di foto. E in appena un’ora di volo realizzi qualcosa che avrebbe necessitato giorni di lavoro ed ingenti somme di denaro. Pensiamo ai documentari, ma anche al mondo della scienza che osserva le eruzioni dei vulcani: un incidente di un elicottero può sempre causare ingenti perdite economiche e di vite umane.
Applicazioni differenti in base alle esigenze. Nei Paesi Bassi, ad esempio, vengono già messi al servizio degli ospedali in situazioni di emergenza, per trasportare sacche di sangue, lasciando le ambulanze ferme nel parcheggio. In California velivoli con particolari sensori sono stati utilizzati per catturare gli schizzi d’acqua delle balene e verificare che fossero in salute, mentre una squadra di football sfrutta la visione dall’alto per studiare schemi vincenti. In Australia l’autorità che ha sempre gestito la sicurezza delle spiagge servendosi dell’ausilio degli elicotteri sta pensando di affiancarli con una flotta di droni dotata di telecamere molto più potenti per monitorare i surfisti dalla furia degli squali. Insomma, sta sostituendo gran parte degli utilizzi dell’elicottero.
Non solo. Lavori che una volta impiegavano un certo costo di manodopera, oltre al rischio sicurezza, ora vengono portati a termine più velocemente con un netto risparmio di tempo. I droni possono intervenire in luoghi inaccessibili dopo terremoti ed alluvioni, facilitando molte altre operazioni di protezione civile, di pace e di soccorso. Sono anche usati per il contrasto all’edilizia abusiva, per controllare l’erosione delle coste o i volumi di traffico. O magari a scopi di mercato: l’ormai ben nota idea lanciata da Amazon di adottarli per consegnare i pacchi, a breve in funzione. Quando? Non si sa ancora.
Le applicazioni sono innumerevoli, limitate solo dall’immaginazione. Usati anche per spiare, vengono sempre più spesso impiegati nel controllo di oleodotti, gasdotti o linee ferroviarie, e tanti altri campi. Ad esempio, possono anche fare indagini sugli incendi. I sensori permettono di perimetrare l’incendio e rilevare anche i parametri del vento assieme ad altri dati. Lanciando poi un algoritmo si può riuscire a risalire alla causa del rogo e dunque anche più facilmente agli autori.
I droni, o meglio Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto (Sapr), sono ormai «una parte innovativa dell’aviazione — ha detto il vice presidente del Copasir, Giuseppe Esposito, durante una conferenza — con questa industria dei velivoli si possono creare tra i 60 e i 70 mila posti di lavoro nei prossimi tre anni. È una grande opportunità per l’Italia.
La rivoluzione è solo all’inizio. Secondo un sondaggio l’87% degli americani non ha alcuna intenzione di acquistarne uno il prossimo anno (fonte: Ipsos). Tuttavia nel giro di un paio d’anni “saranno come gli smartphone: diventeranno dispositivi personali da utilizzare nella vita di tutti i giorni.” ha detto Romeo Durscher, director of education della società cinese Dji, un esperto nel settore. Oltre alla sfida tecnologica, che porterà a una diminuzione del prezzo e a un aumento dei 20 minuti attuali di resistenza media della batteria, bisogna tenere conto di quella legislativa prima di immaginare i nostri cieli popolati da oggetti. Negli Stati Uniti, per esempio, non è possibile volare sopra spiagge, parchi o stadi quando si sta giocando una partita. E’ vietato entrare nell’area attorno ad aeroporti o altre piattaforme di atterraggio di ospedali o altre stazioni di polizia. Da questi luoghi è opportuno mantenere una distanza di almeno 5,5 chilometri. E’ vietato volare di notte, quando le condizioni atmosferiche non sono favorevoli, e al di sopra dei 123 metri di altezza. Questo vuol dire che in pratica i privati non possono utilizzare il loro drone al di là del giardino di casa senza chiedere un’apposita autorizzazione.
Ma cosa possono fare le forze dell’ordine se, come è avvenuto recentemente a Parigi, alcuni droni sconosciuti sorvolano pericolosamente la città e alcune strutture sensibili come l’ambasciata Usa, Place de la Concorde e la Torre Eiffel? O come lo scorso autunno quando alcuni droni hanno sorvolato una ventina di centrali nucleari? O, ancora, la recente collisione sfiorata tra un drone e un aereo di linea?
Certo, il rischio sicurezza è molto alto. «Fermarli in aria è l’ultima azione possibile», spiegano gli addetti ai lavori. «Meglio sarebbe se i corpi di polizia avessero il controllo dei codici di tutti gli Apr immessi sul mercato in modo da poter intervenire da una ground station per intercettare il drone e controllarlo». Ma non è così semplice. C’è anche chi i droni li costruisce da sé, in garage, usando progetti abbastanza semplici da reperire online. Un’alternativa potrebbe essere Rapere, un drone progettato da una start-up capace di cercare, intercettare e mettere fuori uso altri droni. Un modo per proteggere la privacy o per assistere a futuri scontri volanti fra droni? E che dire della possibilità di hackerare i droni? In effetti sono semplicemente ‘computer volanti’.
Questioni meno banali di quel che sembrano. Recentemente l’Enac ha scelto infatti di rivedere la normativa. La svolta era attesa da tempo, da un ambiente che vive ancora molto di sperimentazioni. Tra le righe del futuro regolamento, la principale novità riguarda i piloti. L’accento è ora sulle competenze dei piloti. Non più dilettanti, ma si dovrà frequentare una scuola e ottenere una licenza, anche per droni sotto i 25 chili. Altra novità è che, volando “a vista”, si potrà pure sorvolare le città. “Abbiamo preso una posizione coraggiosa – ha detto A. Cardi direttore centrale della regolamentazione tecnica di Enac – e, unici in Europa, abbiamo scelto di consentire il sorvolo dei centri urbani. Certo, per i droni di 25 chili resta qualcosa di impensabile ma per quelli più piccoli basterà che la componente essenziale del velivolo – la centralina – rispetti uno standard minimo di sicurezza”. In assenza di uno dei requisiti la multa prevista potrà arrivare fino a 64.000 euro.
Secondo una recente indagine a cura della Doxa Marketing Advice in materia di droni nel nostro paese la protezione dei dati personali-privacy costituisce l’aspetto che preoccupa di più gli Italiani nell’approccio a questi nuovi strumenti tecnologici. I droni possono, infatti, raccogliere innumerevoli dati, attraverso telecamere e sensori dei trattamenti di dati personali. Come osservato dagli studiosi Zygmunt Bauman e David Lyon in “Sesto potere. La sorveglianza nella modernità liquida” la nuova generazione dei droni resterà invisibile ma renderà visibile tutto il resto”; dai droni usati in guerra, i famosi Predator, che tendono a deresponsabilizzare i soldati, appostati a migliaia di km di distanza davanti ad uno schermo, ai droni di ultima generazione, grandi appena come un colibrì. Nei prossimi anni ci attendono nuove sfide sia a livello tecnologico che a livello giuridico al fine di definire il dinamico e corretto equilibrio tra le necessità della sicurezza pubblica, diritto alla protezione dei dati personali e della privacy ed i vantaggi economici e i rischi sociali della tecnologia dei droni. Non solo. Altri dubbi emergono in un altro recentissimo saggio di Benjamin Wittes and Gabriella Blume, “Il Futuro della violenza”: se sempre più privati possono ordinariamente sfidare l’autorità degli stati anche fuori dal loro territorio, non solo coi droni ma anche attraverso cyber-crimine, pistole stampate in 3D ed altre emergenti tecnologie dirompenti, sarà ancora in grado lo Stato nel prossimo futuro di svolgere una funzione di sicurezza primaria?
Insomma, i Droni aumentano la nostra realtà, senza dubbio. Grazie ad essi possiamo estendere la nostra vista a chilometri di distanza, muovendo un solo dito. E gli utilizzi sembrano infiniti. Eppure, come ogni tecnologia, sono un’arma a doppio taglio. Rischiano infatti di mettere seriamente in pericolo la nostra privacy, già di per sè profondamente erosa, e, allo stesso tempo, di mettere in pericolo anche il ‘monopolio della violenza’ dello Stato moderno.
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